sabato, 27 Aprile, 2024
Manica Larga

Silicon Valley: fine di un ciclo o crisi di mezz’età?

E poi arriva il turno dello scatolone. Ci fu quello delle banche ai tempi della crisi finanziaria mondiale. Qualche anno dopo, quello di decine di startup tecnologiche e dei big del tech. Da inizio 2022 il conto ha superato quota 120 mila.

Zuckerberg ha licenziato 11 mila dipendenti. Amazon ha confermato piani per tagliare fino a 10 mila posti di lavoro. Elon Musk, che deve recuperare 44 miliardi di dollari, non ha perso tempo annunciando rivoluzioni nel modello di business di Twitter, il 75% di tagli al personale e una routine durissima per i fortunati che riusciranno a salvarsi (che nel frattempo hanno annunciato dimissioni di massa). Senza dimenticare le sorti di giovani fintech, che minimizzano le difficoltà del presente confermando i piani futuri.

Un puzzle complesso

Cosa sta succedendo? Per alcuni commentatori si tratta di una conseguenza del post-Covid. In lockdown sono state le aziende tecnologiche a fare il mercato. Brand come Zoom, Peloton, Netflix e le piattaforme di commercio elettronico offrivano un’alternativa alle nostre vite al chiuso. Solo che quando il mondo ha ripreso a girare come una volta, la domanda è venuta meno.

Allo stesso tempo gli investitori non accettano l’idea di vedere ridotti i propri dividendi. Per esempio, Sir Christopher Hohn, investitore attivista di Alphabet, societá ombrello di Google e Youtube, ha esortato in una lettera aperta la società a tagliare e pagare. Non a caso sono adesso i dipendenti di Google a temere la scure.

Ci sono poi coloro che giudicano insostenibili stipendi e benefit, mentre altri puntano il dito su mercati ormai maturi o su tassi di interesse troppo alti per poter investire con disinvoltura, come accaduto nel recente passato.

Nel frattempo, alcuni fondi di investimento hanno fatto sapere che con una durissima recessione alle porte il tempo per scommesse che non hanno prodotto risultati, dalla realtà virtuale fino alle auto senza conducente, è scaduto.

Più in generale, quella che sembra essere giunta al termine è la corsa alla crescita a tutti i costi con numerose realtà aziendali che di fatto non sono mai state profittevoli. Anche per questo, secondo alcuni analisti, ci troviamo di fronte alla fine di un ciclo, quello della Silicon Valley. Per altri invece si tratta solo di una crisi di mezza età. Poi ci sono gli ottimisti che fanno appello all’effetto fenice, nella speranza che i neo disoccupati di lusso si ritroveranno presto in chiassosi caffè per sviluppare nuovi prodotti e modelli di business.

Ripensare il capitalismo?

Insomma, nostalgie o incrollabile voglia di futuro a parte, l’opportunità che sembra emergere viene dal porsi una domanda a proposito delle ragioni per cui una crisi tira dietro l’altra con troppa facilità.

Forse è arrivato il tempo di ripensare dalle fondamenta un modello economico troppo fragile che ha prodotto, per eterogenesi dei fini, conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti a partire dalla diffusa instabilità sociale o dai timori delle nuove generazioni a secco di prospettive.

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