lunedì, 25 Novembre, 2024
Esteri

Altri ostaggi liberi. La tregua regge. Continua la guerra psicologica

Netanyahu: torneremo alle armi

E’ finita la tregua, è già ripresa la guerra psicologica e oggi si deciderà se le armi riprendono a sparare o si attenderà fino a domenica. Israele non crede alla versione di Hamas secondo la quale i fratelli Bibas; il piccolo Kfir di 10 mesi e il fratello Ariel di 4 anni, e la loro madre, sarebbero morti nel corso di un bombardamento nel sud di Gaza. L’esercito sta “controllando la fondatezza” dell’annuncio e il portavoce militare Daniel Hagari ha fatto anche notare che “Hamas continua a comportarsi in maniera crudele e inumana”. Ieri è continuato il rilascio di altri dieci ostaggi israeliani contro detenuti palestinesi; l’ultimo previsto in questa prima fase mentre il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, vola a Tel Aviv per incontrare il governo di Israele per arrivare a un prolungamento della tregua:“ci concentreremo sul fare ciò che possiamo per prolungare la pausa in modo da continuare a liberare più ostaggi e far entrare più assistenza umanitaria”, ha detto Blinken partendo a Bruxelles dopo la riunione Nato. “Hamas ha scatenato un attacco terroristico – ha detto il Presidente degli Stati Uniti, Biden, – perché non teme altro che israeliani e palestinesi vivano fianco a fianco in pace”. “Continuare sulla strada del terrore, della violenza, degli omicidi e della guerra significa dare a Hamas ciò che cerca. Non possiamo farlo.”

Netanyahu: torneremo alla guerra

Ora si apre la partita del prolungamento della tregua. Netanyahu è in una posizione di fermezza e, infatti oggi dovrà chiarirsi con Blinken. Ieri alla domanda se dopo questa fase di rientro degli ostaggi Israele tornerà in guerra, il premier ha dato una risposta secca: ”inequivocabilmente sì.” “Non c’è possibilità che non si torni a combattere fino alla fine”, ha aggiunto, “questa è la mia politica, l’intero governo è a favore di questa posizione, i soldati e il popolo: ed è esattamente quello che faremo.” Già nei giorni scorsi l’unico spiraglio che si era aperto è quello di un prolungamento della tregua militare fino a domenica. Niente di più. Joshua Zarka, vicedirettore generale per gli affari strategici del ministero degli Esteri israeliano, si è anche spinto a dire che al momento Israele ha messo da parte le sue divergenze con il Qatar, per il suo ruolo di mediatore, ma al termine del conflitto “salderà i conti con Doha”, riferendosi al fatto che il Paese del Golfo ospita alcuni esponenti di spicco di Hamas e “legittima le sue azioni.” Insomma le tensioni sono tutt’altro che risolte. Un funzionario del governo israeliano ha dichiarato: ”Abbiamo un accordo. L’accordo riguarda i bambini e le donne. Conosciamo i nomi di tutti i bambini e di tutte le donne che si trovano nella Striscia di Gaza. Non accettiamo l’idea che Hamas non sappia dove si trovino, che abbia difficoltà a trovarli.”

Ci sono ancora 161 ostaggi

L’ufficio del Presidente Netanyahu calcola che rimangono almeno altri 161 ostaggi presi il 7 ottobre siano ancora a Gaza. Tra questi 146 sono israeliani (alcuni dei quali con doppia nazionalità), 15 stranieri e almeno quattro sono i minori sotto i 18 anni mentre nella lista figurano almeno 10 persone di oltre 75 anni. Finora sono stati rilasciati un totale di 86 ostaggi (di cui 66 israeliani): 60 israeliani nell’ambito dell’accordo con Hamas, alcuni dei quali hanno la doppia nazionalità, 20 stranieri e 4 donne rilasciate prima dell’accordo. I resti di due rapiti che sono stati uccisi sono stati localizzati dai soldati delle forze di difesa (Idf).

Portaerei USA verso coste iraniane

Che i rilasci non abbiano certo risolto lo stato delle cose lo dimostra anche il movimento della portaerei americana USS Dwight D. Eisenhower che ora si trova nelle acque del Golfo a largo delle coste iraniane e del Qatar. La portaerei ha varcato lo stretto di Hormuz domenica scorsa. Dallo scoppio della guerra in Medio Oriente lo scorso 7 ottobre, gli Stati Uniti hanno schierato due portaerei nella regione: la USS Gerald Ford, la più grande nave da guerra del mondo, che da ottobre si trova nel Mediterraneo al largo delle coste di Israele e la USS Dwight D. Eisenhower.

Guterres e Erdan, ancora polemiche

Nella Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese, che si è celebrata ieri, si commemorava il 75° anniversario dello sfollamento di massa dei palestinesi noto come “la Nakba” o “la Catastrofe”, evento che si è verificato durante la guerra arabo-israeliana del 1948. La commemorazione si è tenuta all’Onu. Il segretario generale Antonio Guterres ha detto, tra l’altro: “i palestinesi di Gaza stanno subendo una catastrofe umanitaria. Quasi 1,7 milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle loro case, ma senza un posto sicuro dove andare. Allo stesso tempo, nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, la situazione rischia di aggravarsi.” Guterres ha rimarcato di aver anche condannato “inequivocabilmente gli attentati terroristici perpetrati da Hamas, contro Israele,il 7 ottobre” e ha chiesto che si indaghi “con rigore” sui “numerosi casi di violenza sessuale durante gli attacchi” di Hamas. Mentre l’ambasciatore israeliano all’Onu, Gilad Erdan, ha ribattuto che è “scioccante la mancata condanna di Hamas del Consiglio di Sicurezza” e che dietro Hamas, con finanziamenti, armi e addestramenti, c’era e c’è l’Iran. In quella occasione, ha detto l’ambasciatore, è stato ucciso il maggior numero di ebrei in un solo giorno dall’Olocausto “eppure, incredibilmente, eccoci qui due mesi dopo, e i crimini selvaggi di Hamas non sono ancora stati condannati dal Consiglio di Sicurezza o da qualsiasi altro organismo delle Nazioni Unite.”

Tajani: serve mutuo riconoscimento

Il ministro e vicepremier italiano, Antonio Tajani, a margine dell’incontro tra ministri degli Esteri Nato ha dichiarato che “non è favorevole al riconoscimento unilaterale della Palestina. Riteniamo, invece, che debba trovarsi un accordo con Israele e con gli altri Paesi perché se si vuole la pace serve il mutuo riconoscimento da parte di Israele della Palestina e da parte della Palestina di Israele.” “Hamas deve essere sconfitta” – ha aggiunto Tajani – “e siamo anche pronti, qualora dovesse servire, ad iniziative delle Nazioni unite nella Striscia di Gaza. Invitiamo l’Iran ad abbassare i toni e Hezbollah a non continuare con attacchi che partono dal Libano verso il territorio di Israele.” Mentre l’ex Presidente del Consiglio, Mario Draghi, in una occasione pubblica, ha dichiarato che “l’Europa dovrà fare qualcosa di più, anzi molto di più” nel conflitto in Medio Oriente “anziché mettere solo denaro.”

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