sabato, 27 Aprile, 2024
Economia

Imposte sul patrimonio: per la Cgia “trend di crescita spaventoso”

Allo Stato 9 miliardi di euro nel 1990, nel 2022 quasi 50 miliardi

In Italia esistono già le imposte “patrimoniali”, lo sostiene la Paolo Zabeo del Centro studi della Cgia di Mestre che, indirettamente, risponde anche alla proposta dell’ex ministro Elsa Fornero e del Pd che l’hanno riproposta al dibattito pubblico. Secondo Zabeo “sebbene l’Imu sull’abitazione principale sia stata abolita nel 2013, le imposte patrimoniali che continuano a gravare sugli italiani garantiscono alle casse dello Stato quasi 50 miliardi di euro l’anno: per la precisione 49,8. Un importo, relativo al 2022, che valeva 2,6 punti di Pil. Un’incidenza che, rispetto al 1990, è addirittura raddoppiata.” Le tasse sui beni patrimoniali, mobili o immobili che siano, sono almeno una decina. A elencarle sono: l’Imu/Tasi (gettito nel 2022 pari a 22,7 miliardi di euro), l’Imposta di bollo (7,7 miliardi), il bollo auto (7,2 miliardi), l’Imposta di registro e sostitutiva (6,2 miliardi), il canone Rai-Tv (1,9 miliardi), l’Imposta ipotecaria (1,8 miliardi), l’Imposta sulle successioni e donazioni (1 miliardo), i diritti catastali (727 milioni di euro), l’Imposta sulle transazioni finanziarie (461 milioni) e l’Imposta su imbarcazioni e aeromobili (1 milione).

Imposta in crescendo

Il trend di crescita del prelievo riconducibile alle imposte patrimoniali in termini assoluti “è stato spaventoso”: se nel 1990 l’erario ebbe modo di incassare 9,1 miliardi di euro, nel 2000 il gettito ha raggiunto i 25,7 miliardi. Cinque anni dopo i soldi incassati sono saliti a 30,1 miliardi che nel 2015 sono arrivati a 48,4. Nell’ultimo anno in cui i dati sono disponibili, vale a dire il 2022, la riscossione ha toccato i 49,8 miliardi di euro.

L’imposta inflattiva

Negli ultimi due anni l’inflazione si è abbattuta sui conti correnti degli italiani con la forza di una patrimoniale. Al netto dei nuclei che hanno trasferito una parte dei propri risparmi nell’acquisto di titoli di Stato, la stragrande maggioranza ha subito gli effetti negativi della perdita di potere d’acquisto indotta dal fortissimo aumento dei prezzi registrato nel 2022 e nel 2023 (nel biennio pari a +14,2 per cento). Nell’ipotesi che le consistenze dei depositi bancari riferiti al 31 dicembre 2021 siano rimaste le stesse anche negli anni successivi, si ipotizza che le famiglie italiane abbiano subito una “decurtazione” media dei propri risparmi di 6.257 euro, con punte di 9.220 euro in Trentino Alto Adige, 7.432 euro in Lombardia e 7.121 euro in Veneto. A livello provinciale, invece, la perdita di potere d’acquisto più elevata si sarebbe registrata a Bolzano con un importo medio per deposito bancario pari a 10.444 euro, a Milano con 8.677 euro e a Trento con 8.048 euro.

La finanza pubblica

“Al netto di quanto maturato dopo lo scoppio della crisi pandemica – spiega Zabeo – dall’analisi dell’andamento della finanza pubblica tra il 2010 e il 2019 possiamo notare con buona approssimazione che le entrate fiscali sono cresciute al pari della spesa pubblica totale. Insomma, per non far saltare la tenuta dei conti pubblici, le prime hanno inseguito la seconda, con il risultato che la pressione fiscale in Italia ha ormai superato la soglia del 43 per cento.” Dunque è chiaro che “fino a quando non ridurremo la spesa, sarà difficile ipotizzare sia una diminuzione strutturale delle imposte sia una contrazione del debito pubblico”.

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