“Tutti possiamo sbagliare. Tutti. Ma l’importante è rendersi conto dello sbaglio. Noi non siamo superman. E questo ci dà anche una certezza: che dobbiamo sempre correggerci”. Con queste parole rivolte ai giovani presenti allo stadio ‘Sir John Guise’, Papa Francesco ieri ha salutato Port Moresby, in Papua Nuova Guinea, per raggiungere la terza tappa del suo Viaggio Apostolico, Timor-Leste. Dopo il suo arrivo, nella sua prima uscita ufficiale nello stato asiatico, Bergoglio ha lanciato un appello alla pace. “Desidero ricordare e lodare il vostro impegno per giungere a una piena riconciliazione l’Indonesia – ha affermato – atteggiamento che ha trovato la sua fonte più pura negli insegnamenti del Vangelo”.
Un Paese giovane
Rivolto agli oltre diecimila presenti nello stadio di Port Moresby, il Pontefice ha parlato del tempo trascorso nello Stato insulare: “Sono felice di questi giorni trascorsi nel vostro Paese, un Paese giovane abitato da tanti giovani! Grazie per la vostra gioia, per come avete narrato la bellezza di Papua ‘dove l’oceano incontra il cielo, dove nascono i sogni e sorgono le sfide’; e soprattutto grazie perché avete lanciato a tutti un augurio importante: affrontare il futuro con sorrisi di speranza!”.
Una lingua che favorisca l’amicizia
In quello che è stato un vero e proprio botta e risposta con i ragazzi, il Vescovo di Roma ha più volte fatto domande incitando il pubblico a rispondere. Un pubblico che vive in un luogo dove si parlano più di 800 idiomi: “Davanti a queste differenze di lingue, che dividono, che disperdono, ci vuole una sola lingua che ci aiuti ad essere uniti. Ma io vi domando: qual è la lingua che favorisce l’amicizia, che abbatte i muri di divisione e che ci apra la via per entrare, tutti, in un abbraccio fraterno? Qual è questa lingua?”. All’esortazione del Papa un ragazzo ha risposto “amore”, al che Bergoglio ha osservato come “contro l’amore, cosa c’è? L’odio. Ma c’è anche una cosa forse più brutta dell’odio: l’indifferenza verso gli altri. Sapete che l’indifferenza è una cosa molto brutta, perché tu lasci gli altri sulla strada. L’indifferenza ha le radici dell’egoismo”.
Tutti possono cadere
Continuando il dialogo con i fedeli, Papa Francesco ha sottolineato come “nella vita tutti possiamo cadere. È importante non cadere? Sì, ma cosa è più importante? Non rimanere caduti. E se tu vedi un amico, un compagno, un’amica, che è caduto, che è caduta, cosa devi fare? Ridere di quello? Tu devi guardarlo e aiutarlo a rialzarsi. Pensate che noi soltanto in una situazione della vita possiamo guardare l’altro dall’alto in basso: per aiutarlo a sollevarsi”.
L’arrivo a Timor-Leste
Il Santo Padre, poi, dopo il saluto, con un volo di circa tre ore e mezza, è giunto a Dili, capitale di Timor-Leste, alle 14.20 (7.20 in Italia), all’aeroporto internazionale ‘Presidente Nicolau Lobato’. Al suo arrivo, il Papa è stato accolto dal Presidente della Repubblica, José Manuel Ramos-Horta, dal Primo Ministro, Xanana Gusmão, e dal nunzio apostolico Wojciech Załuski. Come da tradizione, due bambini in abiti tipici hanno dato il benvenuto al Pontefice: oltre a donargli dei fiori, gli hanno offerto una ‘tais’, la sciarpa tradizionale timorese, posandola attorno al collo del Sommo Pontefice.
I primi incontri
Dopo un breve riposo, nel pomeriggio il Pontefice ha lasciato la Nunziatura alle 17:30, ora locale, per partecipare al primo evento di questa tappa del viaggio: la cerimonia di benvenuto e una visita di cortesia al Capo di Stato. Successivamente, intorno alle 19:00 locali, ha partecipato a un incontro con le autorità politiche, diplomatiche e civili di Timor-Leste, durante il quale ha tenuto il suo primo discorso nel Paese. Ha espresso gratitudine per l’accoglienza ricevuta e ha riconosciuto il valore storico e culturale del Paese, punto di incontro tra Asia, Oceania ed Europa. Ha ricordato l’arrivo dei missionari europei, affermando che la fede cristiana “testimonia la propria vocazione universale e la capacità di armonizzarsi con le più diverse culture”.
Il discorso alle autorità
Riflettendo sul passato difficile di Timor-Leste, segnato da conflitti e violenze durante la lotta per l’indipendenza dall’Indonesia, il Papa ha lodato il popolo per aver mantenuto la speranza e per essere riuscito a risorgere: “Rendiamo grazie a Dio perché voi non avete perso la speranza”. Ha elogiato Timor-Leste per aver avviato un percorso di pace e sviluppo, migliorando le condizioni di vita e valorizzando le risorse naturali.
Un tema centrale del discorso è stato l’impegno della nazione nella riconciliazione con l’Indonesia. Ha elogiato i timoresi per il loro “impegno assiduo per giungere a una piena riconciliazione con i fratelli dell’Indonesia”, sottolineando che questo atteggiamento trova “a sua fonte prima e più pura negli insegnamenti del Vangelo”. Ha auspicato che la stessa volontà di pace possa prevalere anche in altre regioni del mondo, affermando che “la pace dell’unità è superiore al conflitto”.
Il Santo Padre ha infine incoraggiato Timor-Leste a continuare a rafforzare le proprie istituzioni democratiche e ha esortato il Paese a mantenere la fede come guida: “La fede continui a ispirare il vostro presente e il vostro futuro”, concludendo con lì augurando che la nazione possa crescere come “un Paese libero, democratico, solidale e gioioso, dove nessuno si senta escluso ed ognuno possa vivere in pace e dignità”.