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Rapporto Antigone: il carcere resta un’emergenza ignorata in Italia

Sovraffollamento e diritti negati: una situazione sempre più grave negli istituti di pena
giovedì, 31 Luglio 2025
2 minuti di lettura

Il numero dei detenuti in Italia continua a crescere. Secondo il rapporto di metà anno diffuso dall’associazione Antigone, al 30 giugno 2025 erano recluse 62.728 persone, oltre 1.200 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Una crescita che aggrava una situazione già al limite, in un sistema che ufficialmente può ospitare al massimo 51.276 persone.

Un tasso di affollamento oltre il limite

Il sovraffollamento è uno dei problemi centrali. Con oltre 11.000 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare, le carceri italiane hanno raggiunto un tasso medio di affollamento pari al 134,3 per cento. Questo significa che, in media, ci sono quasi 35 persone in più ogni 100 posti disponibili. In alcune strutture si arriva a percentuali ancora più alte, con celle progettate per due persone che ne ospitano tre o quattro. Le conseguenze riguardano sia la vivibilità sia l’efficacia della detenzione stessa.

Crescono i suicidi, il disagio è evidente

Un altro dato che preoccupa è quello dei suicidi. Nei primi sei mesi del 2025 si sono tolte la vita 45 persone all’interno degli istituti di pena. Un numero alto, che conferma il disagio psicologico crescente tra chi vive in carcere. Secondo Antigone, si tratta di una vera emergenza, spesso sottovalutata. La mancanza di supporto psicologico, di spazi adeguati e di attività che aiutino a mantenere un equilibrio mentale rende le carceri ambienti sempre più fragili, dove l’isolamento e la sofferenza possono facilmente degenerare.

Caldo insopportabile e celle invivibili

Le temperature eccezionalmente alte registrate in Italia durante l’estate hanno colpito duramente anche gli istituti penitenziari. Nelle celle, spesso piccole e prive di ventilazione, il caldo è diventato insostenibile. In molti casi mancano condizionatori o anche semplici ventilatori. L’accesso all’acqua potabile, elemento fondamentale per sopportare le alte temperature, è in alcune strutture limitato. “Il caldo, in alcune sezioni, è oltre la soglia della sopportazione”, si legge nel rapporto, che denuncia condizioni ambientali ben lontane da uno standard minimo di dignità.

Diritti negati in una detenzione senza futuro

Oltre ai problemi materiali, Antigone punta il dito contro l’assenza di diritti fondamentali. Il carcere, secondo la legge, dovrebbe avere una funzione rieducativa. Tuttavia, la carenza di personale e di attività formative o lavorative trasforma la pena in una semplice reclusione. Per molti detenuti non esistono reali percorsi di reinserimento. La vita si consuma in celle sovraffollate, senza prospettive, con livelli di stress altissimi. Una situazione che mette in discussione il senso stesso della pena.

Un sistema al collasso che resta ignorato

Il quadro che emerge è quello di un sistema penitenziario che fatica a reggere. Le strutture sono spesso vecchie, inadatte, e non si adattano alla crescita del numero di detenuti. Le risorse disponibili non bastano a garantire condizioni di vita accettabili. “Il carcere continua a essere un’emergenza ignorata”, scrive Antigone, che da anni denuncia la necessità di interventi strutturali. Senza riforme serie, il rischio è che queste condizioni diventino la norma.

Situazione critica in molte regioni italiane

Il rapporto include anche dati regionali. In diverse carceri del Sud Italia, in particolare, si registrano tassi di sovraffollamento superiori al 150 per cento. In alcuni istituti si trovano celle dove il numero di detenuti supera il doppio della capienza. A questo si somma la scarsa manutenzione degli edifici e la carenza di personale, sia tra gli agenti di polizia penitenziaria sia tra gli operatori sanitari e sociali.

Una richiesta di intervento immediato

Antigone conclude il documento con un appello alle istituzioni. Il sovraffollamento, i suicidi, le condizioni ambientali estreme e l’assenza di percorsi rieducativi sono tutti sintomi di una crisi profonda. La detenzione non può ridursi a un contenimento passivo. Servono politiche attive, investimenti e una riforma del sistema che metta al centro la persona, anche quando ha commesso un reato. L’associazione chiede misure concrete, immediate e coordinate, perché “non si può più ignorare ciò che accade dentro le mura delle nostre carceri”.

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