sabato, 20 Aprile, 2024
Attualità

Il retroscena. È giornalismo?

Tra le regole base del giornalismo c’è la distinzione tra fatti e opinioni: chi legge un testo deve sapere se esso riferisce ciò che è successo o se invece riporta il pensiero del giornalista.

Non sempre questo si verifica, soprattutto nell’informazione politica, e ciò contribuisce a confondere le idee dei lettori e a far perdere prestigio, autorevolezza e copie ai giornali.

La mescolanza indebita di fatti e opinioni è particolarmente esasperata nella titolazione: la rincorsa del giornalismo verso la spettacolarizzazione della notizia è diventata ornai una macchina senza freni. Sicché si leggono titoli di notizie che andrebbero bene per gli articoli di commento. E non ci si capisce più niente.

In questo panorama poco confortante del giornalismo si è inserito un nuovo genere che sta diventando la caratteristica del giornalismo politico italiano: il retroscena.

Normalmente il retroscena è quello che non si vede sulla scena, ma che è avvenuto, per esempio, nella preparazione di uno spettacolo, nelle varie fasi di ripresa di un film etc. Si tratta sempre di fatti realmente accaduti che “non si vedono”, ma che qualcuno ha visto e ce li racconta o ce li fa vedere. In molti film su varie piattaforme è offerta la visione di vari retroscena relativi alla produzione cinematografica.

Nel caso del giornalismo le cose stanno diversamente.

Il retroscena della politica non è il racconto di una serie di circostanze realmente avvenute e di cui il giornalista sia stato testimone diretto o indiretto tramite l’uso di fonti confidenziali che però abbiano avuto conoscenza diretta di ciò che viene raccontato.

Purtroppo, nella stragrande maggioranza dei casi non si tratta di questo.

Il retroscena giornalistico è una libera ricostruzione di come i fatti potrebbero essere andati sulla base di una serie di ipotesi e, soprattutto, in relazione a come il giornalista interpreta una particolare vicenda politica.

Nei retroscena, spessissimo, leggiamo di telefonate intercorse tra personaggi di cui vengono virgolettate le frasi. Le virgolette indicano frasi effettivamente scritte o dette dalla persona cui vengono attribuite. Ma i giornalisti non possono fare intercettazioni telefoniche di conversazioni altrui… né tanto meno pubblicarle. Eppure è quello che succede.

Se il retroscena riporta dei fatti, il suo contenuto è un insieme di notizie controllate dal giornalista e verificate come certe. E quindi il retroscena diventa la vera scena, perché il giornalista svela una verità che qualcuno ha voluto tenere nascosta e quindi realizza quello che in gergo si chiama “scoop”. E se c’è uno scoop, esso non può non avere conseguenze e costringerà i protagonisti del retroscena svelato a prendere posizione. Molto raramente è così. Infatti i retroscena abbondano sui giornali ma hanno perso il loro peso da quando i politici hanno smesso di smentirli proprio perché ormai li ritengono inattendibili e alla stregua di un raccontino più o meno intrigante o divertente di cose in parte successe, in parte immaginate, in parte desiderate.

È un peccato che sia così. Perché il giornalismo che racconta la realtà ha il dovere di non fermarsi alle apparenze e di andare fino in fondo. Ma lo deve fare usando sempre il metodo della raccolta di informazioni dirette o indirette da fonti attendibili e tali da poter essere controllate e verificate. Se il retroscena sfugge a queste regole non è giornalismo e diventa qualcosa di simile al noumeno di Kant: una realtà che va oltre ciò che la nostra ragione critica può conoscere utilizzando i suoi strumenti, una sorta di “cosa in sé”, inconoscibile.

Ma il giornalismo non si occupa di metafisica o di metapolitica. Deve stare ai fatti, quelli che si vedono e quelli che sono dietro le tende ma che qualcuno ha potuto vedere. Se il giornalismo si distacca dai fatti diventa   giornalismo ipotetico che racconta cose plausibili o coerenti con uno schema interpretativo ma non fatti.

Tra l’altro il continuo riferimento ai retroscena fa perdere importanza agli altri articoli che raccontano “la scena”. Perché se leggo su un giornale notizie che sembrano vere e controllate e poi mi trovo sotto gli occhi un retroscena che racconta tutt’altro, il dubbio che quello che mi era stato presentato come notizia sia poco attendibile diventa legittimo.

In un ‘epoca di fake news dilaganti il giornalismo deve essere la frontiera della verità accertata e controllata, deve fornire certezze non alimentare la confusione, fare luce su ciò che accade e non proiettare altre ombre.

Ben vengano dunque, i retroscena, ma solo se svelano realtà nascoste e non smentibili da parte di nessuno. Altrimenti meglio farne a meno. Il giornalismo del “noumeno” non serve a nessuno, neanche a vendere una sola copia in più. Se poi invece si vuol fare gossip, beh questo è un altro mestiere.

Scrivi all’autore dell’articolo

 

 

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

L’Europa non ceda al ricatto di due governi autoritari

Giuseppe Mazzei

Annullata l’edizione 2020 del Festival internazionale del Giornalismo

Redazione

Carattere e personalità di un leader

Giampiero Catone

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.