mercoledì, 1 Maggio, 2024
Cultura

Il Teatro è vita. Intervista al Professore Ferruccio Marotti

Professore emerito e storico del teatro presso La Sapienza di Roma, nella sua cinquantennale attività di docente il Professor Marotti ha costituito e continua a rappresentare un riferimento straordinario per studenti, studiosi e amanti del teatro. Ma c’è di più, Marotti è un instancabile ricercatore e valorizzatore del patrimonio teatrale. È questo che fa di lui un cavaliere della memoria, che è l’unico terreno da cui può germogliare il seme dell’innovazione, oltre che della conoscenza.

Il Roma Europa Festival, dentro un ricchissimo programma di eccellenze artistiche, non poteva non riservare un posto speciale al Prof. Marotti e al suo lavoro. Il 23 ottobre è stato proiettato al Teatro Argentina il documentario realizzato dal Professore Ferruccio Marotti “Peter Brook: un ricordo”. Il documentario, realizzato in collaborazione con il Teatro di Roma-Teatro Nazionale, è parte  del progetto speciale “L’attore e il performer: traduzione e ricerca.

Memorie teatrali di fine millennio dall’Archivio Storico Audiovisivo Centro Teatro Ateneo del Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo Università di Roma la Sapienza” volto a recuperare, valorizzare e promuovere il patrimonio conservato presso questo archivio. Lo abbiamo raggiunto per un’intervista in esclusiva dopo la sua partecipazione al Roma Europa Festival, che offre al pubblico questa ulteriore perla, perché Peter Brook è stato un genio assoluto del teatro del teatro di secondo Novecento, per il suo lavoro di ricerca sul lavoro dell’attore, per il rinnovamento del modo di rappresentare l’opera, per la sua capacità di declinare un’opera attraverso i diversi linguaggi artistici, fino al suo lungo lavoro di ricerca in Africa per cercare ciò che di costitutivo è nell’uomo, quando i condizionamenti non anestetizzano quella cosa a cui diamo nome “anima”.

Professore, il documentario su Peter Brook, è dentro un progetto di risignificazione?
Il progetto, nasce dalla volontà di rendere pubblico il lascito scientifico e culturale del centro di ricerca universitaria, del Teatro Ateneo di Sapienza, all’interno della quale si trova L’archivio Audiovisivo, dove sono contenute anche tutte le riprese che negli anni ho effettuato di tutte le attività e i seminari di Brook, ivi incluso quando l’ho invitato in università per un celebre seminario con gli studenti. La prima tappa di questo progetto è stata mettere il sonoro, un’impresa folle che ho realizzato, ad un film muto di Grotowski, il cui audio, non in sincrono, era stato segretamente registrato da me. La seconda tappa di questo progetto speciale è stata la presentazione in una convention internazionale a Bologna e sottotitolato in diverse lingue.
La terza tappa è questo documentario su Peter Brook. Questi sono i primi passi di un’operazione che porterà a luce tutte le interviste che ho realizzato nel corso degli anni.

Brook come Grotowski, a cui Brook stesso si è ispirato, hanno cercato la vera natura umana. Può parlarcene?
Brook come Grotowski hanno cercato nel teatro un asse comunicativo non filtrato, che desse accesso alla vera natura umana. È stata questa la ricerca ispirata da loro, che ho proseguito autonomamente, perché il teatro è una delle attività imprescindibili dell’essere umano. Il teatro è una forma di ricerca e di avvicinamento dell’uomo alle proprie radici, a quella che, con una parola forse abusata, chiamiamo anima. Il teatro, al fondo, è una ricerca della psiche più profonda, che l’uomo fa su di sé. Poi, come dice Brook, esiste il teatro mortale, di intrattenimento, ma il grande teatro della storia dell’umanità è una riflessione sulla natura umana.

Qual’è il valore del teatro oggi? Quale la sua necessità per l’uomo?
Oggi c’è teatro e teatro, c’è un teatro necessario e un teatro di divertimento, sempre più superata dalle tecnologie digitali, che oggi permettono di rendere qualsiasi cosa spettacolo, di affascinare e costruire l’immaginario, farci vedere il fantastico. Oramai il mondo dello spettacolo in generale è diventato un agglomerato di mostri e gesti incredibili, di cose al di là dell’umano. A me interessa il teatro necessario, quella parte di spettacolo che riguarda esclusivamente l’essere umano, la sua interiorità, la sua vita spirituale. Fintanto che esisterà un essere umano che sente il bisogno di vedere se stesso riflesso in qualcosa di neutro che è lo specchio della vita umana che è il teatro, non come una cosa neutra, ma come un tentativo di penetrare li specchio per andare più a fondo nella natura umana, esisterà il teatro.

Sì può affermare il suo potere curativo, nel senso di restituzione all’interezza?
Il teatro ha valore profondamente terapeutico per l’essere umano. Non si riassume nella parola terapia, ma ha una funzione terapeutica, perché nasce dal rito, che è un momento di grande risoluzione terapeutica per la comunità. Ho lavorato a lungo, per ricerca, in India, Indonesia, Africa, America Latina, sul tema profondo del crepuscolo della coscienza e dell’ampliamento della coscienza, che si riassume nella parola “trans, possessione”, che è alla radice del fare teatro. I contributi che ho prodotto, osservando queste culture altre, le orientali, che hanno ancora un legame profondo col rito, che mostrano cosa vuol dire divenire altro da sé, entrare a contatto con la divinità.

Qual’è il contributo che Peter Brook ha dato al teatro del novecento?
Peter Brook, rappresenta tutte le parole che ho finora espresso. Brook come Grotowski, che Brook ha sempre aiutato e protetto, perché ha avuto la generosità di capire che, oltre la sua attività teatrale, l’esperienza di Grotowski, era fondamentale per restituire un’anima al teatro. Il contributo fondamentale di Grotowski è stato la ricerca, per restituire all’uomo quel patrimonio inestimabile che è il teatro necessario.

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