domenica, 17 Novembre, 2024
Economia

Brexit, quo vadis? 

Il premio per la frase del giorno va a Peter Bone, deputato conservatore tra i più ferventi sostenitori della Brexit che, sconfitto nella votazione per l’emendamento che avrebbe poi rimandato il voto sul nuovo accordo e intervistato a caldo dalla BBC, ha esclamato: “Sono stufo! È stata una completa perdita di tempo. E ha rovinato il mio compleanno perché oggi è il mio compleanno. E io avrei dovuto essere altrove a mangiare la mia torta.” Apriti cielo. Su Twitter si è scatenata la tempesta e qualcuno si è chiesto: “Ma perché alla sua età ancora festeggia?” 

Non prendersi sul serio, si sa, è un caposaldo del modo di essere inglese. Forse, anche per questo, un ortodosso come Jacob Rees-Mogg, che invece sul serio si prende pure fin troppo e che aveva definito l’accordo firmato da Boris qualche giorno prima “una delizia culinaria”, ha dovuto chiedere l’aiuto della scorta per lasciare Westminster dove il milione di manifestanti accorsi in Parliament Square gli urlava contro “Sei una disgrazia!” mentre dall’altro qualcun altro replicava con un “No-deal Brexit”. Segno dei tempi. 

L’emendamento Letwin

L’emendamento del deputato di scuola thactheriana Oliver Letwin è stato il granello di sabbia che ha fatto inceppare l’ingranaggio e rovinato i piani per un glorioso sabato pomeriggio, anticipato di mattina dalla bellissima vittoria dell’Inghilterra di rugby sull’Australia nei quarti di finale della coppa del mondo in corso in Giappone. 

Sabato, infatti, si sarebbe dovuto tenere un voto storico, quello per il via libera al nuovo accordo sulla Brexit raggiunto da Boris e soci con l’Unione Europea. Funereo in volto, il Presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, aveva commentato in quell’occasione: “Sono felice perché si sia trovata un’intesa, ma sono triste per la Brexit”. Quindi non restava che votarlo, questo new deal, e sancire in un Parlamento convocato in via straordinaria di sabato per la prima volta dal 1972, quando l’Argentina invadeva le isole Falklands, l’inizio di una nuova era per i sudditi di sua Maestà. 

Invece, “il sabotatore” Letwin ha mandato tutto all’aria motivando la sua come una “polizza assicurativa” contro i potenziali rischi di un no-deal nel processo di transizione durante il quale si devono scrivere tutte le leggi connesse all’accordo. Con questa mossa, invece, il Parlamento deve prima presentare la legislazione necessaria e poi potrà votare per l’addio all’Europa. 

La lettera a Bruxelles

Inoltre, attivando il Benn Act, in precedenza approvato dal Parlamento per evitare un addio senza accordo, ha chiuso Boris nell’angolo dovendo questi, per legge, inviare in veste di primo ministro una richiesta formale di estensione all’Europa. 

“Non negozierò alcun rinvio con l’Unione Europea e preparerò tutte le leggi necessarie la prossima settimana”, ha tuonato in aula furioso nei minuti successivi alla proclamazione dell’esito del voto sull’emendamento Letwin, una partita persa per soli 16 voti, 322 a 306, l’ennesima umiliazione nei suoi meno di 100 giorni al timone di un governo che manca di fatto di una maggioranza e per mano di uno dei deputati allontanati dal partito per non aver sposato la sua linea, confermando la guerra senza fine in casa Tory. 

Il leader del principale partito d’opposizione, il laburista Jeremy Corbyn, gli ha suggerito di non scherzare con il fuoco e, nello schierarsi per la prima volta a favore di un secondo referendum, gli ha ricordato che avrebbe dovuto “obbedire alla legge” e quindi scrivere ai colleghi d’oltremanica per richiedere un’estensione.

Così, il “Super Saturday”, il giorno in cui si sarebbe dovuto votare per il New Brexit Deal, il giorno in cui erano previsti i fuochi d’artificio, ha finito invece con il vedere un refrattario Johnson inviare, obtorto collo, una missiva non firmata a Bruxelles. 

A sua volta, il Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, ha reso noto di aver ricevuto e di prendersi qualche giorno di tempo per consultarsi con gli altri 27 Paesi, tra i quali la Francia di Macron che ha da subito assunto una linea dura sostenendo come  “ulteriori ritardi non giovino a nessuno”. 

La vendetta del DUP 

Nel frattempo, Jacob Rees-Mogg ha annunciato la possibilità di un altro voto la prossima settimana sul quale il dimissionario speaker della Camera, John Berkow, dovrá esprimersi presto. In uno stato di cose che un’appassionata Theresa May ha definito un “deja-vu”, il ruolo giocato dal DUP è stato determinante. 

Gettati a mare da Boris in fase negoziale con l’Unione, lo stesso in cui il Primo Ministro inglese vorrebbe di fatto stabilire il confine tra UK e UE, il partito unionista nord-irlandese non solo ha dichiarato che non voterà mai per il nuovo accordo, ma nel sostenere l’emendamento Letwin ha ricordato che sosterrà anche un secondo referendum. 

Cosa succede adesso? Ah, saperlo… Intanto, ironia della sorte, l’Inghilterra si ritrova con il più attivo fronte pro-Europa dell’Unione.  

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