domenica, 17 Novembre, 2024
Energia

Guerra e prezzi dell’energia. Gas, carbone e nucleare, le opzioni per imprese e famiglie

L’aggressione militare all’Ucraina, i rischi geo economici dell’import del gas russo, le fonti energetiche che costeranno sempre di più. L’impennata dei prezzi che compromettono la ripresa dell’Italia e mettono in ginocchio imprese e famiglie. Il tema energia torna ad accendere il dibattito economico e politico italiano. Le opzioni sono sul tavolo e, al di là di posizioni preconcette, sono tutte evocate e praticabili, dal carbone, al nucleare pulito, fino ai nuovi termo valorizzatori per creare energia. Una prima mossa è stata fatta dal premier Mario Draghi che ha sottolineato in Parlamento la necessità di riattivare la produzione delle centrali di carbone per compensare l’eventuale calo delle importazioni di gas dalla Russia. Il carbone – solo il 5% come fonte di energia – servirà a calmierare in modo rapido i costi del gas per ridurre il caro bollette.

Il no degli ambientalisti

L’ipotesi ha subito suscitato la netta contrapposizione di Legambiente, Wwf e Greenpeace Italia che contestano l’idea. “Di fronte all’aumento esponenziale dei prezzi del gas, alla guerra e ai possibili problemi di approvvigionamento, occorre reagire in modo strutturale e non con soluzioni a volte false, a volte inammissibili, a volte facili (forse), ma che sicuramente rischiano di perpetuare i problemi e non risolverli”.

Salvezza carbone

Destinate allo spegnimento o conversione le sette centrali a carbone presenti in Italia sono oggi considerate un’ancora di salvezza. A crederci come possibilità più pratica e rapida è il premier Draghi, “potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone”, spiega, “per colmare eventuali mancanze nell’immediato”. Delle sette centrali cinque sono dell’Enel, l’unica spenta, è la centrale termoelettrica Eugenio Montale di La Spezia. Le altre due fanno riferimento al gruppo Ep produzione e all’azienda A2a. Altre centrali Enel sono operative nel Lazio, c’è la Centrale Torrevaldaliga Nord, che funziona con un impianto termoelettrico alimentato a carbone e ha una capacità di 1980 mw. In Sardegna c’è la centrale Grazia Deledda di Portovesme, con una potenza di 480 mw. I sette impianti sono distribuiti tra Sardegna, Lazio, Puglia, Liguria,  Friuli Venezia Giulia e Veneto.

Nucleare nuova opzione

La crisi fa tornare di attualità il tema del nucleare. Argomento che si ripropone anche alle luce delle nuove tecnologie che fanno sperare in tempi brevi che ci sia la possibilità di realizzare impianti con rischi bassi e capacità elevate. Le ipotesi avevano suscitato una levata di scudi ideologica tanto che il ministro per la transizione ecologica Cingolani ha dovuto fare una rapida marcia indietro. Ora a rilanciare il nucleare e lo studio di nuovi è l’economista Carlo Cottarelli che spiega: “Credo che rinunciare sia stato uno sbaglio, soprattutto fermare la ricerca che negli altri Paesi è andata avanti”. L’economista ricorda i tanti divieti che hanno poi bloccato anche il “gasdotto Tap, che è stato contestato a lungo, per le energie rinnovabili frenate dalla burocrazia, per tutti i paletti che sono stati messi al fotovoltaico”. Infine Cottarelli lancia una sollecitazione, quella di decidere che strada il Paese e la politica vuole intraprendere. Con una considerazione condivisibile. “Decidiamoci, se vogliamo andare tutti a piedi siamo liberissimi di farlo”.

Il gas, riattivare i giacimenti

Dieci anni l’Italia produceva 17 miliardi di metri cubi di gas, oggi meno di 4 miliardi. A sottolineare la necessità di un aumento di produzione è Maurizio De Pascale, esponente di Confindustria. “Abbiamo rinunciato in favore di Russia e altri paesi e rinunciato a una politica industriale”, osserva De Pascale, “oggi, questa malaugurata, incredibile e inaccettabile guerra, ci ha messo di fronte alla realtà. E questo fa sì che si riparli di autonomia energetica dell’Italia”. “È chiaro che la fase immediata deve passare per uno stress dei nostri giacimenti di gas siciliani e poi del carbone. D’altronde” conclude De Pascale, “mi risulta che anche in Germania si stia cercando di incrementare questa produzione proprio per fronteggiare l’emergenza”.

Il prezzo da pagare

La settimana si aprirà all’insegna delle oscillazioni dei prezzi e saranno verso l’alto. Il conflitto Russo-Ucraino peserà sulle forniture di gas e sui prezzi. Il tempo stringe gli autotrasportatori minacciano contro il caro gasolio il blocco dei trasporti, i pescatori sono scesi in piazza con gli agricoltori. Le Associazioni di categoria moltiplicano gli appelli contro il caro energia chiedendo sostegni per le imprese. I rincari scuotono i consumatori e fanno salire le richieste di intervento del governo. Tra i prossimi calcoli anche il prezzo economico da pagare per la guerra: se i prezzi restassero al livello raggiunto all’inizio dell’invasione dell’Ucraina, per il 2022 la stima è di una spesa aggiuntiva di 66 miliardi di euro, e il 3,5% del Pil.

Benzina e gasolio nuovi aumenti

La rilevazione del Mite di fine febbraio illustra che la benzina è a 1,85 e il gasolio a 1,72 euro al litro. Negli ultimi giorni, però, sulla rete ci sono stati nuovi ritocchi: venerdì scorso Quotidiano energia fissava la “verde” in modalità self a 1,861 euro al litro, il diesel a 1,734. Sul servito a 2,088 euro e 1,87″. I calcoli sono presto fatti, 400 euro in più a famiglia. Poi c’è luce e gas. “In termini di effetti finali”, rivela l’Autorità per l’energia Arera, “per la bolletta elettrica la spesa per la famiglia-tipo nell’anno scorrevole (compreso tra il 1 aprile 2021 e il 31 marzo 2022) sarà di circa 823 euro, con una variazione del +68%”.

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