Da anni era attesa da cittadini e associazioni una legge che proteggesse realmente gli animali dalla violenza, che sono costretti a subire per la crudeltà umana. Parlano chiaro i recenti fatti di cronaca, come l’uccisione di Timida, la cagnolina legata sui binari del treno a Siracusa o le torture firmate inflitte alla capretta di Anagni. Lo scorso 29 maggio è stato definitivamente approvato, dopo il sì dello scorso novembre della Camera dei Deputati, il Ddl sull’inasprimento di pene per i reati contro gli animali, avente a prima firma Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’intergruppo parlamentare per i diritti degli animali. Un passo avanti decisivo, che ribalta anche la considerazione giuridica dell’animale, che diviene, per i Codici Penale e di Procedura Penale, soggetto da tutelare direttamente, con propri, indipendenti e inalienabili diritti, e non più solo di riflesso al “sentimento per gli animali” provato dagli esseri umani. Gli animali, dunque, non sono più considerati oggetti di proprietà, ma esseri senzienti, capaci di provare emozioni.
Pene più severe per i colpevoli di reati
Da oggi coloro che organizzano eventi o gare in cui gli animali vengono sottoposti a violenze vedranno la multa raddoppiare, passando da 15.000 a 30.000 euro. Inoltre, chi organizza combattimenti tra animali rischia da 2 a 4 anni di carcere, mentre chi partecipa a questi eventi può essere multato fino a 30.000 euro. Per chi uccide un animale, la pena detentiva varia da 6 mesi a 4 anni, accompagnata da una multa che può arrivare a 60.000 euro. Anche il maltrattamento viene punito più severamente: fino a 2 anni di reclusione, senza la possibilità di pagare una sanzione pecuniaria in alternativa. Un’altra novità è il divieto di abbattimento degli animali coinvolti in procedimenti legali, che dovranno restare sotto custodia fino alla conclusione del processo. La legge vieta, inoltre, in maniera assoluta l’uso di pellicce di gatti domestici a fini commerciali. Altra importante conquista riguarda il divieto su tutto il territorio nazionale di tenere cani legati alla catena. Le specie protette, poi, ricevono una tutela rafforzata: chiunque uccida, catturi o detenga illegalmente animali appartenenti a queste categorie rischia da 3 mesi a 1 anno di arresto e una multa fino a 8.000 euro.
Infine, la detenzione di animali esotici destinati alla compagnia, appartenenti a specie vietate nel Paese e il traffico illecito di cuccioli viene punito, con pene che vanno da 4 a 18 mesi di reclusione e sanzioni pecuniarie che oscillano tra i 6.000 e i 30.000 euro. Diventa perseguibile, con pene fino a 4 anni di reclusione, anche chi uccide o danneggia animali altrui. “Questa legge – commenta l’avv. Aurora Loprete, legale di Leal – segna un passo importante nella protezione degli animali, poiché mira a rafforzare le leggi esistenti e a garantire una tutela più adeguata contro la crudeltà e lo sfruttamento. L’articolo 1 della legge ora specifica che l’obiettivo delle leggi è tutelare direttamente gli animali e non più il ‘sentimento per gli animali’ da parte degli esseri umani. Questa modifica, pur sembrando simbolica, è molto significativa, poiché pone gli animali al centro delle tutele giuridiche, riconoscendo i loro diritti in modo indipendente dal nostro modo di percepirli”.
Il pericolo, però, arriva dal Ddl caccia, che minaccia il progresso giuridico e la biodiversità
di contro, in questi stessi giorni sta facendo molto discutere il Disegno di legge promosso dal ministro Francesco Lollobrigida con il quale intende riformare la legge 157 del 1992, che disciplina la caccia nel nostro Paese. La bozza del documento, non ancora ufficialmente presentata in Consiglio dei ministri, fa emergere, in maniera evidente, l’atteggiamento contraddittorio dell’Italia in materia di tutela di animali e ambiente.
Il Ddl caccia, infatti, propone di ampliare le aree preposte all’attività venatoria in modo indiscriminato, dando la possibilità di cacciare anche in zone protette, come spiagge e parchi. Sarà poi consentito cacciare anche di notte, aumentando i rischi per la fauna e la sicurezza pubblica. Si prevede l’aumento di specie utilizzabili come richiami vivi, da 7 a 47, anche durante la nidificazione, con possibilità di cattura con reti. Il calendario venatorio diventerebbe flessibile, permettendo alle Regioni di prorogare la stagione di caccia senza parere vincolante dell’Ispra.
Si prevede un via libera a nuove armi per la caccia, autorizzando fucili semiautomatici con caricatori fino a cinque colpi per la caccia al cinghiale. Si desidera ampliare la caccia nelle aree demaniali, includendo la possibilità di cacciare in foreste, praterie e spiagge. Si propone, inoltre, una semplificazione delle procedure per ottenere il porto d’armi e una drastica riduzione, fino al 30% del territorio, delle aree protette. Infine, si vogliono applicare sanzioni fino a 900 euro per chi protesterà contro le attività di controllo della fauna selvatica.
Nelle intenzioni del Ministro c’è l’approvazione del Ddl prima della prossima stagione venatoria, che, a detta delle 44 associazioni ambientaliste e animaliste che hanno chiesto immediatamente un confronto con i ministri dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida aprirebbe la strada a una condizione di pericolo costante anche per i cittadini, che potrebbero incappare in qualche “pallottola vagante” di giorno e di notte, al parco, come in spiaggia. “La pericolosità del Ddl caccia risiede – spiega l’avvocato Loprete – a mio parere nel rischio di minare la tutela della fauna selvatica e della biodiversità, con conseguenze negative per la sicurezza del Paese. Inoltre, potrebbe portare all’uso di migliaia di uccelli come richiami vivi, chiusi in gabbia, all’aumento delle specie cacciabili senza adeguate verifiche scientifiche e a un generale indebolimento delle tutele ambientali”.
Anche le sperimentazioni scientifiche su animali sono anacronistiche
Fortunatamente, secondo il legale della Leal il Ddl ha, però, poche possibilità di passare nel testo originario, perché contiene norme palesemente incostituzionali e contrarie alla normativa europea, quali l’articolo 9 della Costituzione, che tutela l’ambiente e la biodiversità, anche per le generazioni future. E mentre anche la Brambilla sottolinea la necessità che la tutela degli animali non riguardi solo gli animali da affezione, ma tutti gli animali e dichiari la volontà di dare battaglia alla caccia, il presidente di Leal, Gianmarco Prampolini è lapidario, contro la contraddizioni del nostro sistema giuridico: “Sono felice della legge Brambilla a tutela degli animali – dice Prampolini –, perché erano anni che attendevamo questa norma, ma non posso non sollevare la questione su altre forme di violenza che si vogliono imporre, in totale spregio della vita e dei diritti, degli animali e nostri. E’ tempo di agire in modo coerente e virtuoso, contro questa ferita mortale per la biodiversità inferta dal Ddl Lollobrigida. Come è tempo di rinunciare alla pratica ormai obsoleta della sperimentazione che non ha mai dato dati attendibili per la tutela della salute umana. E’ ora di guardare avanti e di finanziare tecnologie avanzate quali l’intelligenza artificiale e metodi sostitutivi. Invece, siamo qui a lottare contro un Ddl che mentre deregolamenta la caccia, sostiene che queste manovre sarebbero a tutela della biodiversità, una contraddizione in termini inaccettabile”.
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