La tensione in Medio Oriente continua a crescere dopo che Hamas ha esaltato un attacco alla stazione centrale degli autobus di Haifa, costato la vita a una persona e il ferimento di altre quattro. In risposta, Israele ha lanciato un’operazione militare su Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, colpendo obiettivi strategici sia via aerea che marittima e provocando la morte di due persone e il ferimento di altre tre. L’attacco a Haifa è stato condotto da un giovane druso israeliano, Jethro Shaheen, recentemente rientrato dall’estero e con presunti problemi psichiatrici. Secondo le autorità israeliane, il suo atto sarebbe stato isolato, ma Hamas ha colto l’occasione per definire l’attacco “un’eroica operazione di resistenza” che rappresenta una risposta diretta alle azioni di Israele nella Striscia di Gaza, confermando la propria intenzione di continuare le operazioni di attacco contro obiettivi israeliani.
A poche ore dall’attacco a Haifa, Israele ha risposto con un’operazione militare mirata su Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Secondo fonti palestinesi, i raid hanno coinvolto attacchi aerei ed elicotteri, oltre a bombardamenti di artiglieria su Jabalia, nel nord del territorio. Inoltre, navi israeliane hanno aperto il fuoco al largo della costa di Khan Younis, una delle aree designate come “zona umanitaria”, dove migliaia di sfollati palestinesi si sono rifugiati nelle ultime settimane.
Minacce di escalation

Questi attacchi segnano la fine della prima fase del cessate il fuoco, con i colloqui tra Israele e Hamas ancora bloccati. Il premier Benjamin Netanyahu ha avvertito che, se Hamas non rilascerà i 59 ostaggi ancora detenuti a Gaza, la risposta israeliana sarà ancora più dura, con il rischio di una “guerra totale”. Inoltre, Israele ha imposto il blocco degli aiuti umanitari alla Striscia, decisione che ha provocato dure reazioni da parte della comunità internazionale. Secondo fonti israeliane, il governo avrebbe elaborato un piano di “pressione massima” per costringere Hamas a cedere nei negoziati. Le misure previste includono: il trasferimento forzato della popolazione dal nord al sud di Gaza, un blackout totale dell’elettricità e la ripresa di bombardamenti su larga scala con armamenti pesanti. Israele accusa Hamas di non voler accettare la bozza dell’inviato speciale statunitense Steve Witkoff, che prevede il prolungamento della prima fase del cessate il fuoco durante il Ramadan, in cambio del rilascio della metà degli ostaggi ancora detenuti, vivi e morti. Tuttavia, Hamas ha rifiutato questa proposta, sostenendo che si tratta di un tentativo di evitare il negoziato sulla seconda fase, che prevedeva il ritiro delle forze israeliane da Gaza.
La reazione internazionale
La decisione israeliana di bloccare gli aiuti umanitari ha scatenato proteste a livello globale. L’ONU ha chiesto l’immediata ripresa dei rifornimenti di cibo e medicinali, mentre Hamas ha accusato Israele di usare la fame come arma di guerra. Tuttavia, il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar ha smentito il rischio di una crisi umanitaria, affermando che nei 42 giorni di tregua sono entrati nella Striscia 25.200 camion di aiuti, sufficienti per almeno quattro mesi. Nel frattempo, gli Stati Uniti continuano a sostenere Israele. Il presidente Donald Trump ha approvato l’invio di 4 miliardi di dollari in aiuti militari, con il segretario di Stato Marco Rubio che ha sottolineato l’importanza di “fornire a Israele gli strumenti necessari per portare a termine il lavoro”. La nuova amministrazione americana ha già autorizzato vendite militari per 12 miliardi di dollari a Israele, segnando un rafforzamento del legame tra Washington e Tel Aviv.
Summit della Lega Araba al Cairo
Mentre il conflitto si intensifica, i ministri degli Esteri della Lega Araba si sono riuniti al Cairo per discutere un piano di ricostruzione per Gaza. L’iniziativa egiziana punta a contrastare la proposta avanzata dall’amministrazione Trump di trasferire la popolazione palestinese fuori dalla Striscia e prenderne il controllo. Secondo il piano egiziano, Gaza verrebbe divisa in tre zone per il trasferimento temporaneo della popolazione, con l’afflusso di aiuti e l’istituzione di un’amministrazione palestinese ad interim, indipendente sia da Hamas che dall’Autorità Nazionale Palestinese. Nel frattempo, la popolazione civile di Gaza continua a pagare il prezzo più alto, tra attacchi, restrizioni e incertezza sul futuro.