sabato, 18 Maggio, 2024
Società

Netanyahu, “inaccettabili le condizioni di Hamas” e chiude Al Jazeera

Bloccato l’unico valico nel sud di Gaza. Usa, sospesa consegna armi a Tel-Aviv

Le bugie hanno le gambe corte, e probabilmente era una bugia quella di chi dava per fatto un accordo tra Israele e Hamas. Ha avuto ragione il ministro israeliano Gantz che esortava ad “attendere dichiarazioni ufficiali.” La dichiarazione ufficiale viene dal premier israeliano Netanyahu, che alla vigilia del Giorno della Shoah, ha detto: “la prima lezione della Shoah è questa: se non ci proteggiamo nessuno ci proteggerà. E se dobbiamo restare da soli, saremo soli”, e quindi ha detto con chiarezza che sono “inaccettabili le richieste di Hamas”. La delegazione di Hamas ha lasciato l’Egitto verso il Qatar, dove è andato anche il direttore della Cia, William Burns, e da lì dovrebbe riprendere la tessitura diplomatica per tornare domani al Cairo. Hamas chiede il cessate il fuoco permanente nella Striscia di Gaza, cosa che a Israele appare come una condizione di non voler arrivare a nessun accordo. Che la situazione sia pesante lo rivela anche la notizia secondo la quale gli Stati Uniti hanno sospeso una consegna di armi e munizioni a Israele. L’Amministrazione Biden, come è noto, è fermamente contraria a un attacco militare su Rafah perché il piano di evacuazione dei civili è inadeguato.

L’Idf si prepara all’attacco

Così il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha avvertito le truppe dell’Idf a Gaza che l’offensiva su Rafah inizierà presto. “Volevamo ottenere rapidamente il rilascio degli ostaggi bloccando le nostre operazioni. Osserviamo segnali preoccupanti che Hamas non intende raggiungere un accordo con noi”. L’esercito ha anche comunicato di aver chiuso al passaggio dei camion di aiuti Kerem Shalom, il principale valico di frontiera nel sud di Gaza, dopo che Hamas ha lanciato un attacco sull’area. Circa 10 razzi “sono stati identificati mentre attraversavano l’area adiacente al valico di Rafah verso l’area di Kerem Shalom”, ha spiegato l’Idf in un comunicato aggiungendo che “il valico di Kerem Shalom è attualmente chiuso al passaggio dei camion degli aiuti umanitari.” Israele, tra l’altro, ha spento definitivamente i canali dell’emittente araba Al-Jaazira e ha confiscato anche alcune apparecchiature negli studi televisivi.

Negoziati sempre più difficili

Purtroppo i negoziatori sembrano inadeguati a risolvere la situazione. Secondo quanto rivela il premier Netanyahu “Hamas è irremovibile nelle sue posizioni” e Israele “non accetterà richieste il cui significato è la resa”. Il premier israeliano, e anche il Segretario di Stato americano Antony Blinken, sostengono che “è Hamas che impedisce un accordo per il rilascio degli ostaggi” mentre “Israele era ed è tuttora pronto a concludere una tregua nella lotta per liberare i nostri rapiti”. Hamas, ha aggiunto Netanyahu, “è rimasto trincerato nelle sue posizioni estreme, prima fra tutte la richiesta di ritirare tutte le nostre forze da Gaza. Israele non può accettarlo”. La versione avversa è di Ismail Haniyeh, uno dei leader dei miliziani, secondo il quale Hamas vuole raggiungere un “accordo globale che ponga fine all’aggressione, garantisca il ritiro dell’Idf e raggiunga una seria intesa sullo scambio di prigionieri”. “Che senso ha un accordo – ha aggiunto – se il cessate il fuoco non è il suo primo risultato?”

Gli Usa e le condizioni a Riad

Nessun patto di difesa con Riad se non ci sarà la normalizzazione delle relazioni con Israele. Il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jack Sullivan, spiega che “la visione integrata è quella di un’intesa bilaterale tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, combinata con la normalizzazione tra Israele e l’Arabia Saudita e con passi significativi a favore del popolo palestinese.” “Tutto questo deve essere tenuto insieme… non si può separare un pezzo dagli altri”. Il consigliere per la Sicurezza nazionale dice di “aspettarsi nei mesi a venire che il Presidente e altri di noi parlino del percorso che riteniamo possa portare a un Israele più sicuro e a una regione più pacifica”. “Tutto ciò che possiamo fare è elaborare ciò che riteniamo sensato, cercando di coinvolgere il maggior numero possibile di Paesi della regione e poi presentarlo – sottolinea Sullivan – In ultima analisi, spetterà alla leadership israeliana e, francamente, al popolo israeliano decidere se questo è un percorso che vogliono intraprendere o meno”.

Chiesa anglicana canadese

Anche la Chiesa anglicana chiede di intervenire per la pace in Medio Oriente. Nei giorni scorsi i leader delle principali chiese protestanti del Canada hanno incontrato i funzionari del governo a Ottawa per sollecitare il Canada a “sostenere ulteriormente una pace giusta e duratura in Palestina e in Israele.” La reverenda Linda Nicholls, Primate della Chiesa Anglicana del Canada, assieme alle più alte rappresentanze della comunità, ha incontrato i parlamentari del governo e dell’opposizione per affermare le azioni già intraprese dal governo del Canada. Soprattutto hanno chiesto interventi a favore dei bambini e proposto tre azioni di intervento: nominare un inviato speciale per promuovere, monitorare e riferire sui diritti umani dei bambini palestinesi che vivono nei territori palestinesi occupati; adottare misure per promuovere un maggiore rispetto dei diritti umani e una maggiore protezione dei bambini palestinesi e considerare le autorità militari israeliane responsabili ai sensi delle leggi internazionali sui diritti umani e umanitarie.

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