giovedì, 28 Marzo, 2024
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Immigrazione: a Milano collaborazione istituzioni-consolati per affido minori

Trovare soluzioni alternative al collocamento in comunità dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) attualmente in carico all’Amministrazione, per alleggerire la pressione sul sistema di accoglienza e favorire l’integrazione dei ragazzi e delle ragazze. È questo l’obiettivo dell’interlocuzione avviata dal Comune di Milano, dal Tribunale per i Minorenni e dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Milano e la Prefettura con i Consolati dei Paesi da cui provengono giovanissimi che arrivano in Italia senza i genitori.   Il Comune di Milano ha attualmente in carico circa 1300 minori stranieri non accompagnati, un numero quasi doppio rispetto a due anni fa e che ha portato il sistema cittadino ad andare ben oltre la sua capacità di accoglienza, tanto che ben il 30% dei ragazzi, pur essendo in carico all’Amministrazione milanese, è ospitato in comunità fuori città e addirittura fuori regione, con conseguenze negative sui percorsi di inclusione scolastica e lavorativa.

“Le norme attualmente in vigore assegnano ai comuni la responsabilità di farsi carico dei minori stranieri non accompagnati che vengono rintracciati sul territorio cittadino, senza prevedere, come nel caso degli adulti, un meccanismo equo di redistribuzione a livello nazionale. Questo ha causato una pressione eccessiva sui grandi centri urbani, naturalmente più attrattivi perché garantiscono più opportunità di inserimento e perché è qui che sono maggiormente presenti le comunità di riferimento dei ragazzi. È proprio con loro che abbiamo in questi mesi avviato un dialogo per favorire strumenti alternativi di accoglienza che coinvolgessero più da vicino le famiglie della stessa nazionalità dei ragazzi, per favorire il loro percorso di inserimento e inclusione e contemporaneamente sopperire, con gli strumenti di competenza locale, al vuoto normativo che da anni mette in difficoltà le grandi città. Un modello che, una volta sperimentato, potrebbe essere proposto ad altre città che sappiamo condividono le stesse difficoltà di Milano”, spiega l’assessore al Welfare e Salute Lamberto Bertolé.

Lo strumento individuato è quello del cosiddetto affido omo-culturale, che consiste nella possibilità di affidare un minore in carico al sistema dei servizi milanesi a una famiglia della stessa nazionalità, permettendo al minore di vivere in un ambiente simile al suo, sia dal punto di vista culturale che linguistico e religioso. Per promuovere questa opportunità, la Prefettura di Milano ha svolto un’importante azione propulsiva, di mediazione e raccordo al fine di avviare, insieme a tutte le istituzioni competenti, un dialogo con le rappresentanze consolari di Egitto, Albania, Tunisia e Bangladesh, da cui proviene quasi il 70% dei minori stranieri non accompagnati in carico al Comune di Milano (Egitto 593, Albania 138, Tunisia 103, Bangladesh 75). L’obiettivo è che i consolati promuovano presso le comunità di riferimento la conoscenza di questa opportunità, favorendo incontri di approfondimento collettivi insieme ai professionisti del Comune di Milano e anche colloqui individuali specifici, laddove fossero necessari. L’iniziativa è aperta all’adesione di tutte le rappresentanze consolari presenti a Milano.

L’istituto dell’affido familiare è previsto in due forme: l’affido parentale, ossia quando la famiglia affidataria ha un legame di parentela col minore e l’affido etero-familiare, quando il legame di parentela non c’è. In entrambi i casi, sono previsti l’erogazione di un contributo economico mensile alle famiglie affidatarie e rimborsi per eventuali spese mediche, scolastiche o di altra natura concordate con il servizio sociale. Nel 2022 erano attivi 20 affidi riguardanti minori stranieri non accompagnati. Potenziare il numero delle attivazioni e collocare i ragazzi in un ambiente sereno che possa favorire il loro percorso di integrazione in città è l’obiettivo della collaborazione avviata. L’affido ha lo scopo di tutelare i bambini e le bambine e il loro diritto a mantenere i legami con la propria famiglia d’origine offrendo loro allo stesso tempo un contesto familiare che li supporti nella crescita. Possono diventare affidatarie persone singole o coppie, sposate o conviventi senza vincoli di età.

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