Nei giorni scorsi, Papa Leone XIV nell’incontro con tutti i Vescovi della Conferenza Episcopale Italiana, ha dato la linea di quella che dovrà essere il programma pastorale di tutta la Chiesa italiana per i prossimi anni. Una vera e propria “fotografia” da consegnare alla macchina vaticana di come immagina la Chiesa il nuovo Pontefice, ma anche la diagnosi dell’attuale situazione nella quale si trova ed opera il mondo cattolico e conseguentemente le sfide che dovrà affrontare.
La comunità cristiana di questo Paese, ha detto, si trova da tempo a dover affrontare nuove sfide legate al secolarismo, a una certa disaffezione nei confronti della Fede e alla crisi demografica. Su questi temi, il Santo Padre chiede alla Chiesa italiana, con toni anche perentori, di camminare insieme a Lui, in virtù del legame privilegiato tra il Papa e i Vescovi italiani, indicando anche le priorità e il solco nel quale muoversi per perseguirle.
Primo punto: è necessario uno slancio missionario nell’annuncio e nella trasmissione della fede, ovvero porre Gesù Cristo, al centro della vita quotidiana ed aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo. In un tempo di grande frammentarietà, è necessario tornare alle fondamenta della nostra Fede, al cherigma (l’annuncio e la predicazione del Vangelo) ha detto senza mezzi termini Papa Leone. Questo è il primo grande impegno che motiva tutti gli altri: portare Cristo “nelle vene della umanità”, rimuovendo e condividendo la miseria.
Si era già notato, fin dall’insediamento di questo Pontefice, che il suo obiettivo primario sarebbe stato quello di riportare Dio al centro della vita dell’uomo contemporaneo, mostrando anche visivamente e plasticamente questa centralità nella liturgia come ha voluto personalmente, facendo collocare il Crocifisso al centro dell’altare principale della Basilica di San Pietro, in occasione della solennità della Santissima Trinità. Così come aveva fatto il suo predecessore Benedetto XVI, che riteneva che “la Croce può servire come l’oriente interiore della fede, per cui dovrebbe trovarsi sempre al centro dell’altare ed essere il punto cui rivolgono lo sguardo tanto il sacerdote quanto la comunità orante”. Insomma, per il Santo Padre, tutto parte da Cristo, che è la via, la verità e la vita, e tutto il resto, il mondo e le sue periferie, la pace stessa, è declinata alla luce della parola di Gesù Cristo.
“La pace non è un’utopia spirituale”, ha detto infatti il Santo Padre, indicando nello stesso tempo le virtù personali da mettere in campo per poterla realizzare: umiltà e pazienza, coraggio e capacità di ascolto, presenza e azione.
Grandi sfide ci attendono, ha detto il Santo Padre, come l’intelligenza artificiale, le biotecnologie, i social media: per questo non possiamo permettere che la persona venga sostituita da un sistema di algoritmi. Per questo è necessario che le Chiese che sono in Italia offrano la loro visione antropologica, sempre con riferimento alla centralità di Gesù.
Altri punti cardine: la dignità dell’uomo si difende e si afferma in quanto figlio del Dio vivente. Tutto ciò, avverte il Pontefice, sarà possibile andando avanti nell’unità, “restate uniti e non difendetevi dalla provocazione dello spirito, “…” nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente. Questo è un vero e proprio leitmotiv che ripete fin dall’inizio del Pontificato perché sa bene che l’unità dei cattolici è una precondizione senza la quale non è possibile qualsiasi azione pastorale.
Sa bene il Santo Padre che senza questa precondizione non sarà possibile riprendere e rilanciare uno spirito missionario che solo nell’unione di Cristo e sulla base del messaggio evangelico può avere la possibilità di riprendere e rilanciare uno spirito missionario che nell’unione di Cristo e sulla base del messaggio evangelico può avere possibilità di contrastare un mondo cosi laicizzato e secolarizzato come quello che ci circonda. “Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: “una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato”, ha detto Leone XIV nel corso dell’omelia durante la messa di inizio del ministero petrino da vescovo di Roma precisando che: “se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di spora degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate; al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti “pietre vive””.
Alla luce dei suoi già numerosi interventi tutto lascia prevedere che Papa Leone XIV sarà un pastore capace sia di custodire il patrimonio della dottrina cattolica che, nello stesso tempo, di affrontare ed indicare soluzioni ai problemi dell’uomo contemporaneo, avendo ben chiaro un progetto di riedificazione della società in tutti i suoi ambiti, cosi come lo ebbe il suo predecessore Leone XIII che con il cosiddetto “Corpus leoninum” (il complesso del suo magistero sociale) pretese che il cattolicesimo del suo tempo svolgesse un ruolo pubblico, non riducendosi la Dottrina sociale alla sola questione sociale affrontata dalla “Rerum Novarum”; ma riguardando l’intera vita delle persone e dei popoli.
Solo che si vogliano utilizzare, come auspicava San Giovanni Paolo II “elementi di riflessione, criteri di giudizio e direttive d’azione” per edificare “una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio”.

