giovedì, 28 Marzo, 2024
Il Cittadino

Più probabile che non

Le evoluzioni dei dati dell’epidemia – sui quali, mi sembra di avere capito, non c’è certezza neppure in chi li comunica -, grazie al meccanismo introdotto dall’ultimo dpcm, hanno dirette ed immediate conseguenze sulla colorazione “virologica” delle Regioni.

Si è tentato, in questo modo, di dare una sorta di oggettività a provvedimenti sgraditi e mal tollerati da una buona parte della popolazione, più disposta a confrontarsi col coronavirus lavorando, che restando a casa, inerte e senza reddito.

Il governo, stabilendo questa sorta di criterio legato ai dati, ha voluto affermare una sua mancanza di discrezionalità nelle decisioni, e, quindi, una sua deresponsabilizzazione,.

Certamente preoccupato più dell’ordine pubblico, seriamente in pericolo in molte parti d’Italia, e che a Napoli in particolare, rischiava di sfociare in una autentica spontanea rivolta popolare. Come ha prontamente capito il Presidente De Luca, che ha trasformato le sue esternazioni del venerdì – che ormai superano i confini campani e sono un seguitissimo programma nazionale – in una sceneggiata con tanto di copione, che narra i contrasti, i dispetti, gli errori e le malefatte di isso (il Governo), issa (la regione Campania) e o’ malamente (il sindaco de Magistris).

Anche in Calabria si è rischiata una rivolta dopo la morte di Jole Santelli, essendo emersi i limiti del Commissario Cotticelli e le originalità del compagno Dott. Zuccatelli. Ne abbiamo già parlato e non aggiungiamo nulla, se non segnalare uno strepitoso Crozza, interprete in contemporanea dei due commissari e di Nino Sperlì, vicepresidente reggente della Regione.

Probabilmente il senso del ridicolo così emerso ha avuto la funzione benefica di calmare gli animi, imponendo – specie ai popoli meridionali più abituati a ciò – la rassegnazione.

Sentimento determinato più dalla insipienza delle persone che avrebbero dovuto amministrare la società o settori di essa – su tutti la sanità, la scuola, la giustizia, i trasporti – che dalla coscienza della gravità dell’epidemia.

Messi in soffitta, dalla sensibilità popolare, i santoni del Comitato Tecnico Scientifico che in dieci mesi hanno predicato tutto e il contrario di tutto, è, infatti, emersa una piena consapevolezza e fiducia verso la medicina come scienza che ha trovato cure già efficaci, che sta raffinando ogni giorno; e gratitudine verso i medici che, con abnegazione e pericolo, si sono prodigati per noi.

L’Italia è stata il primo Paese occidentale a predisporre misure drastiche e sospensive di libertà e diritti irrinunciabili, pur tuttavia rischia di arrivare ultima.

Non per colpa della incoscienza della gente, come insinua chi sta prendendo giorno dopo giorno consapevolezza del fallimento delle inutili misure prese: perché il popolo italiano, nella sua stragrande maggioranza, ha seguito pedissequamente le prescrizioni imposte dalle migliaia (dato incredibile, ma reale) di provvedimenti succedutisi da gennaio ad oggi: le trasgressioni alle disposizioni sono state minime, forse neppure da parte del 2% della popolazione (ciò che significa che il 98% ha obbedito: dato che farebbe invidia perfino a uno Stato dittatoriale).

Insomma si è andati in discoteca quando hanno permesso di andare in discoteca, al bar nelle ore e nei giorni concessi, si è fatta fare la pipì al cane vicino al portone di casa.

Non si è capito, però, che nessun divieto, nessuna limitazione, avrebbe potuto fermare la vita: abbiamo continuato a vivere, sia pure con prudenza e sia pure in maschera. Ciò è bastato perché il virus non si fermasse, colpendo – a riprova della sua forza – addirittura molti medici, nonostante le cautele doppie da loro adottate.

Ora è inutile chiedersi perché in Cina il virus sia scomparso e giovedì si sia giocata una partita di calcio con decine di migliaia di spettatori senza mascherina; o perché in Germania si muoia meno. I conti si faranno alla fine e con dati verificati e verificabili.

È certo che in quei Paesi (e in molti altri), la chiusura non è stato il rimedio, ma una misura eccezionale e temporanea (addirittura in Cina più breve della nostra), e che si siano attuate altre misure che alla fine hanno fatto la differenza.

Forte il sospetto che non si siano preoccupati di monopattini e di banchi con le ruote, ma di ospedali, tamponi, tracciamento e tempestività nelle cure.

Se dovessi applicare alla situazione il principio giuridico del “più probabile che non” direi che a Natale, per non sbagliare, ci chiuderanno tutti.

Ciò che confermerebbe anche che quel principio piace soltanto a chi vince la causa.

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Covid, Fontana: “In Lombardia contagi crescono, ma non i ricoveri”

Redazione

Mattarella “La Torre e Di Salvo esempio di impegno civile”

Redazione

Genova, crolla parte di un palazzo. 25 sfollati

Redazione

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.