venerdì, 26 Aprile, 2024
Esteri

A Kabul sventola bandiera bianca

La bandiera talebana s’è innalzata coincidenziale l’11 settembre: sancisce di fatto l’avvio formale del nuovo governo, nel giorno della conquista della capitale afghana; sventola bianca sul palazzo presidenziale, e riporta un versetto coranico: la shahādah, espressione ultima della testimonianza di fede musulmana, issata dal mullah Mohammad Hassan Akhund, il primo ministro – come riportato dal portavoce e capo della commissione culturale talebana, Ahmadullah Muttaqi.

IN NOME DEL TAWHID

«Testimonio che non c’è nessun dio, al di fuori di Dio e testimonio che Maometto è il profeta di Dio.» quale cardine tra i cinque pilastri di devozione islamica ed emblema del concetto di tawḥīd: dell’unicità di Dio; in nome del quale non sarà più tollerata “un’educazione congiunta” tra i due generi, con l’obbligo dello hijab per le donne nelle università afghane. In nome di quella stessa unicità di Dio “ossessiva” – così la definiva Simone Weil – che offusca la ragione ed antepone il fondamentalismo islamico alla vita.

I SERVI DEL POTERE

È infatti quasi lapalissiano ritenere che il radicalismo musulmano non si costituisca in funzione della vita, e che esattamente al contrario sia la vita stessa ad esser schiava del fondamentalismo. L’opposto di ciò che si presume sia l’assunto del fulcro religioso. Il rovesciamento è dirompente eppure, nei suoi termini, sottile. Infatti per il cristianesimo Dio serve gli uomini senza per questo esserne servo – è uno e trino, mantenendo la sua foce spirituale. Al contrario il fanatismo degli studenti coranici impone ai fedeli l’annientamento nelle vesti materiali ed ancor più nella vita attiva, dunque nelle implicazioni psichiche e pratiche, rendendoli completamente asserviti al Dio: che lo servono essendone servi.

LA RELIGIONE SI SVUOTA DELLO SPIRITO

Una lettura che si riempie di sé stessa – e più che sulla volontà divina, pone le sue fondamenta su quella di chi la legge: degli estremisti talebani. Una lettura della religione che snatura la sua essenza di spirito, per diventare strumento di potere coercitivo e terreno. Affine alla visione di Weil che scorgeva in quegli stessi tratti di fanatismo monoteista, la creazione di menzogne per fini di autoaffermazione personale o sociale – in questo caso, politica– in netta antitesi con il suo amore per i principi della grecità: l’onestà, l’assenza di menzogna che è l’inganno supremo che compiamo verso noi stessi, da cui derivano le forme più alte e mai replicate di verità e bellezza.

LA COERCIZIONE ANNIENTA VERITA’ E BELLEZZA

Perché dove c’è menzogna e disonestà, dove c’è coercizione e mancanza di libertà – non nascono verità e bellezza, affluenti emblematici di spiritualità e baluardi del libero arbitrio. Le tenebre della mente si esplicano anche nella loro rappresentazione materiale: nell’imposizione del velo islamico che nasconde i tratti, di bellezza e verità.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Ferragosto: il riposo di Augusto e l’augurio della gentilezza

Antonio Cisternino

Il 18 aprile 1948 una grande vittoria per la libertà

Achille Lucio Gaspari

Aumenta la paura dei tumori, ma non basta per far aumentare la prevenzione

Francesco Gentile

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.