venerdì, 26 Aprile, 2024
Cultura

“Gli scrocconi”: per ogni italiano che lavora, dieci vivono alle sue spalle

Un libro di Francesco Vecchi

Come gestiremo la ripresa economica e sociale dopo la pandemia in un Paese che fa fatica a distinguere tra poveri veri e presunti? I 23 milioni di contribuenti che dichiarano di guadagnare fino a 20.000 euro versano complessivamente allo stato 18 miliardi, circa 780 euro a testa. I 5 milioni che, invece, dichiarano di guadagnare oltre 35.000 euro versano complessivamente allo stato 90 miliardi, circa 18.000 euro a testa. Numeri e statistiche alla mano, ecco perché l’italia non è (ancora) un paese per lavoratori.
In Italia ci sono 25 milioni di persone che lavorano e 35 milioni che non lavorano. A questi 35 milioni togliamo chi ha meno di 20 anni e chi ne ha più di 65. Restano 15 milioni di persone che ogni giorno si alzano e non fanno nulla. Sono troppi.
Al Governo Draghi, incaricato di gestire la ripresa economica e sociale del Paese, si profila chiaramente la posta in gioco: gestire i soldi del Recovery Fund. E dunque aiutare sì, ma chi? E con quali prospettive? Dopo quali verifiche sull’effettivo stato d’indigenza in un Paese di furbetti? Anzi, di “scrocconi”, come è più giusto chiamarli? In Italia vivere sulle spalle degli altri è piuttosto semplice. Sono moltissimi quelli che scelgono di non lavorare oppure di farlo ma senza dichiararlo. Sono quelli che non fanno mai la loro parte, che alzano le mani quando c’è da saldare i conti. Sanità, scuole, pensioni: per loro è tutto gratis. Bonus, aiuti e sgravi fiscali: un tesoretto da arraffare.
In questo libro tagliente e documentatissimo, Francesco Vecchi dimostra che gli scrocconi si moltiplicano mentre il nostro Paese, con i suoi 60 milioni di abitanti, si regge ormai su un manipolo di italiani operosi che “tirano la carretta” per tutti: 5 milioni di individui che si spaccano la schiena e che dallo Stato ricevono molto meno di quanto versano in tasse, di solito, almeno la metà dei redditi. Tra sgobboni e scrocconi c’è, naturalmente, un’ampia via di mezzo, fatta di onesti lavoratori, disoccupati veri e famiglie in reale difficoltà. Ma in un Paese che non sa distinguere tra chi è davvero povero e chi no, anche le misure di giustizia sociale rischiano di alimentare nuova iniquità. Iniquità nel premiare il merito, iniquità nel distribuire i carichi, iniquità nel chiedere sacrifici.
Ora che la pandemia da Covid-19 rischia di spezzare la schiena produttiva dell’Italia, l’esigenza di un fisco finalmente equo e sensato è più pressante di qualsiasi altra. Redistribuire gli oneri dell’attività economica è urgente tanto quanto la lotta alla povertà, che spesso è solo la maschera del lavoro nero e dell’elusione fiscale. Certo, per i politici è più facile promettere redditi, assegni, bonus e altri aiutini, ma non potremo mai più aiutare nessuno se gli italiani che lavorano e pagano le tasse si avviano all’estinzione.
Francesco Vecchi, laureato in Discipline Economiche e Sociali all’Università Bocconi, dopo aver lavorato al TGcom24 e al TG5, dal 2016 conduce Mattino Cinque, il programma quotidiano del mattino di Canale 5. È autore dello spettacolo teatrale Spredica e di due romanzi. Con il primo, Avrà l’odore delle cose nuove, ha vinto il Premio Internazionale Città di Cattolica e il Premio per la Cultura Mediterranea. Con il secondo, Il Grande Rudi, ha vinto il Premio Speciale Montefiore Romanzo dell’anno. Nel 2019 ha pubblicato il libro per bambini La vera storia del lupo cattivo. Sempre nel 2019 è uscito con Piemme I figli del debito. Come i nostri padri ci hanno rubato il futuro.
Il Libro è edito da Piemme Edizioni.
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