lunedì, 16 Dicembre, 2024
Economia

Pmi da record. Osservatorio Export: artigiani del Made in Italy protagonisti sui mercati internazionali

Orgoglio artigiano, che tradotto in imprese significa produzioni di qualità, export, lavoro e una partecipazione attiva e concreto allo sforzo di crescita del Paese.
“Le piccole imprese non si arrendono mai. Qualcuno continua a dire che sono il problema dell’economia italiana e invece sono una risorsa molto preziosa”, sottolineato convito il presidente nazionale Confederazione nazionale degli artigiani, Dario Costantini, chiudendo la presentazione dell’Osservatorio Export della Confederazione realizzato dall’Area studi e ricerche. All’evento hanno partecipato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, presidente della Commissione attività produttive della Camera Alberto Gusmeroli, i presidenti di Ice Agenzia Matteo Zoppas e di Simest Pasquale Salzano, la vicepresidente Cna, Roberta Datteri.

Politica estera delle imprese

“Esiste una diplomazia della crescita che deve coinvolgere tutti gli imprenditori e che rientra a pieno titolo nella nostra politica estera”, spiega il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, “Perché la politica estera non si scrive solo negli uffici della Farnesina e nelle sedi diplomatiche, ma la scriviamo tutti quanti, tutti gli italiani che si adoperano per valorizzare il Paese”. “Il nostro governo sta moltiplicando”, sottolinea Tajani, “le occasioni di business per le imprese italiane sui mercati di tutto il mondo, dai Balcani al Nordafrica, dall’India alla regione del Pacifico e, a breve, alle Americhe. Occasioni che sono destinate a sostenere soprattutto i quattro milioni di piccole imprese che hanno bisogno di un’attività operativa del governo e delle amministrazioni pubbliche per riuscire a internazionalizzarsi e a esportare”.
“La nostra azione”, evidenzia il vicepremier, “mira a impedire la delocalizzazione favorendo l’internazionalizzazione e l’export e combattendo l’italian sounding. Ma sappiamo che in questa strategia complessiva si deve tenere conto prima di tutto delle piccole e medie imprese, perché le grandi sanno orientarsi da sole sui mercati mondiali. Quindi porte aperte nelle sedi diplomatiche, aiuti alla costituzione di consorzi dei ‘piccoli’, provvedimenti come l’apertura alle società non di capitale dei fondi messi a disposizione dalla legge 194/81, un’opera di affiancamento continua”.

Alleati di chi rischia

“Noi siamo al fianco di chi intraprende, rischia, ci mette la faccia, creando occupazione e ricchezza diffusa”, evidenzia Tajani, “e preferiamo aiutare gli imprenditori a creare lavoro e non spendere gli stessi soldi per mantenere le persone sul divano a casa elargendo reddito di cittadinanza. Gli aiuti vanno a chi non può lavorare, non a chi non vuole lavorare. Senza lavoro non c’è dignità né libertà, va insegnato ai giovani che anche il lavoro imprenditoriale è bello. Che il vostro successo è il successo dell’intero Paese”.

I successi italiani

I dati dell’Osservatorio export evidenziano il ruolo svolto dal sistema delle piccole imprese. Le Pmi della manifattura contribuiscono all’export complessivo del settore per una quota pari al 48,3% del totale (14,9% le piccole imprese, 33,4% le medie imprese). Stando ai dati Eurostat per il 2020 (che non coincidono esattamente con quelli Istat), infatti, “il 51,2% delle esportazioni manifatturiere italiane sono realizzate da imprese piccole e medie”, si legge nella relazione, “Grazie alle vendite all’estero realizzate dalle Pmi, l’Italia è la seconda economia europea per esportazioni manifatturiere dopo la Germania”. L’export di 112 mila imprese L’aggregato di micro e piccole imprese occupa più di un milione di addetti e realizza un valore delle esportazioni corrispondente al 20% circa dell’export manifatturiero. Attualmente in Italia sono circa 112 mila le imprese che realizzano almeno una parte del loro fatturato all’estero. Da tanti anni le esportazioni rappresentano l’aggregato di contabilità nazionale più dinamico, capace di trainare l’economia italiana sopperendo alla cronica debolezza della domanda interna. A fine 2022 le esportazioni italiane “registravano il recupero più corposo superando i livelli pre-pandemia di quasi otto punti percentuali (7,9%): un caso unico tra le grandi economie europee”.

Mercati e sostegno mirato

Per l’Osservatorio, è stata realizzata anche una indagine presso le imprese. Aiuto nella selezione e nella partecipazione agli eventi fieristici (20,4%), misure atte alla penetrazione in nuovi mercati (11,3%) e un accesso agevolato al credito per l’export (11,1%) sono le principali richieste delle imprese esportatrici per superare le criticità con cui si confrontano e avere più visibilità. Le imprese esportatrici chiedono un vero e proprio “sostegno mirato alle piccole dimensioni”, perché dichiarano di trovare “forte difficoltà ad individuare lavoratori con le competenze richieste (procedure doganali, partners commerciali e all’accesso alle misure di sostegno pubblico per l’internazionalizzazione).

Programmare gli investimenti

Roberta Datteri, vicepresidente nazionale Cna con delega internazionalizzazione, spiega i passi in avanti: “Avevamo bisogno di numeri per supportare quello che in realtà già sapevamo e questo è quello che fa questa indagine, che ci dà la possibilità di parlare delle necessità delle pmi per quanto riguarda l’export. Dallo studio emerge”, osserva la vicepresidente Cna, “che il 20% delle imprese ha già programmato investimenti futuri in materia di export e internazionalizzazione questo significa che attraverso gli incentivi noi riusciamo a creare delle leve e questi investimenti daranno effetti ampi e di crescita. Istituzioni, imprese e associazioni che le rappresentano hanno in comune tre obiettivi: ampliare la platea di imprese, consolidare e accrescere le quote di mercato di imprese che già esportano, sostenere le imprese che sono costrette per variabili esogene sono costrette a doversi riposizionare in altri mercati.

Il ruolo del Made in Italy

Matteo Zoppas sottolinea che “nel 2022 sui 600 miliardi di euro di fatturato di export, 125 miliardi è stato fatto dal 95% di artigiani e piccole imprese. Un numero che rappresenta il dna dell’esportazione italiano. Il marchio Made in Italy trasforma la nostra imprenditoria in prodotto di qualità e all’estero diventa segno di riconoscimento. Uno dei punti di forza dell’Ice sono le collettive, che forniscono alle imprese il seme per la crescita del proprio marchio, ma insieme le imprese costruiscono il marchio Made in Italy. Il nostro compito”, fa presente Zoppas, “è di informare e formare con una serie di strumenti e piattaforme le pmi a sviluppare il proprio export”

Il temporary export manager

“Noi puntiamo”, osserva Pasquale Salzano, presidente Simest, “su misure che mirano non solo a far crescere le piccole aziende in materia di export ma che possano accompagnarle nel percorso iniziale. Infatti, funzione determinante è la formazione. Per questo è nata la figura del temporary export manager che grazie agli studi di fattibilità fornisce alle imprese nozioni e strumenti prima che si immettano in un mercato estero. Altra misura dedicata alle micro imprese permette loro di poter accedere ai finanziamenti rientrando nel settore delle filiere. Questo”, evidenzia Salzano, “permette di affrontare in modo resiliente i mercati esteri che sempre più sollecitano trasformazioni in campo digitale e green”.

Il futuro da costruire

Alberto Gusmeroli, presidente Commissione Attività produttive della Camera invece rileva che “l’indagine sul Made in Italy per il disegno di legge che sarà al prossimo Consiglio dei ministri è importante perché ci permette di dare una strategia al Paese. Non possiamo più limitarci a ragionare sul contingente”, avverte infine Alberto Gusmeroli, “ma dobbiamo lavorare affinché chi vada all’estero sia messo nella condizione di penetrare i mercati. Si fa fatica ad unirsi a fare i consorzi e in questo Cna può essere un punto di riferimento per il mondo artigiano”.

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