venerdì, 29 Marzo, 2024
Società

Caritas italiana. 50 anni al servizio  dei più fragili. L’intuizione di Paolo VI

Cinquanta anni a servizio dei più fragili, degli ultimi, dei poveri. Un sostegno del dialogo, della pace, del rispetto tra persone, tra uomini e donne, tra gli Stati e le creature del creato. Sono i 50 anni della Caritas italiana che nasceva il 2 luglio 1971, – come organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, l’unione permanente dei vescovi cattolici in Italia – negli stessi anni in cui veniva pubblicato il documento di base della catechesi, promulgato il nuovo Messale romano, approvata la traduzione italiana della Bibbia.
La Caritas prese il via per volere di Paolo VI e per opera di Giovanni Nervo nello spirito del rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II.

“Scelte legate che hanno caratterizzato il cammino della Chiesa italiana  – soprattutto con gli approfondimenti legati ai piani pastorali decennali – e che tuttora in modo rinnovato devono qualificarlo”, ricorda il documento della Caritas.

 

L’inclusione sociale dei poveri

La ricorrenza cade in un momento caratterizzato dalla pandemia, che, oltre a “metterci tutti a dura prova, sta davvero cambiando il mondo e accelerando quel cambio d’epoca, più volte segnalato da Papa Francesco, in cui ci troviamo anche specificamente come Chiesa italiana, pure se ne vediamo con fatica i contorni”, scrive l’Associazione.

Papa Francesco, per i militanti e sostenitori della Caritas ha indicato una bussola con il discorso alla Chiesa italiana in cui soprattutto riproponeva con forza due impegni decisivi per la Chiesa e per la Caritas: “L’inclusione sociale dei poveri, che hanno un posto privilegiato nel popolo di Dio, e la capacità di incontro e di dialogo per favorire l’amicizia sociale nel vostro Paese, cercando il bene comune”.

Di recente l’idea di Papa Francesco è tornata ad indicare anche lo strumento per attuare oggi il Concilio in questo cambio di epoca: il sinodo della Chiesa italiana: “Nel Convegno di Firenze c’è proprio l’intuizione della strada da fare in questo Sinodo. Adesso, riprenderlo: è il momento. E incominciare a camminare”, sottolinea l’Associazione di volontariato cattolico.

Come la Caritas si inserirà nel cammino sinodale? Come contribuirà a delinearlo e poi ad attuarlo in sinergia con le altre dimensioni pastorali della Chiesa?

 

Nuovi obbiettivi

Dentro questo interrogativi, infatti, si inserisce il percorso biennale che ha preso il via nell’ottobre 2019 e che è stato pensato inclusivo e coinvolgente di tutti gli organi e livelli di azione della Caritas: Presidenza, Consiglio nazionale, Gruppi nazionali, Delegazioni regionali, Caritas diocesane e personale di Caritas Italiana. Un cammino progressivo per rispondere, con metodo fortemente partecipativo, alle nuove sfide, in forme “consone ai tempi e ai bisogni”. “Si tratta in altri termini di far emergere la capacità di Caritas Italiana”, propone il sodalizio cattolico, “di cogliere le tendenze culturali, sociali e politiche, innervandole di Vangelo in modalità creativa e di confine, e in qualche modo anticipatoria. Tutto questo impone una ragionevole verifica della proposta pastorale e della funzione pedagogica della Caritas rispetto al territorio e ai contesti mutati. In altre parole una verifica del lavoro svolto da Caritas”. Un progetto che vuole proiettarsi fuori i confini della persona, della stessa associazione per proporsi in Italia, nella Chiesa e nel mondo, “provando a leggere”, conclude la nota, “le sfide contemporanee alla luce del proprio mandato ecclesiale, per declinarlo nel tempo attuale e prossimo futuro”.

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