lunedì, 6 Maggio, 2024
Società

Federagenti e Conftrasporto spingono per la riforma dei porti

La Federagenti è preoccupata per i tempi della riforma dei porti che si allungano. Il presidente Alessandro Santi sostiene che “l’Italia deve scegliere autonomamente la formula di politica portuale” non deve guardare a schemi di politica portuale estera e non si deve riferire ai modelli del Nord Europa oppure al modello mediterraneo della Spagna. Stessa spinta anche da Conftrasporto che attraverso il Presidente Pasquale Russo ha detto che “va superata l’attuale disciplina, complessa e iniqua, delle concessioni portuali, per creare un comune campo da gioco dove la corretta concorrenza tra le imprese private possa produrre tutti i benefici attesi”.

Portualità diffusa e coordinata

Gli interventi, quasi contemporanei, di Conftrasporto in un’audizione alla Camera e di Federagenti in assemblea a Taranto, hanno riportano l’attenzione sul futuro della portualità in Italia. Dall’assemblea nella sua relazione il presidente Santi ha indicato la direzione da seguire per la politica portuale italiana, come asset strategico del Paese: “Oggi parlare di futuro è estremamente complesso – ha detto – però la nostra responsabilità è di portare un contributo di chi sta facendo scelte importanti, creando un identikit secondo il nostro punto di vista che è quello di banchina, dove nasciamo, e che ci ha permesso di avere una visione di neutralità per cercare di risolvere i problemi”. Così come sul tema della riforma portuale l’obiettivo della categoria e dell’assemblea è quello di “riportare alla sostanza vedendo che i tempi si stanno dilatando”. Federagenti pensa a “una portualità diffusa lungo tutte le coste italiane” guidato da una cabina di regia nazionale pubblico-privato “in grado di fornire indicazioni di priorità strategica anche in tema di infrastrutture, di logistica indotta, di governance.” “Una cabina di regia che si muova su una visione unitaria e centrale, un controllo statale della risorsa demaniale e delle scelte strategiche su di essa attraverso un modello da applicare che sia personalizzato, made in Italy, che sappia cioè cogliere le peculiarità italiane e le opportunità che derivano da esperienze di altri paesi senza esserne soggiogati”.

Costruire ‘Porto Italia’

“Abbiamo bisogno di una più forte collaborazione ed interazione tra pubblico e privato sia a livello di investimenti strategici (nel perimetro dello strumento concessorio) che a livello di governance delle Autorità portuali; abbiamo bisogno di una regia nazionale in seno al MIT”, ha detto il presidente Santi, che pensa a un “Porto Italia”. Un sistema, insomma, è stato detto senza mezzi termini, “anche per fare fronte ai tentativi neanche così occulti dell’asse tedesco-olandese di concentrare tutti i traffici al nord Europa, e delegando il Mediterraneo ad una funzione di una specie di nastro trasportatore delle merci dal Nord Europa all’Italia, e lasciando al Sud Europa il compito di decarbonizzare il Mediterraneo.”

Superare l’attuale disciplina

Anche Conftrasporto chiede un “sistema più snello e competitivo”. Pasquale Russo, intervenendo alla Camera (Commissione Trasporti) sulle risoluzioni per il sistema portuale ha evidenziato che va superata l’attuale disciplina “complessa e iniqua” delle concessioni portuali per creare “un comune campo da gioco dove la corretta concorrenza tra le imprese private possa produrre tutti i benefici attesi”. “Sugli organismi di gestione – ha aggiunto il presidente di Conftrasporto – va preservata la loro natura pubblica, recuperando però, nella governance, un ruolo più attivo degli operatori privati, almeno nei passaggi chiave di indirizzo delle attività, estranee al rischio di conflitto di interessi”. Infine, secondo Conftrasporto, andrebbe incentivata anche “la costituzione di comunità energetiche portualiper affrontare con determinazione la questione della resilienza dei porti agli effetti dei cambiamenti climatici.”

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