giovedì, 28 Marzo, 2024
Società

Pluralismo nelle comunicazioni e responsabilità delle piattaforme

La più recente evoluzione della normativa in materia di comunicazione consente di registrare un progressivo sviluppo nella direzione della sterilizzazione di alcuni dei rischi di non corretto svolgimento della vita democratica, attraverso regole funzionali ad assicurare un ambiente più sicuro per la formazione del consenso politico.

Al riguardo, un significativo riscontro la offrono le nuove prescrizioni introdotte con il d. lgs. n. 208 dell’8 novembre 2021, con le quali non solo si è data attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, ma sono state anche riordinate le disposizioni del Testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici (TUSMAR), di cui al d. lgs. n. 177 del 2005, in ragione della evoluzione tecnologica e di mercato del settore e in linea, inoltre, con l’obiettivo dell’Unione di creare e garantire il corretto funzionamento del mercato unico digitale per i servizi di media audiovisivi.

Nell’ampliamento dell’àmbito applicativo, rispetto ai media pre-digitali è stato completamente rivisto   lo stesso impianto definitorio, con inclusione dei servizi di media audiovisivi digitali e on demand.

Il nuovo articolato reca anche previsioni (artt. 41 e 42) dedicate ai servizi di piattaforma per la condivisione di video ed esso prevede obblighi, presidiati dal regime sanzionatorio di cui all’art. 67, comma 9, a tutela dei beni specificamente indicati (tutela dei minori, lotta contro l’incitamento all’odio razziale, sessuale, religioso o etico, nonché contro la violazione della dignità umana, tutela dei consumatori).

Occorre, peraltro, rilevare che la normativa in esame non ha inciso sul regime delle responsabilità del fornitore dei servizi di piattaforma in esame, per quanto attiene ai contenuti delle informazioni, giacché non sussiste, attualmente, un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze, che indichino la presenza di attività illecite. Inoltre, sebbene si registri il passaggio dalla promozione di forme di «auto-regolazione» a quelle di «co-regolazione», restano tuttavia gli interrogativi sull’adeguatezza dello strumento rispetto ai fini perseguiti ed in rapporto al livello dei rischi concretamente riscontrati nell’evoluzione della comunicazione.

Nel nuovo quadro di disciplina in materia di servizi di media audiovisivi, un rilievo particolare assume l’art. 51.

La disposizione mira ad eliminare, nel sistema delle comunicazioni concepito ormai secondo una logica integrata, possibili minacce per il valore del pluralismo esterno, che costituisce valore «in sé», e cioè a prescindere dalla sussistenza di profili di eventuale rilevanza anche i fini del diritto antitrust.

Si tratta di una disposizione di estremo interesse nella considerazione della stretta interrelazione che avvince il pluralismo esterno, quello interno e quello c.d. sostanziale, incentrato sulla par condicio tra le diverse forze politiche nell’accesso alla comunicazione.

Essa, ad un livello più generale, è dunque espressione di una riconfigurazione logica della disciplina, che da un sistema, come quello precedente, basato su un rigido meccanismo ancorato su soglie percentuali pre-definite di rilevazione delle posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo e nel quale, dunque, l’Agcom esercitava un potere tendenzialmente vincolato, ad un sistema più duttile, declinato su «indici rivelatori», con conseguente connotazione in chiave «tecnico-discrezionale» del potere di accertamento e di sanzione dell’Autorità competente.

Ora, è evidente che il rafforzamento dei presidi riferiti a posizioni significative di potere in un sistema integrato delle comunicazioni consente anche al pluralismo politico un più efficace esplicarsi, pur non potendosi revocare in dubbio la necessità di un intervento normativo specifico riferito alla materia elettorale, e restando altresì insolute questioni più generali e nodali sulle quali è acceso il dibattito in vari contesti ordinamentali.

Si pensi, ad esempio, al problema della responsabilità delle piattaforme web in ordine contenuti in esse pubblicati e visualizzati (come testimoniato dalla Brexit e dalle più recenti presidenziali USA): lo snodo della c.d. immunità delle piattaforme attende ancora di essere compiutamente affrontato, malgrado i recenti tentativi di regolazione, pur in qualche modo apprezzabili, propiziati dal Digital Services Act, in corso di discussione. E così anche qualche perplessità deve ancóra nutrirsi in relazione al delicato aspetto della responsabilità dell’hosting provider, specialmente ove emerga un qualche contegno attivo da parte del prestatore di servizi, e non un mero «trasporto» di dati.

Si sottolinea, infine, la necessità di una disciplina specificamente preordinata a regolare la materia elettorale (come recentemente accaduto in Francia), al fine di assicurare la par condicio e d’implementare un’efficace azione di controllo da parte dell’Autorità preposta, non più imperniata sulle linee guida di soft law, anche a fronte di un impianto sanzionatorio allo stato non particolarmente dissuasivo.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Riciclo. Sì dell’Antitrust agli impegni di PolieCo, soluzione pro-ambiente

Giampiero Catone

Se sul futuro pesa il rischio della disumanizzazione

Redazione

Antitrust, multa da 7 milioni a Facebook per l’uso dei dati utenti

Redazione

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.