sabato, 21 Settembre, 2024
Attualità

Gli impiegati della Pubblica amministrazione si ammalano più dei lavoratori privati (ma guariscono prima)

Lʼanalisi dei dati Inps condotta dall’Ufficio studi della Cgia

Negli ultimi sette anni le statistiche relative alle assenze per malattia hanno mostrato una tendenza costante: i dipendenti pubblici risultano più cagionevoli rispetto ai loro colleghi del settore privato. Questa tendenza, emersa dallʼanalisi dei dati Inps condotta dall’Ufficio studi della Cgia, si conferma anche nei primi due trimestri del 2024, con un differenziale significativo tra i due settori. Nel primo trimestre del 2024, il 33% dei dipendenti pubblici ha dichiarato almeno un giorno di malattia, a fronte del 22% dei lavoratori nel settore privato. La situazione non è cambiata drasticamente nel secondo trimestre, quando le assenze sono scese al 26% tra i dipendenti pubblici e al 18% tra quelli privati. Questi numeri confermano un trend storico, con l’eccezione di un’inversione di tendenza registrata solo nel terzo trimestre del 2021 e del 2022.

Nel pubblico i licenziati per assenteismo sono pochissimi In linea di massima, si può affermare con buona approssimazione che i lavoratori del pubblico impiego si ammalano più dei privati; ma i giorni medi di assenza dei primi sono leggermente inferiori ai secondi. Insomma, quando si lavora per lo Stato ci si ammala più frequentemente, anche se si registrano tempi di guarigione più veloci, in particolare nelle regioni del Sud. Ora, supporre che dietro una breve malattia si nasconda un comportamento assenteista è molto suggestivo, ma difficilmente dimostrabile. Tuttavia, dopo la crisi pandemica del 2020/2021, il numero dei licenziamenti nel pubblico impiego per assenze ingiustificate è tornato ad aumentare. Sebbene l’incidenza di coloro che vengono lasciati a casa per ʼinfedeltàʼ sul totale dei lavoratori del pubblico impiego sia pari a un misero 0,01 per cento, nel 2018 sono state licenziate 196 persone per assenze ingiustificate o falsa attestazione della presenza in servizio. Nel 2019 il numero è salito a 221, mentre nel 2020 e nel 2021 – anni caratterizzati dal Covid e da un largo impiego dello smart working – lo stesso è sceso rispettivamente a 188 e a 161. Nel 2022, infine, i licenziamenti sono tornati a crescere e hanno raggiunto quota 310 (+58,1 per cento rispetto al 2018).

Numeri contrastanti tra Nord e Sud

Dall’analisi del numero di giorni di malattia registrato nel 2023, in Italia il dato medio è stato pari a 8,5; se nel settore pubblico si è attestato a 8,3, nel privato è stato leggermente superiore e pari a 8,6. In tutti i casi, comunque, rispetto al 2017 la situazione è in netto miglioramento: il dato medio nazionale, ad esempio, è sceso del 16 per cento. Le differenze a livello regionale sono comunque molto marcate. La regione dove i lavoratori sono più ʼacciaccatiʼè la Calabria; chi si è ammalato è rimasto a casa mediamente 15,3 giorni (9,6 giorni l’assenza dei dipendenti pubblici e ben 18,8 degli occupati nel privato). Praticamente il doppio di quanto registrato in Emilia Romagna e in Veneto, che, invece, hanno entrambe ʼcumulatoʼ 7,8 giornate medie di malattia. Dopo la Calabria, i lavoratori più ʼmalaticciʼ d’Italia sono quelli della Basilicata con 10,2 giornate medie di assenza. Seguono gli occupati della Valle d’Aosta con 9,7, quelli della Sardegna con 9,6 e quelli del Molise con 9,4. Rispetto al 2017, in tutte le regioni il numero delle giornate medie di assenza per malattia è in calo, con punte del -20 per cento proprio nel Mezzogiorno (addirittura -23 per cento in Calabria).

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