venerdì, 29 Marzo, 2024
Società

Politica e morale destini incrociati

Esiste un rapporto inscindibile fra morale e politica o le due sfere sono assolutamente autonome?

Il tema è sensibile fin dalle origini della societas e se ne discute nella modernità da Machiavelli passando per Max Weber e la sua monumentale opera sociologica, per Gramsci e il suo Partito-Principe, per Luhman, Machiavelli del XX secolo, secondo i suoi estimatori. Ma non è tema per soli autori, anche e soprattutto politici eccellenti, per disgrazia o per nobiltà, han finito con il fare i conti con la politica e con la morale, e non infrequentemente è accaduto che una politica sia precipitata nella inconsistenza per eccesso di moralismo o che un’altra sia finita nell’indifferenza ad ogni principio civico e morale. Intuibili le nefaste conseguenze per l’una o per l’altra traiettoria. Si tratta per entrambe di derive dovute all’incapacità di leggere oculatamente la realtà.

Dobbiamo partire dalla politica come vorremmo che fosse o dal comprendere la sua natura e il suo ruolo storico? Nel primo caso saremmo in zona di comfort, ci troveremmo, credo, tutti d’accordo nell’affermare che la politica la vorremmo luminosa e trasparente, onesta e ispirata all’interesse pubblico, capace di produrre giustizia e libertà; nel secondo caso la discussione assumerebbe toni complessi, dentro le radici più profonde della storia della civitas. Oggi ci occupiamo della seconda prospettiva, della ricerca di fondare un’analisi sul rapporto politica-morale supportata da un linguaggio realistico, laico e non ideologico.

 

Machiavelli frainteso

Nel merito di questa ricerca Machiavelli è stato, come tutt’oggi è, spesso frainteso. Egli si è limitato con la sua opera a marcare l’idea dell’autonomia della politica dalla morale, come dal diritto e dalla religione, ma l’azione di governo del principe è sicuramente valutabile in due modi: una lettura essenzialmente morale, fra bene e male, oppure una lettura squisitamente politica fra utilità e danno civico e sociale. Un gesto moralmente buono del Principe può manifestarsi rovinoso per lo Stato; un altro moralmente cattivo può rivelarsi utile. E dunque cosa intendeva il Machiavelli riguardo l’autonomia della politica rispetto alla morale? Non certo che l’agire del Principe non sia valutabile sul piano della moralità, come della liceità o della religiosità, bensì che l’agire politico è storicamente autonomo nel suo processo decisionale e come tale deve essere valutato.

 

Politica, valori e sentieri della storia

La politica può essere conflitto e guerra? Ma può divenire politica di pace. Può assumere caratteri repressivi? Ma divenire democratica e liberale. Può essere fondata su interessi di classe? Ma trasformarsi in giusta ed equilibrata. La politica insomma nella sua naturale dialettica, si sviluppa dentro i processi della storia, poco o non sempre sensibili a valori morali di bontà e giustizia.

Una considerazione sul secolo a noi più prossimo, il ‘900, può aiutare a leggere la trama di questo ragionamento: non fu solo un secolo di barbarie ma complesso crocevia della storia dell’Umanità, dove accanto alla ferocia visse la vita, la resistenza dei popoli e la civiltà; nel suo ventre nacque la contraddizione profonda delle lotte popolari per il riscatto sociale che non poterono essere non violente. Magistralmente Bertold Brecht rievoca lo spirito dei momenti più drammatici del ‘900 in versi immortali: “Voi che sarete emersi dai gorghi dove fummo travolti pensate quando parlate delle nostre debolezze anche ai tempi bui cui voi siete scampati”. Fu possibile opporre alla politica della barbarie nazi-fascista una politica morale o fu guerra e dolore, spesso senza regole e umanità? Riflessione concreta, quella di Brecht, che ci consegna materialmente il senso profondo del nesso fra politica e morale e che sottolinea, marcando il senso di quei “tempi bui”, l’imprescindibile destino dell’autonomia della politica, della sua autonoma sede della conoscenza e dell’azione.

 

 

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