giovedì, 2 Maggio, 2024
Agroalimentare

Prandini (Coldiretti): carne sintetica il no del Senato frutto della nostra mobilitazione

Per la Coldiretti è il risultato auspicato frutto “della grande mobilitazione”, contro la carne sintetica. Si tratta del via libera dell’aula del Senato a ddl sui cibi sintetici che è sostenuto da 3 italiani su 4 (74%) che si dichiarano contrari al consumo di latte, carne e pesce prodotti in laboratorio. Il no del Senato A dare man forte alla Coldiretti, sono i dati di Notosondaggi, che pone in evidenza l’approvazione a Palazzo Madama con 93 voti favorevoli, 28 contrari e 33 astenuti del disegno di legge che vieta la produzione, l’immissione sul
mercato e l’importazione in Italia di alimenti e mangimi artificiali ma non la ricerca.

Firme e adesioni

“Una risposta alla grande mobilitazione della Coldiretti che ha portato alla raccolta di oltre 2 milioni di firme a sostegno del provvedimento”, spiega la Confederazione, “con oltre 2mila comuni che hanno deliberato a
favore spesso all’unanimità, tutte le Regioni di ogni colore politico ed esponenti di tutti gli schieramenti oltre a Ministri e Sottosegretari, Parlamentari nazionali ed europei e Sindaci.
E’ nata peraltro una inedita, larga e composita alleanza per reclamare la difesa della cultura del cibo di qualità e spingersi contro quello artificiale e sintetico di cui fanno parte Acli, AcliTerra, Adusbef, Altritalia Ambiente, Anpit, Asi, AssoBio, Centro Consumatori Italia, Cia, Cna, Città del Vino, Città dell’Olio, Codacons, Codici, Consulta Distretto del Cibo, Ctg, Coldiretti, Demeter, Ecofuturo, Ewa, Federbio, Federparchi, Fipe, Fondazione Qualivita, Fondazione Una, Fondazione UniVerde, Globe, Greenaccord, Gre, Italia Nostra, Kyoto Club, Lega Consumatori, Masci, Movimento Consumatori, Naturasi, Salesiani per il sociale, Slow food Italia, Unpli, Wilderness”.

I timori dell’Oms

Il voto del Senato, riferisce la Coldiretti, riprende anche i dubbi espressi nel primo rapporto Fao – Oms sul “Cibo a base cellulare”, definizione considerata più chiara rispetto al termine “coltivato” (ad esempio “carne coltivata”), “preferito invece dalle industrie produttrici ma ritenuto essere fuorviante dalle due Autorità mondiali”, sottolinea la Coldiretti, “che rilevano peraltro come la parola “sintetico” sia usato anche dal mondo accademico oltre che dai media. Dalle allergie ai tumori sono 53 i pericoli potenziali per la salute legati ai cibi prodotti in laboratorio individuati nel documento”.
I fattori di rischio “In particolare”, precisa la Coldiretti, “i rischi secondo gli esperti consultati da Fao e Oms riguardano la trasmissione di malattie, le infezioni animali e la contaminazione microbica oltre alla necessità di una particolare attenzione sull’uso di componenti come fattori della crescita e ormoni usati nei bioreattori (ma vietati negli allevamenti europei da oltre 40 anni) e su come queste molecole attive possono interferire con il metabolismo o essere associate allo sviluppo di alcuni tipi di cancro”. Ma pesano le preoccupazioni anche sul piano ambientale, osserva la Coldiretti

I pericoli ambientali I risultati della ricerca realizzata da Derrick

Risner ed i suoi colleghi dell’Università della California a Davis, annota la Coldiretti, hanno evidenziato che il potenziale di riscaldamento globale della carne sintetica definito in equivalenti di anidride carbonica emessi per ogni chilogrammo prodotto è da 4 a 25 volte superiore a quello della carne bovina tradizionale.

Tutelare salute e sicurezza “L’Italia che è leader mondiale nella qualità e sicurezza alimentare ha la responsabilità di fare da apripista nelle politiche di tutela della salute e dell’ambiente” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “la diffusa diffidenza conferma la necessità di rispettare il principio di precauzione di fronte ad una nuova tecnologia con molte incognite che rischia di cambiare la vita delle persone e l’ambiente che ci circonda”. “Proprio per questo”, conclude Prandini, “la sfida che la Coldiretti lancia alle istituzioni europee è che i prodotti in laboratorio nei processi di autorizzazione non vengano equiparati a cibo ma bensì a prodotti a carattere farmaceutico”.

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