Queste non sono di certo buone notizie: l’Italia invecchia e si svuota, mentre il suo debito pubblico diventa sempre più difficile da sostenere. A lanciare l’allarme, con parole nette, è stato ieri il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti durante un’audizione davanti alla Commissione parlamentare sulla transizione demografica. La natalità in calo e l’allungamento dell’età media non sono più, secondo Giorgetti, semplici indicatori sociali, ma elementi strutturali destinati a influenzare in profondità l’equilibrio dei conti dello Stato. “La demografia condiziona la finanza pubblica”, ha spiegato il Ministro, tenendo a precisare che ogni punto perso sul tasso di natalità comporta, nel tempo, uno squilibrio nelle entrate e un aumento dei costi. Non si tratta solo di pensioni e sanità: è l’intero impianto economico a risentirne, dalla produttività al sistema educativo, passando per i consumi interni e la coesione territoriale.
I dati presentati durante l’audizione hanno fotografato un’Italia in pieno declino demografico. Il Mezzogiorno, in particolare, rischia un’emorragia senza precedenti: entro il 2050 potrebbe perdere oltre 3,4 milioni di abitanti, numero che salirebbe a quasi 8 milioni entro il 2080. Una desertificazione umana che coinvolge non solo le aree interne, ma sempre più anche le province di medie dimensioni, incapaci di trattenere giovani e famiglie.
Flessioni
Nel breve periodo il Nord sembra poter resistere, con una crescita demografica modesta, ma tutto sommato ancora positiva. Ma secondo le proiezioni, anche le regioni settentrionali vedranno presto una flessione. Il saldo nazionale, già oggi negativo, diventerà presto insostenibile se non si interviene con decisione. Il tasso di fecondità, altro campanello d’allarme, ha raggiunto nuovi minimi. Il Mezzogiorno ha toccato 1,20 figli per donna, il Nord 1,19 e il Centro appena 1,12. Numeri ben al di sotto della soglia di sostituzione generazionale, che si attesta attorno ai 2,1 figli per donna.
Giorgetti ha precisato come queste tendenze non siano isolate: si intrecciano con lo spopolamento e la mobilità interna, che continua a penalizzare il Sud e le Isole. Tra il 2022 e il 2023, oltre 129.000 residenti hanno lasciato queste aree in direzione del Centro-Nord. La preoccupazione, ha aggiunto il Ministro, è condivisa anche a livello europeo: a partire dal 2030, secondo la Commissione Ue, la forza lavoro contribuirà negativamente alla crescita economica in molti Stati membri, Italia in testa.
Le reazioni

Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Elisa Pirro (M5S) ha accusato il Ministro di essere parte integrante del problema: “Ha sostenuto per anni politiche economiche che hanno depresso salari e tagliato investimenti. Ora si sorprende se le famiglie non fanno più figli?”. Una critica dura, rivolta a chi, secondo l’opposizione, ha promosso una visione troppo restrittiva della spesa pubblica, trascurando le politiche per il lavoro e il sostegno alla genitorialità. Di segno opposto il commento di Mariastella Gelmini (Noi Moderati), che ha difeso l’azione del governo Meloni: “Investire sulle famiglie, sulla casa e sulla stabilità lavorativa è la chiave. Non si tratta di spesa, ma di investimento per il futuro”. Una posizione condivisa anche da Saverio Romano, che ha rilanciato la necessità di un approccio bipartisan e strutturato, che includa anche una riforma ragionata delle politiche migratorie e un piano per il rientro degli italiani all’estero.
Particolarmente critico il fronte scolastico. Il segretario della Uil Scuola Rua, Giuseppe D’Aprile, ha commentato con preoccupazione le parole di Giorgetti sull’istruzione: “Meno alunni non significa meno bisogno di docenti. Anzi, è l’occasione per ridurre le classi, personalizzare l’insegnamento e rilanciare la qualità della scuola pubblica”. D’Aprile ha messo in guardia contro l’idea di tagliare risorse all’istruzione in nome dell’efficienza: “La denatalità va vista come un’opportunità di rilancio, non come un pretesto per ridurre gli organici”.
Sfida da vincere
Giorgetti, nel suo intervento, ha comunque ribadito l’intenzione del governo di non sottrarsi alla sfida. “Non possiamo illuderci che bastino pochi anni per cambiare una rotta che va avanti da decenni”, ha detto, riconoscendo la gravità del fenomeno. Ma ha anche assicurato che “non partiamo da zero”: il governo ha già messo in campo una serie di misure a sostegno delle famiglie, che ora devono essere consolidate in una strategia di lungo periodo.