La marea di uomini e donne che ha partecipato ieri ai funerali del Papa emerito Benedetto ed i commenti che hanno inondato i social network dovrebbero far riflettere.
Fino alla sera prima 200mila persone avevano reso omaggio a Benedetto XVI, la cui salma era stata esposta nella Basilica vaticana. Ieri mattina hanno partecipato al funerale decine e decine di migliaia di fedeli. Alle esequie del Papa emerito sono stati presenti capi di Stato, teste coronate, re e regine, leader di altre religioni e tanto popolo.
È stato il Cardinale Giovanbattista Re decano del collegio cardinalizio, a concelebrare la messa in lingua latina con il Santo Padre, insieme a circa 130 i cardinali, ai quali si sono aggiunti circa 300 vescovi e 3.700 sacerdoti giunti da ogni parte del mondo. Ci sono stati anche diversi patriarchi orientali in piazza San Pietro.
Per l’Italia erano presenti il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con tanti rappresentanti di Camera e Senato e delle massime autorità istituzionali.
Folta e ad altissimo livello anche la delegazione tedesca con il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, accompagnato dalla moglie Elke Buedenbender. Accanto a loro il Sostituto alla Segreteria di Stato, mons. Edgar Pena Parra. In prima fila anche la regina Matilde del Belgio.
Come mai tanta dimostrazione di affetto per un pontefice, che, in fondo, si è detto e scritto anche in questi giorni in articoli ed interviste, non sarebbe stato mai tanto popolare tra la gente comune, né riscuoteva troppe simpatie tra i cattolici cosiddetti tiepidi e superficiali? Per non parlare del mondo laicista ed anti cattolico che lo ha sempre attaccato e ridicolizzato ed oggi piange lacrime di coccodrillo.
C’è veramente, dunque, da riflettere, ponendosi delle domande: perché queste manifestazioni pubbliche di affetto? Sicuramente perché oggi più che mai si sente il bisogno, i cattolici sentono il bisogno di tener fermi alcuni punti di riferimento, certi ancoraggi spirituali e culturali, insomma di un pensiero “forte” su certi temi e su certi problemi che drammaticamente sono sul tappeto e che trovavano in Papa Benedetto risposte adeguate e stelle polari sulle quali orientarsi e con le quali trovare le strade giuste.
Mi limito solamente ad alcuni di questi temi che Papa Benedetto aveva affrontato nelle sue lettere encicliche – ed in particolare nella sua insuperabile “Caritas in veritate” – e che avevano caratterizzato il magistero di tutto il suo pontificato:
- Il ruolo pubblico del cristianesimo, tema tornato prepotentemente all’ordine del giorno e dell’agenda politica e culturale per l’assurda pretesa dello Stato di regolamentare le pratiche religiose, conculcando di fatto la libertà religiosa con le restrizioni dovute alla pandemia dei movimenti di ciascuno di noi;
- La critica alla tecnocrazia, allo scientismo ed alla tecnoscienza per il fallimento ed il crollo rovinoso di questi idoli della modernità di fronte alle gravi crisi pandemiche e non solo;
- Il ruolo avuto dall’Unione Europea in tutta la vicenda del Covid 19 con la conferma della mancanza di solidarietà ed ancor meno di fraternità tra gli Stati membri.
Si tratta in effetti di temi che hanno rappresentato il cuore dell’insegnamento di Benedetto XVI, a cominciare, appunto, dal ruolo pubblico del cristianesimo: “senza Dio – scriveva Ratzinger – l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia”. È una fede che si incarna nella storia, non evanescente ed intimistica quella che propone il Papa emerito alle nuove generazioni di credenti, precisando “senza verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale nel dialogo tra i saperi e le operatività”.
Per quanto riguarda poi il crollo degli idoli, indiscussi fino ad oggi, della modernità, Ratzinger ha scritto pagine illuminate, in particolare sulla tecnocrazia e sulla onnipotenza della scienza trasformatasi nella ideologia scientista e sulla visione faustiana della tecnica. La crisi, il connesso disagio e le contraddizioni in cui è caduta la scienza, e quella medica in particolare nel corso di questa vicenda epidemica. Mai come adesso alla speculazione scientifica si sono aperti orizzonti sterminati che la impegnano a tutto campo. Eppure la scienza non è ancora in grado di dire cosa sia la vita, cosa sia l’uomo, come ricordava in più occasioni Karl Jaspers, e la scienza non sa dare ancora senso e significato alla vita dell’uomo e meno che meno alla direzione della sua vita come scriveva il grande filosofo cattolico Gabriel Marcel. Questo perché “la ragione, da sola, non è in grado di dare risposte. E resta un’ingenuità pericolosa quella per cui possa essere da sola la tecnica lo strumento del progresso umano per eccellenza quando questa non sia guidata ed illuminata da una ragione superiore.
Ed è una ragione così illuminata quella che guida la riflessione di Benedetto XVI che non manca di smascherare le illusioni di una tarda modernità il cui fallimento è sotto gli occhi di tutti.
Infine l’Europa che in Ratzinger ha occupato sempre un posto privilegiato nel suo cuore e nella sua speculazione teologica e filosofica.
Basterebbe ricordare le sue parole pronunciate all’eremo di Subiaco il 5 aprile del 2005 a proposito del rifiuto di molti Stati, di inserire nella Costituzione Europea, che non è stata mai varata, e nei Trattati di Lisbona qualsiasi riferimento alle radici cristiane: “Le ragioni che si danno nel dibattito pubblico per questo netto ‘NO’ – diceva il Papa emerito – sono superficiali ed è evidente che più che indicare la vera motivazione la coprono e presuppongono l’idea che solamente la cultura illuminista radicale, la quale ha raggiunto il suo pieno sviluppo nel nostro tempo, potrebbe essere costitutiva per l’identità Europea”.
Il punto è che senza verità, senza fiducia ed amore per il vero, non c’è coscienza e responsabilità sociale “e l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società, tanto più in momenti difficili come quelli attuali (Cfr. “Caritas in veritate”).
Ecco, per tutte queste ragioni, e forse anche per molte altre, il popolo di Dio che ha amato Jospeh Ratzinger e che continua a guardare con attenzione e rispetto al suo insegnamento, ha partecipato in massa ai suoi funerali.