Il 13 settembre prossimo, in occasione della celebrazione per l’inizio del nuovo Anno, sarà presentata la nuova Lettera pastorale del Cardinale Sepe sulla sesta opera di misericordia corporale: “Visitare i Carcerati”.
Il pastore della Chiesa napoletana, con estrema lucidità, prende le mosse dall’approccio della gente comune, poco avvezza finanche a parlare di questo mondo quasi come se non esistesse: vi è “la diffusa convinzione che chi si è macchiato di un delitto debba pagare le conseguenze della sua condotta e marcire in galera”.
Questa impostazione, contraria alla Carta del 1948, non tiene conto del fatto che “oggi la popolazione carceraria è formata in gran parte da poveri disgraziati e reietti, che non hanno le risorse necessarie per difendersi adeguatamente. Sono sconfitti dalla vita prima di essere delinquenti”.
Se a questo si aggiungono le condizioni disumane del carcere si crea un mix esplosivo fatto di “sete di rivalsa” e “sordo rancore per la società”. “La giustizia – spiega l’ex collaboratore di San Giovanni Paolo II, citando l’episodio dell’adultera e del tentativo di lapidazione, scongiurato da Gesù con la celebre sentenza “chi è senza peccato scagli la prima pietra” (Gv 8,7) – non consiste semplicemente nel punire i colpevoli. Occorre prendersi cura di loro, creando opportune strutture di prevenzione, mettendo in atto incisive forme di vicinanza e di ascolto”.
Visto il clima che si respira i la Lettera pastorale potrebbe innescare qualche polemica. Ma, è bene rimarcarlo a scanso di equivoci, il pastore della seconda Diocesi d’Italia non ha invaso un campo riservato ad altri protagonisti della vita pubblica, né si tratta di un “buonista”: “Il carcere – scrive – è chiesa, perché casa dell’uomo e casa di Dio! È il dolore che rende sacro quello spazio, come rese sacro il colle del Calvario, dove fu eretta la Croce di Cristo, dove sulla Terra fu sparso il sangue del figlio dell’Uomo”.
Di qui la scelta di caratterizzare ancora di più l’impegno della Diocesi in questa direzione, non solo attraverso il Centro di Pastorale Carceraria, organizzato per accogliere detenuti in affido e offrire a loro la possibilità di imparare mestieri di artigianato da esercitare una volta rientrati nella vita sociale”, ma anche mediante alcune altre iniziative concrete: provvedere ad un’anagrafe dei reclusi della propria zona pastorale; adottare un detenuto e la sua famiglia, anche di un’altra parrocchia: coinvolgere i detenuti stessi nell’attività di evangelizzazione e di sostegno; sviluppare un piano decanale d’insieme con istituzioni, associazioni, privati disponibili”.