sabato, 27 Luglio, 2024
Economia

Guerra e inflazione fanno arretrare il Sud. Sul Pnrr sfida tra enti locali. Serve coesione

Rapporto Svimez. Torna a crescere il divario tra Nord e il Mezzogiorno

“Asimmetrie” tra famiglie e geografiche. L’Italia del 2022 oscilla tra più difficoltà così come il pendolo dell’economia tra nord e sud. E non mancano le sorprese, con un Mezzogiorno che marcia con un punto di Pil in meno, ma nel contempo, le imprese in particolare quelle dell’edilizia sono più presenti e operative. Lo scenario che si intravede è per lo Svimez quello di un Prodotto interno lordo positivo in un Paese sfiancato alle prese con decine di emergenze.

Crisi e consumi in calo

Nel 2022 dovrebbero frenare soprattutto i consumi delle famiglie italiane meno abbienti, sui cui bilanci incide maggiormente l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Si legge nel rapporto Svimez, presentato nel corso della conferenza stampa alla Camera sulle anticipazioni 2022, cui sono intervenuti il presidente Adriano Giannola e il direttore Luca Bianchi.

La spesa differenza Nord-Sud

“Un’asimmetria”, evidenzia il rapporto, “Tra famiglie che si traduce meccanicamente in un’asimmetria territoriale sfavorevole al Sud, dove più di un terzo delle famiglie si posiziona nel primo quintile di spesa familiare mensile equivalente, contro il 14,4% del Centro e meno del 13% nel Nord“.

Le Anticipazioni 2022

L’istituto in merito all’economia e la società del Mezzogiorno prospettano un indebolimento della ripresa a livello nazionale e un ampliamento del divario tra Nord e Sud. “La pandemia, le conseguenze della guerra in Ucraina e i rischi di instabilità politica vanno a sommarsi alle storiche fragilità strutturali.

Il Sud partecipa alla ripresa nazionale del 2021 ma lo ‘shock Ucraina’ peggiora radicalmente lo scenario”.

Di scossa in scossa

Dopo lo shock della pandemia, l’Italia ha conosciuto una ripartenza pressoché uniforme tra macro-aree. Il rimbalzo del Pil 2021, guidato dal binomio di investimenti privati (in particolare nel settore delle costruzioni) ed export, si è diffuso a tutte le aree del Paese, ma è stato più rapido nel Nord.

Mezzogiorno espansivo

Contrariamente alle passate crisi, il Mezzogiorno, segnala lo Svimez, ha però partecipato alla ripartenza anche grazie all’intonazione insolitamente espansiva delle politiche a sostegno dei redditi delle famiglie e della liquidità delle imprese. Il PIL del Mezzogiorno – calato dell’8% nel 2020 (-9% il calo a livello nazionale) – è cresciuto infatti del 5,9% nel 2021 (a fronte di una crescita nazionale del +6,6%)”.

Il trauma guerra e i prezzi

Tuttavia, il trauma della guerra ha cambiato il segno delle dinamiche in corso a livello globale: rallentamento della ripresa; aumento del costo dell’energia e delle materie prime; comparsa di nuove emergenze sociali; nuovi rischi di continuità economiche per le imprese; indeterminatezza delle conseguenze di medio termine dei due “cigni neri” della pandemia e della guerra, la cui comparsa a distanza così ravvicinata, rappresenta di per sé un fatto del tutto inedito. In un contesto di policy anch’esso in evoluzione per l’avvio della fase di rientro dalle politiche di bilancio e monetarie espansive.

Queste dinamiche globali avverse hanno esposto l’economia italiana a nuove turbolenze, allontanandola dal sentiero di una ripartenza relativamente tranquilla e coesa tra Nord e Sud del Paese.

Inflazione crescita al Sud

Il picco dell’inflazione del 2022 è oggetto di particolare studio dello Svimez. Per l’istituto la crisi dovrebbe interessare in maniera più marcata il Mezzogiorno (8,4%; 7,8% nel Centro-Nord), dove dovrebbe essere più lento anche il rientro sui livelli pre-shock. Questa dinamica dovrebbe determinare impatti più pronunciati sui consumi delle famiglie e sulle scelte di investimento delle imprese, anche con potenziali problemi di continuità aziendale più concreti nel Mezzogiorno.

La forbice nord sud

La crescita del Pil italiano è stimata dalla Svimez al +3,4% nel 2022. “A rallentare la crescita nazionale – quasi un punto sotto le previsioni pre-shock Ucraina”, si calcola nel rapporto, “è soprattutto la frenata di consumi e investimenti, in entrambi i casi con effetti di composizione sfavorevoli al Mezzogiorno tali da determinare la riapertura della forbice Nord-Sud.

Le nuove difficoltà

Nel 2022 dovrebbero frenare soprattutto i consumi delle famiglie italiane meno abbienti, sui cui bilanci incide maggiormente l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità.

Un’asimmetria tra famiglie che si traduce meccanicamente in un’asimmetria territoriale sfavorevole al Sud, dove più di un terzo delle famiglie si posiziona nel primo quintile di spesa familiare mensile equivalente, contro il 14,4% del Centro e meno del 13% nel Nord.

Mezzogiorno, top ecobonus

Gli investimenti crescono al Sud più che al Nord nel 2022: +12,2% contro il +10,1%. Al Sud però spingono la crescita soprattutto quelli nel settore delle costruzioni, grazie allo stimolo pubblico (ecobonus 110% e interventi finanziati dal PNNR); la crescita degli investimenti orientati all’ampliamento della capacità produttiva è invece inferiore di tre punti a quella del Centro-Nord (+7% contro +10%).

Nel biennio 2023-2024, in un contesto di drastica riduzione del ritmo di crescita nazionale (+1,5% nel 2023; +1,8% nel 2024), Il Mezzogiorno fa segnare tassi di variazione del Pil inferiori al resto del Paese, nonostante il significativo contributo alla crescita del Pnrr.

L’impatto dello shock inflazionistico sui consumi dovrebbe estendersi a tutto il biennio 2023-2024 a causa della persistenza temporale dell’effetto di erosione del potere d’acquisto di redditi e risparmi delle famiglie, con impatti amplificati al Sud. Analogamente, lo shock sui costi di produzione si dovrebbe trascinare nel biennio incidendo sulle decisioni di investimento delle imprese, che dovrebbero seguire una dinamica più bilanciata tra componente in costruzioni e macchinari nel Centro Nord, mentre al Sud prevarrebbe ancora l’effetto di stimolo determinato dalla ripresa degli investimenti pubblici, a svantaggio della crescita degli investimenti in macchinari e attrezzature.

Instabilità politica

Con l’instabilità politica potrebbero tornare le tensioni sui mercati finanziari, con effetti depressivi maggiori sull’economia meridionale.

Successivamente alla caduta del Governo Draghi, osserva lo Svimez, sono emerse delle tensioni nei mercati finanziari internazionali segnalate dal repentino innalzamento dello spread. Le “tradizionali” preoccupazioni sulla tenuta dei nostri conti pubblici sono state accompagnate dai timori che il tempo necessario per le nuove elezioni politiche e la formazione del nuovo esecutivo possa rallentare il rigido cronoprogramma su cui è basata la piena implementazione del Piano nazionale di Ripresa.

Sud più esposto alla crisi

Le imprese nel Mezzogiorno più esposte allo shock Ucraina “L’aumento dei costi dell’energia incide maggiormente sui bilanci delle aziende del Mezzogiorno perché qui sono più diffuse le imprese di piccola dimensione”, ricorda lo relazione Svimez, “caratterizzate da costi di approvvigionamento energetico strutturalmente più elevati sia nell’industria che nei servizi. Inoltre i costi dei trasporti al Sud sono più alti, oltre il doppio rispetto a quelli delle altre aree del Paese”.

Lavoro crescita e difficoltà

Nel I trimestre del 2022 l’occupazione del Mezzogiorno è tornata a livelli del primo trimestre del 2020 con ancora 280mila posti di lavoro da recuperare rispetto al primo trimestre 2009. “Il recupero dell’occupazione nel 2021 è però interamente dovuto al Sud”, illustra lo Svimez, “ad una crescita dell’occupazione precaria (dipendenti a termine e tempo parziale involontario).

Nel Centro-Nord, riprende a crescere anche il tempo indeterminato”. Mezzogiorno si è concentrata sulla crescita del lavoro precario che ha “spiazzato” le forme di impiego più stabile.

Impegno sul Piano nazionale

Nella relazione dello Svimez si sottolinea l’impegno nel dare continuità al Piano nazionale di Ripresa per colmare i divari sui diritti di cittadinanza: nelle infrastrutture scolastiche e nei ritardi e divergenze nei sistemi produttivi.

“Il meccanismo “competitivo” di allocazione delle risorse”, avverte lo Svimez,” agli enti territoriali responsabili degli interventi ha mostrato diverse criticità”.

Soprattutto, segnala la relazione, negli ambiti in cui sono stati di recente, finalmente, definiti i Livelli Essenziali delle Prestazioni in ambito sociale (emblematico è il caso degli asili nido) e in quelli in cui comunque esistono obiettivi di servizio o standard nazionali fissati dalla normativa statale.

Burocrazia, la lentezza Sud

Rispetto al dato nazionale (1.007 giorni), i comuni del Mezzogiorno impiegano mediamente circa 450 giorni in più per portare a compimento la realizzazione delle infrastrutture sociali.

Considerando le tre fasi progettuali delle opere (progettazione, esecuzione e conclusine dei lavori) il Mezzogiorno presenta in tutte le fasi evidenti ritardi rispetto al Centro e alle aree Settentrionali.

Considerando la durata media della realizzazione delle infrastrutture sociali osservata per le diverse macro-aree, gli investimenti del PNRR in infrastrutture sociali nel Sud dovrebbero essere avviati al massimo entro fine ottobre 2022 per riuscire a chiudere il cantiere entro la conclusione del Piano (agosto 2026).

Coesione sociale ed economica

La priorità accordata alla coesione economica, sociale e territoriale dal Piano nazionale di Ripresa, in tema di imprese e lavoro, andrebbe declinata propone la relazione Svimez, nel contrasto alle tendenze divergenti tra strutture produttive regionali, definendo un mix di strumenti di politica industriale bilanciato tra consolidamento dell’esistente nelle aree forti, e ampliamento e riqualificazione della struttura produttiva delle aree in ritardo.

Piano di Ripresa sconta la mancanza di una vera e chiara politica industriale. Interventi come le Zone economiche speciali, i contratti di sviluppo, i fondi per l’internazionalizzazione, gli accordi di innovazione non sono parte integrante di una strategia unitaria di politica industriale attiva.

“Potenziare e caratterizzare territorialmente le misure di politica industriale del Piano”, sottolinea lo Svimez, “integrandoli in una strategia che ne precisi gli obiettivi (sostenibilità, qualità del lavoro) e le priorità settoriali, supporterebbe la capacità attrattiva del Mezzogiorno”. “Ne risulterebbe rafforzata la finalità di coesione del Pnrr”, conclude il rapporto, “e valorizzato il ruolo del Mezzogiorno nel riposizionamento del Paese nelle catene del valore che vanno riconfigurandosi dopo il doppio shock della pandemia e dell’invasione russa dell’Ucraina”.

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