Troppo poco. Le aziende attendevano rimborsi molto più alti e non quelli “irrisori”, che oggi vengono assegnati ai pochi commercianti che sono riusciti a rientrare nella graduatoria.
L’Agenzia delle entrate ha fissato l’ammontare del credito d’imposta per le spese dei dispositivi di santificazione anti coronavirus, e per la Confcommercio si tratta di una cocente delusione.
Per la Confederazione, “ancora una volta le aziende non vedono coperti in modo adeguato i costi che hanno dovuto affrontare per far fronte al contenimento dei rischi dovuti al contagio”. Per la Confcommercio non c’è altra via se non quella di aumentare la cifra, altrimenti le imprese rischiano di vedere i loro utili già al minimo erosi ulteriormente.
“È necessario provvedere a un rifinanziamento urgente”, sollecita la Confcommercio, “del fondo per le spese di sanificazione e innalzarne l’importo”.
Il calcolo fatto dall’Agenzia appare troppo penalizzante.
“Infatti”, osserva nel merito la Confcommercio, “è stata resa nota la percentuale che permette di calcolare l’importo spettante ad ogni richiedente: la misura del credito effettivamente utilizzabile è pari al 15,6423 per cento del credito richiesto. Questa percentuale è il risultato del rapporto tra gli importi richiesti dai contribuenti entro il 7 settembre 2020, pari a 1.278.578.14 euro, ed il limite massimo di spesa fissato dalla legge in 200 milioni di euro”. Insomma a conti fatti i rimborsi sono modesti e non nell’ordine che i commercianti si attendevano. Chi ne avrà, comunque, un beneficio seppur minimo può scegliere.
“I soggetti beneficiari possono scegliere se utilizzare il credito d’imposta nella dichiarazione dei redditi oppure in compensazione tramite modello F24; in alternativa”, illustra la Confcommercio, “possono optare per la cessione, anche parziale, del credito ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari. L’opzione può essere esercitata fino al 31 dicembre 2021”.
Eppure gli auspici erano altri, lo testimoniano i documenti che la Confederazione ha pubblicato in queste settimane.
“La Confcommercio ha accolto con favore le misure introdotte nei vari provvedimenti normativi varati dal Governo che hanno avuto come finalità quella di prevedere forme di sostegno alle imprese, tra cui il credito d’imposta per affrontare le spese di sanificazione. Tuttavia”, segnala la Confederazione, “va rilevato che nell’attuazione pratica di tali misure gli intenti si sono scontrati con gli stanziamenti messi a disposizione”. Così la Confederazione ricorda che: “già a suo tempo il finanziamento previsto dal bando Impresa Sicura Invitalia era andato immediatamente esaurito in un lasso strettissimo di tempo avendo visto oltre 200mila registrazioni da parte delle imprese a fronte di un importo estremamente limitato”. Oggi sottolinea con rammarico la Confederazione , “ancora una volta le aziende non vedono coperti in modo adeguato i costi che hanno dovuto affrontare per far fronte al contenimento dei rischi dovuti al contagio Covid. È il caso della irrisoria percentuale del 15% del credito d’imposta fissata dall’Agenzi delle Entrate come credito utilizzabile per coprire le spese di sanificazione e acquisto dei dpi. Il fondo per le spese di sanificazione, come previsto nella legge di rilancio, avrebbe dovuto coprire il 60%”, puntualizza la Confcommercio, “delle spese sostenute e su ciò avevano fatto affidamento le aziende, ma nel contempo nella stessa legge si fissava il limite massimo di spesa in 200 milioni di euro, mentre gli importi richiesti dalle aziende assommano a oltre 1.200.000 euro”. Insomma una situazione spiacevole dal punto di vista economico ma anche delle aspettative così che servirà aumentare il beneficio.
“A fronte di tale situazione”, sottolinea la Confcommercio, “in cui le imprese possono recuperare solo una minima parte di quanto richiesto, circa un sesto, si rende necessario provvedere ad un rifinanziamento urgente dello stesso fondo e ad innalzarne l’importo”.