venerdì, 19 Aprile, 2024
Società

Coronavirus e garanzie costituzionali della famiglia

È d’obbligo premettere, benché ormai possa sembrare superfluo, che l’epidemia da coronavirus ha rivoluzionato e cambiato ordine di priorità a tutte le nostre regole di vita quotidiana, sopprimendone alcune e facendone comprimere altre, di fronte al bene primario della vita da tutelare ad ogni costo, sia come singolo e sia come componente della società.

È anche noto a tutti che la famiglia è la cellula più piccola della società moderna, costituita di fatto o giuridicamente attraverso il legame col matrimonio tra marito e moglie, come prevede l’articolo 143 del codice civile, sancendo diritti e doveri reciproci ed inderogabili dei coniugi, sulla base di quanto è disposto nell’articolo 29 della nostra Carta costituzionale che, al primo comma, così afferma:

“La repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.

Il successivo articolo 147 del codice civile contempla i doveri verso i figli, per ambedue i coniugi a seguito del matrimonio, consistenti nell’obbligo di mantenerli, istruirli ed educarli, sulla base di quanto disposto nell’articolo 30 della citata Carta costituzionale che, al primo comma, così afferma:

“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.”

Quanto sopra detto è, altresì, premessa al ragionamento che segue, circa gli effetti di ricadute negative per oltre sei mesi, in conseguenza della necessaria restrizione di libertà di ogni tipo, lavoro in primis, su cui è fondata la nostra Repubblica democratica (articolo 1), che il Governo ha dovuto adottare.

Mentre i lavoratori e lavoratrici a reddito fisso, compreso tutti quelli che hanno potuto svolgere attività lavorativa in “Smart working” hanno continuato ad usufruire regolarmente delle retribuzioni periodiche loro spettanti, tutti gli altri lavoratori e lavoratrici dipendenti si sono trovati senza retribuzione, con i conseguenti gravi disagi per loro e per le rispettive famiglie, molte delle quali hanno evidenziato momenti di sconforto e di disperazione.

I nostri padri costituenti hanno, però, previsto anche questi disagi, come sarà detto, ma il legislatore non è riuscito a colmare con adeguate norme e relative risorse da cui attingere con un certo automatismo.

Tanti politici, parlamentari compresi, ed altre categorie non effettivamente bisognose, non ne avrebbero tratto vantaggio, come nei giorni scorsi è emerso.

Negli articoli 36 e 37 della costituzione sono indicate, espressamente, tutele e garanzie per i lavoratori e le lavoratrici, andando anche oltre qualsiasi aspettativa e forma di tutela delle due figure e delle rispettive famiglie.

L’articolo 36 così recita:

“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se’ e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

Sembra che voglia affermare che la retribuzione debba comunque tener conto del numero dei componenti la famiglia e, probabilmente, spera ancora che vi siano mogli desiderose di esercitare il ruolo di madre a tempo pieno per proteggere la prole, specie in tenerissima età, non ancora vincolata alla scuola dell’obbligo.

Il successivo articolo 37, in effetti, afferma che:

“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.”

Analizzando e confrontando i due principi costituzionali sopra riportati emergono tante lacune ed omissioni sotto vari profili del legislatore che avrebbe potuto offrire una vita migliore al lavoratore ed alla donna lavoratrice che, in qualità di moglie e di madre, ha il diritto/dovere di svolgere funzioni e ruoli non necessariamente da delegare.

Per le persone meno fortunate, il costituente, nell’articolo 38, afferma:

“Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.

L’assistenza privata è libera”.

Sono passati oltre 70 anni e tali principi costituzionali non hanno trovato un armonico, coordinato e compiuto assetto normativo ed Organi adeguati per l’attuazione.

Quasi certamente l’epidemia da coronavirus avrebbe prodotto molto meno danni, con pochi disagi economici e psicologici in una società che fatica a riprendersi ed a credere nelle istituzioni ed in quella classe politica rivelatasi insensibile verso le persone bisognose che rappresenta.

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