venerdì, 19 Aprile, 2024
Manica Larga

Crowdfunding italiano: esame di maturità

Meglio tardi che mai. Se in principio l’Italia fu il primo Paese al mondo a regolamentare il mercato dell’equity crowdfunding, questa volta rischiava di perdere il treno del mercato unico europeo e trovarsi così tagliata fuori da un ecosistema di grande utilità per molti imprenditori e investitori. Adesso saranno Consob e Banca d’Italia a gestire l’integrazione secondo le rispettive competenze, tanto lato equity quanto lato lending.

Il passo decisivo è avvenuto lo scorso 9 dicembre con l’approvazione da parte del Governo Meloni del decreto legislativo per l’adeguamento della normativa nazionale sul crowdfunding alle disposizioni europee.

Il via libera avviene nel contesto di un’estensione temporale dovuta alla lentezza di alcuni paesi europei nel recepire la direttiva. Dopo i necessari passaggi formali, gli operatori italiani riceveranno una licenza che permetterà loro di raccogliere capitali provenienti dagli altri Stati dell’Unione. E viceversa.

Una grande opportunità, ma che non farà sconti

In questo “viceversa” si gioca la partita. Se infatti accedere a un mercato più ampio rappresenta un’opportunità di crescita per una industria che vale poco meno di mezzo miliardo di euro secondo gli ultimi dati del Politecnico di Milano, dall’altro è altrettanto vero che la competizione sarà molto più intensa in ogni direzione. In altre parole, il crowdfunding italiano adesso dovrà saper crescere.

Già nel corso dell’ultimo anno, ci sono stati i primi movimenti tesi a fare scala, data la scarsa sostenibilità operativa di molte piattaforme. Un’esigenza che fu messa in luce nel Regno Unito dal tentativo di fusione tra i due leader di settore, Seedrs e Crowdcube, la cui proposta incontrò tuttavia il niet dell’autorità di controllo dei mercati, la FCA.

A questo seguì la mossa americana con, da un lato l’acquisizione di Seedrs da parte del gigante americano del retail investing, Republic; e, dall’altro, l’alleanza strategica di Crowdcube con l’americana Seedinvest.

Così se i primi hanno visto nella nuova direttiva l’occasione per allargare le proprie quote di mercato in Europa attraverso la filiale irlandese di Seedrs con l’obiettivo finale di sbarcare in Asia, i secondi, grazie alla licenza ottenuta dalla filiale spagnola di Crowdcube, si sono garantiti una interoperabilitá sui mercati americano, inglese ed europeo.

Nel frattempo la finlandese Invesdor ha annunciato la fusione con l’austriaca Oneplanetcrowd, il cui principale investitore, il fondo di venture capital Unknown Group, ha benedetto la nascita della “principale piattaforma paneuropea di crowdfunding”.

Insomma, il mercato europeo è diventato non solo attraente, ma anche molto vivace. Le piattaforme italiane dovranno saper giocare ogni mossa.

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