mercoledì, 24 Aprile, 2024
Economia

De Luise (Confesercenti): le famiglie hanno speso 41.5 mld in più . Impatto di energia e inflazione ancora sul 2023

Una corsa dispendiosa nel difendere il proprio tenore di vita che è costata 41.5 miliardi di euro. Sono le spese in più delle famiglie calcolate dalla Confesercenti. “L’impennata del caro-energia ed inflazione, nel 2022 le famiglie italiane sono state costrette a bruciare 41,5 miliardi dei propri risparmi nel tentativo di
conservare il proprio tenore di vita. Un tenore ormai assediato dai costi incomprimibili”, spiega e illustra la Confederazione, “la quota di spesa familiare assorbita da spese per utenze e abitazione dovrebbe infatti assestarsi quest’anno sul 45,8% del totale mensile. Nel 2019 era il 35%. A stimarlo è Confesercenti.

L’impatto sulle famiglie

Una situazione che pesa soprattutto sui redditi medio-bassi. “Per le famiglie meno abbienti – il 40% del totale, pari a circa 10,5 milioni di nuclei familiari – i costi fissi varranno quest’anno circa la metà
dell’intera spesa mensile (il 49%), riducendo ancora di più lo spazio per le altre spese”, fa presente la Confederazione, “Se si considerano infatti anche abbigliamento, bevande e spesa alimentare, la parte di
bilancio occupata dai consumi obbligati o quasi sale al 77%, lasciando meno di un quarto – il 23% – disponibile per altro. Il quadro delle abitudini di spesa, però, si è modificato fortemente anche per chi ha un
po’ di più. Per il 40% di famiglie con un reddito medio la quota di bilancio assorbita da bollette e spese per la casa passa dal 35% del 2019 al 45% stimato per quest’anno, mentre la spesa per alimentari e bevande si riduce dal 25 al 23%, e quella da dedicare ad altre spese subisce un vero e proprio crollo, scendendo dal 40% al 32%”.

Potere d’acquisto e consumi nel 2023. A confermare la negatività del quadro è anche l’analisi dei redditi disponibili. “Secondo le nostre stime, alla fine del 2023 il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti
risulterà inferiore di 2.800 euro rispetto al 2021”, prosegue la Confesercenti, “mentre per i lavoratori autonomi la capacità di spesa si ridurrebbe di 2.200 euro. Sono questi gli effetti di un’inflazione che per il 2023 risulterebbe pari in media al +5,6%, portando così al +14,1% l’aumento dei prezzi nel biennio 2022-23. Per questo, quest’anno la spesa delle famiglie aumenterà appena del +0,5%: un risultato deludente, dovuto
quasi interamente all’aumento delle spese obbligate, e cui si giungerebbe solo a fronte di una riduzione di ulteriori 11 miliardi dei risparmi delle famiglie”.

Il confronto con il pre-pandemia. Solo le spese per utenze e alimentari registrano una crescita rispetto al periodo antecedente al covid, rispettivamente del +45,5% e +6,1%. “Positiva, anche per gli sconti
fiscali in campo, pure la voce mobili, articoli e servizi per la casa (+3%). Le restanti voci hanno tutte segno negativo”, evidenzia la Confesercenti, “nel 2023 la spesa per ricreazione, spettacoli e cultura
sarà ancora il -24,6% inferiore al 2019, quella in servizi ricettivi e ristorazione si assesterà al -20,6%, comunicazioni al -19,7%. Seguono, nella classifica delle voci più ‘tagliate’ rispetto al pre-covid: Istruzione (-17,3%), Abbigliamento e calzature (-15,2%), Trasporti (-11,1%), Altri beni e servizi (-11%), Bevande alcoliche e tabacchi (-9,7%), servizi sanitari e spese per la salute (-5,5%)”.

Rivoluzione negativa

“Covid, caro-energia ed inflazione hanno rivoluzionato in senso negativo i bilanci delle famiglie negli ultimi tre anni, portando ad un vero e proprio tracollo di spesa per la grande maggioranza delle voci di
consumo”, commenta la Presidente di Confesercenti Patrizia De Luise. “Gli indicatori per il 2023, con un’inflazione che arriverà a sfiorare il 6%, confermano la difficoltà del quadro: il rischio è che la frenata
della ripresa dei consumi abbia gravi conseguenze sulle prospettive di crescita del Paese. È indispensabile agire con politiche economiche espansive e di sostegno al potere d’acquisto e ai consumi. A partire
dalla detassazione degli aumenti retributivi, per far ripartire la contrattazione e i salari in un momento difficile sia per le imprese che per le famiglie; ma serve anche una diminuzione generale – e consistente
– della pressione fiscale”.

 

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