mercoledì, 8 Maggio, 2024
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Covid, Tarro su Crisanti: “Fare tamponi non aiuta. Gli asintomatici non sono un problema, cosa serve”

Il governo ha incaricato il professor Andrea Crisanti, direttore di Microbiologia dell’Università di Padova, di predisporre un Piano nazionale di Sorveglianza contro il Covid-19, presentato dallo stesso medico, che ora è all’esame del Ministero della Salute e del Comitato tecnico scientifico. Prevede una spesa iniziale di 40 milioni di euro, più 1,5 milioni al giorno per la gestione con l’obiettivo di arrivare a fare 300 mila tamponi giornalieri attraverso l’apertura di venti nuovi laboratori in ogni regione in grado di arrivare a circa 10mila tamponi al giorno. Per Crisanti questo passaggio è essenziale per scovare gli asintomatici, convivere con il virus e soprattutto permettere la riapertura delle scuole in sicurezza. Ma c’è chi esprime dubbi sull’efficacia del piano proposto da Crisanti e accolto dal governo. Ne abbiamo parlato con Giulio Tarro allievo di Albert Sabin e in questi mesi spesso voce critica e controcorrente rispetto alle decisioni del Comitato tecnico scientifico.

C’è chi non apprezza la scelta di Crisanti per realizzare il Piano di sorveglianza anti-Covid contestando soprattutto il fatto che non è un virologo come da lui stesso ammesso. Secondo lei si tratta della persona giusta?
“Non mi piace dare giudizi sulle persone, preferisco giudicare i fatti indipendentemente dalla circostanza che uno possa o meno essere un virologo. Devo dire che nei mesi passati si è guadagnato dei meriti come consulente della Regione Veneto. Pur avendo il Veneto la metà degli abitanti della Lombardia, grazie a Crisanti è riuscito a fare lo stesso numero di tamponi. Questo è stato sicuramente positivo allora per monitorare l’andamento del virus e prevenire nuovi focolai”.

Oggi Crisanti propone almeno 300mila tamponi al giorno con l’apertura di venti laboratori in ogni regione gestiti a livello centrale. E’ d’accordo?
“No, non sono d’accordo perché la situazione è molto diversa rispetto a quella che abbiamo vissuto a marzo.  Da noi l’emergenza è finita e quella che stiamo vivendo è la fase della cosiddetta immunità di gregge. I numeri che si danno ogni giorno nei telegiornali rischiano di essere fuorvianti. Il problema oggi è rappresentato dalle frontiere, è lì che andrebbero fatti i maggiori controlli visto che il virus arriva da fuori. Fare i tamponi di massa avrebbe scarsa utilità dal punto di vista diagnostico, anche perché molti dei contagiati in realtà non sono più soggetti infettanti specie ora che la carica virale ha perso potenza. Tenga conto poi che l’inventore stesso del tampone, ossia il premio nobel Kary Mullis, dichiarò che non era efficace per diagnosticare malattie infettive. Utile sì, ma non essenziale”.

Gli asintomatici quindi non rappresentano un reale problema?
“No, tenga conto che in questo momento quello che viene definito come aumento dei contagi, altro non è che la conseguenza dell’inevitabile immunità di gregge. Chi ha avuto già il virus ha maturato gli anticorpi, mentre chi non lo ha incontrato prima oggi può risultare positivo”.

Il 14 settembre riaprono le scuole e lo stesso Crisanti ha detto che se non si aumentano i tamponi c’è il concreto rischio che non si possa tornare sui banchi. Lei sostiene che i tamponi in realtà servono a poco. Allora, che occorre fare??
“Ciò che conta di più oggi è andare a scoprire se il soggetto ha maturato o no gli anticorpi per difendersi dal virus. Un test di questo tipo sarebbe molto più significativo e utile del tampone nel fare prevenzione. Si tratterebbe di comportarsi come avviene normalmente per tutte le malattie infettive, andando a scoprire se ci sono o meno gli anticorpi nel sangue. Del resto è stata l’Organizzazione mondiale della Sanità a dire che gli asintomatici raramente possono infettare. Quindi prima di andare a cercare questi andiamo a vedere chi ha gli anticorpi e chi ne è sprovvisto e dunque a rischio”.

Intanto la comunità scientifica è divisa sul vaccino antinfluenzale. C’è chi dice che va fatto per evitare che il Covid possa confondersi con altri tipi di influenza. È davvero così?
“Io non sono contro i vaccini, ma in questo caso non mi sento proprio di consigliare questa soluzione. Ci sono studi, come quello del Pentagono, che ha dimostrato come proprio la vaccinazione antinfluenzale di massa abbia provocato un aumento della possibilità di contrarre il Covid del 36%. C’è chi dice che quello studio in realtà non ha nessun valore ma è un dato di fatto come i casi di coronavirus a marzo abbiano visto un’impennata proprio nelle zone della Lombardia dove c’era stata una vaccinazione antinfluenzale molto elevata. Quindi in assenza di certezze scientifiche ci andrei cauto prima di consigliare la corsa al vaccino”.

Il presidente Trump negli Usa ha rilanciato la cura del plasma attraverso l’estrazione degli anticorpi dal sangue delle persone guarite dal coronavirus. La comunità scientifica ha messo in dubbio l’efficacia del trattamento. Lei che ne pensa?
“Che ha ragione Trump e che fanno bene ad utilizzare questa cura anche come profilassi. Questa è sempre stata la strada giusta, lo dicevo in tempi non sospetti, ne parlai già a gennaio evidenziando come il plasma fosse stato utilissimo nel contrastare la sindrome respiratoria medio-orientale, la temutissima Mers con un’alta mortalità. In quel caso si rivelò la scelta vincente. Assurdo dire che la cura non sarebbe efficace a causa dei rischi legati alle trasfusioni, quando questo problema è risolto ormai dal 1992 quando è stata fatta la legge che garantisce la totale sicurezza delle trasfusioni, rimuovendo tutti i problemi che potevano presentarsi in precedenza”.

(Lo_Speciale)

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