giovedì, 25 Aprile, 2024
Società

Quei giovani imprenditori che servono al Sud

Tra i tanti luoghi comuni che circolano sui meridionali, alcuni sono particolarmente duri a morire. Quante volte abbiamo letto che al Sud i giovani sono degli scansafatiche. Che non hanno voglia di mettersi in gioco, che non hanno spirito d’iniziativa, che al rischio del lavoro autonomo preferiscono sempre e comunque il posto fisso. Sarà vero questo teorema? Intanto diciamo le cose come stanno: sono sì luoghi comuni, ma contengono pur sempre mezze verità. E rinviano, nell’immaginario collettivo, ad un’altra dimensione. Quella meridionale, da sempre piena di contraddizioni. Con le sue luci e le sue ombre. Costellata di miserie, ma arricchita anche da tante nobiltà. Sui giovani e in particolare sulle loro aspirazioni professionali, io farei un ragionamento diverso. Se il testo (i giovani in grado di avviare un’impresa) si presenta valido, non altrettanto può dirsi del contesto, quell’habitat sociale e culturale in cui si vive. Mi spiego meglio.

Le difficoltà oggettive ad avviare un’impresa 

Come puoi pretendere da un giovane siciliano di avviare un’attività imprenditoriale se, per ottenere un permesso per costruire un capannone, la burocrazia ti fa spettare 301 (trecentouno!) giorni? E se fosse un giovane calabrese? Poveretto, anche per lui si prospettano tempi arabi: dovrebbe pazientare “solo” 279 giorni. Per non parlare poi del contenzioso civile, ove mai dovesse farvi riscorso. Tanto per fare un paragone tra Nord e Sud, per ottenere una sentenza civile di primo grado ad Aosta bastano 11 mesi, mentre a Lamezia Terme si procede con tutta calma, ci vogliono la bellezza di 5 anni e 7 mesi. Potremmo continuare così per pagine intere. E comunque è meglio sorvolare su altri complicati passaggi. Come ad esempio sulle tante pratiche da avviare per ottenere permessi, visti, autorizzazioni, collaudi e chi più ne ha più ne metta. Ecco un classico esempio di contesto che scoraggia quei giovani che vorrebbero avviare un’ attività in proprio. Attenzione, però! La postpandemia potrebbe riservare delle sorprese. Se al Sud si è chiusa una porta, per i giovani si potrebbe aprire un portone. Il Pnrr non lo gestiranno le Regioni o i Sindacati, né tantomeno i comuni. Lo gestirà una cabina di regia stabilmente insediata a Palazzo Chigi. Gli enti territoriali saranno senz’altro protagonisti, ma non saranno loro a condurre le danze. I Fondi, le procedure, la tempistica e soprattutto le riforme collegate, sono tutti elementi calibrati secondo precise direttive europee.

 Una partita decisiva per la rinascita del Sud 

Su questo fronte, proprio come accadde nel secondo dopoguerra, si giocherà una partita decisiva per la rinascita del Mezzogiorno. Se il contesto diventerà più agibile, allora anche per i giovani del Sud potrebbero aprirsi altre strade, per intraprendere un nuovo cammino e senza aspettare la “Provvidenza” sociale. Una manna, quella dell’Inps, dove si può pescare un po’ di tutto: dal reddito di cittadinanza alla cassa integrazione; dal bonus bici al bonus terme, dal bonus per la casa a quello per il gas. Uno strano Welfare congegnato non solo per contrastare la povertà ma annualmente arricchito per troncare e sopire quell’istinto a far da sé che ogni giovane intraprendente possiede a quell’età. Un barlume raro e prezioso non solo per l’economia, ma soprattutto per la società e la cultura del nostro Mezzogiorno. Per i giovani imprenditori del Sud, se tutto va bene, ci sarà sempre una montagna da scalare. Per loro, come per tutti gli uomini determinati a raggiungere un traguardo, calza a pennello quel che Churchill ripeteva ai suoi connazionali: “Non raggiungerai mai la tua destinazione se ti fermi a tirar pietre a ogni cane che abbaia”

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