venerdì, 3 Maggio, 2024
Sanità

Covid: Corte di Giustizia Ue respinge il ricorso contro l’obbligo vaccinale per il personale sanitario

L’ospedale universitario di Padova aveva sospeso dalle funzioni e dalla retribuzione una dipendente, infermiera presso il servizio di neurochirurgia, che aveva violato l’obbligo di vaccinazione previsto per il personale sanitario dal decreto-legge 44/2021. Con un ricorso d’urgenza presentato al giudice del lavoro di Padova, l’interessata aveva chiesto la reintegrazione in servizio, facendo valere la contrarietà della normativa italiana alla Costituzione e al diritto della Unione e, d’altro lato, allegando di godere di un’immunità naturale acquisita con la guarigione da un’infezione da SARS-CoV-2. Il giudice del Lavoro di Padova si è rivolto alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, dubitando della validità delle autorizzazioni all’immissione in commercio condizionate, concesse dalla Commissione dietro parere favorevole dell’EMA, per i vaccini contro l’infezione da COVID-C19, tenuto conto dell’esistenza di trattamenti alternativi efficaci contro la COVID-19 e meno pericolosi  a suo giudizio  per la salute umana, ma la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha dichiarato “irricevibile” la domanda pregiudiziale sull’incompatibilità con il diritto Ue dell’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario.   Chiedeva inoltre alla Corte se debba farsi ricorso ai vaccini anche nel caso in cui i destinatari dell’obbligo abbiano sviluppato un’immunità al virus a seguito della guarigione dall’infezione. Infine, chiedeva se la sospensione dal servizio sia conforme ai principi di proporzionalità e di non-discriminazione previsti, tra l’altro, dal regolamento 2021/953 sui certificati digitali Ue Covid. Con la decisione di oggi, la Corte di Giustizia dichiara l’irricevibilità del ricorso “nella sua integralità”. Quanto alla validità delle autorizzazioni all’immissione in commercio condizionate, la Corte ritiene che “il Tribunale di Padova si sia limitato ad esprimere una valutazione generale di ragionevolezza nel nutrire dubbi sulla validità di dette autorizzazioni; senza però identificarle né sviluppare la natura concreta dei dubbi espressi”.   Secondo la Corte, inoltre, “la giurisdizione di rinvio dà per presupposto che il diritto italiano imponga un obbligo vaccinale coi soli vaccini oggetto di autorizzazione condizionata, mentre il rilascio di tali autorizzazioni non ha l’effetto di imporre ai potenziali destinatari dei vaccini l’obbligo di farsi somministrare proprio quelli oggetto delle anzidette autorizzazioni”. Quanto alla compatibilità delle previsioni nazionali con il regolamento 2021/953 sui certificati digitali Ue Covid, il giudice del rinvio “non identifica le disposizioni del regolamento di cui chiede l’interpretazione, ma fa riferimento unicamente ai principi di proporzionalità e di non discriminazione previsti dal regolamento”.   La Corte osserva che “il regolamento intende attuarli nell’intento di facilitare l’esercizio del diritto alla libera circolazione delle persone, stabilendo un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, test e guarigione dal COVID 19. Il regolamento non mira, in applicazione di tali principi, a definire criteri che consentano di valutare l’adeguatezza delle misure sanitarie adottate dagli Stati membri per far fronte alla pandemia di COVID-19 quando queste sono tali da limitare la libera circolazione, come nel caso in esame”. Considerato che la causa principale si fonda sul presunto carattere illecito dell’obbligo di vaccinazione e ha ad oggetto la reintegrazione dell’interessata nel servizio di neurochirurgia dell’ospedale, conclude la Corte che “tale controversia non riguarda l’applicazione delle disposizioni del regolamento 2021/953, il quale conferisce invece alle persone vaccinate il diritto di ottenere un certificato di vaccinazione e alle persone guarite dall’infezione da SARS-CoV-2 il diritto di ottenere un certificato di guarigione”.

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