domenica, 17 Novembre, 2024
Attualità

Il disagio giovanile e la terapia del volontariato

Intervista a Claudia Conte sul suo ultimo romanzo "La voce di Iside"

La tua scrittura appassionata e poetica è anche molto fertile. Hai pubblicato la silloge “Frammenti rubati al destino” e tre romanzi “Soffi vitali. Quando il cuore comincia a battere”, “Il vino e le rose. L’eterna sfida tra il bene e il male”, “La legge del cuore”. Le tematiche sociali sono al centro della tua vulcanica attività e anche della tua produzione letteraria. In questa tua ultima opera “La voce di Iside” c’è qualcosa in più rispetto agli altri romanzi. Chi è Iside?
Questo è un libro motivazionale, di formazione. È dedicato non solo ai giovani ma anche ai genitori. Tutti noi abbiamo il dovere di fare di più per le nuove generazioni, preoccuparci di trasmetterei i valori. I ragazzi sono in cerca di identità e di punti di riferimento per dare per dare un senso alla vita. La voce di Iside è un urlo rimasto in gola per molto tempo. I suoi turbamenti e le sue inquietudini sono quelle di un’intera generazione che ha bisogno di essere indagata, raccontata, ascoltata. Il disagio giovanile spesso sfocia in violenza. Lo abbiamo visto con gli stupri di Caivano, di Palermo, le baby gang di Milano. Oppure i giovani cercano di colmare i vuoti con le droghe o le affiliazioni alle organizzazioni criminali.

Scuola e famiglia sembrano depotenziate. Cosa può salvare i giovani?
Sicuramente la cultura e lo sport, che è un vero e proprio antidoto sociale. Ma quello che scopre Iside è il volontariato. Lei ci dà una soluzione non dal pulpito di un santone, di un teologo o da una setta religiosa. È una ragazzina di 18 anni che scopre che donare agli altri significa aiutare anche se stessi ad affrontare il disagio. Il volontariato fa capire che nessuno si salva da solo in un mondo pieno di odio e di violenza. Alleviare le sofferenze altrui è un grande aiuto che diamo a noi stessi.

Questo romanzo è un elogio del volontariato e della generosità. Come attivista sociale tu ne sai qualcosa…
Ho scoperto il volontariato in un momento in cui ero anch’io in cerca di identità. Ho superato quelle che mi sembravano insormontabili montagne grazie al volontariato, alla conoscenza della sofferenza vera. Perché se tu ti raffronti con bambini orfani, con profughi di guerra con migranti che sfidano la morte in cerca di una nuova vita, capisci quanto è piccolo quello che sta capitando a te.

Il volontariato in Italia andrebbe incentivato di più soprattutto nelle scuole medie superiori, magari con punteggi premiali per chi si dedica agli altri?
L’Italia è un paese di donatori e di volontari. Ci sono 330.000 realtà del Terzo settore quindi siamo un Paese che conosce il valore della solidarietà. Ma sicuramente bisogna far capire fin dai banchi di scuola il significato del volontariato che deve essere considerata un’attività formativa e non soltanto integrativa. Il volontariato è contagioso: una volta che intraprendi quel percorso te lo porti per tutta la vita. Questa è stata non solo la mia esperienza ma anche quella di tanti giovani che ho conosciuto in questi anni.

Il volontariato può essere anche una risposta all’isolamento reale che, paradossalmente, è il frutto dell’esasperata presenza virtuale nei social?
Si, certamente. Si tratta di un individualismo autistico pericoloso, enfatizzato dai social: parliamo solo di noi stessi e non ascoltiamo gli altri. Iside era diventata impermeabile alle emozioni, chiusa nella sua cameretta, convinta che lì ci fosse un mondo intero. Reprimeva le emozioni ma senza eliminarle. In questo modo ostacolava un percorso di crescita personale. Ma poi ha sperimentato il dolore, ha conosciuto la violenza e poi la liberazione attraverso il volontariato. È importante per i ragazzi l’educazione alle emozioni e ai sentimenti per avere un approccio equilibrato per il benessere poi psicologico.

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