giovedì, 18 Aprile, 2024
Economia

Cgia: servono 70 miliardi per famiglie e imprese

È in arrivo uno degli inverni più difficili degli ultimi 50 anni. Per salvare i bilanci delle famiglie e delle imprese sarà necessario impiegare entro la fine dell’anno almeno 70 miliardi di euro. La previsione non rassicurante per cittadini e nuovo Governo arriva dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre. “La situazione è critica”, sostiene l’Ufficio studi della Cgia, “il nuovo esecutivo dovrà fare l’impossibile per recuperare tutte queste risorse senza ricorrere ad un aumento del deficit, visto che, al massimo, potrà beneficiare su un ‘tesoretto’ che potrebbe toccare i 25 miliardi di euro”. Se il Governo non riuscirà a recuperarne altri 45, per la Cgia – società di analisi socio economiche legata alla Confederazione nazionale degli artigiani -, il Paese rischia un 2023 molto complicato. Nel frattempo metà delle Province sono prossime alla recessione.

Dove serviranno i 70 miliardi

Due i settori che richiederanno il massimo sforzo del Governo. Per la Cgia, dei 70 miliardi che serviranno per fine anno, 35 sono da impiegare per dimezzare il caro bollette e altrettanti, con la legge di Bilancio 2023, per non far decadere dal prossimo gennaio alcune misure introdotte dal Governo uscente.

Frenare il caro bollette

Stando così i conti, il premier e i suoi ministri dovrebbero trovare entro il prossimo 31 dicembre almeno 35 miliardi di euro per dimezzare gli aumenti di costo in capo a famiglie e imprese previsti nel 2022.
“Aumenti che, al netto dei 58 miliardi di aiuti erogati quest’anno”, scrive la Cgia, “ammontano complessivamente a 70 miliardi di euro”. Ma qualcosa c’è già in cassa.

Da Draghi e Ue 25 miliardi

Il “tesoretto”, che il nuovo governo erediterà dal presidente uscente Draghi, potrebbe essere di 20 miliardi: 10 da usare subito e altri 10 da impiegare nella manovra 2023. “Risorse che sono state recuperate”, osserva la Cgia “senza fare nuovo deficit, grazie al fatto che in quest’ultimo anno l’esecutivo uscente è riuscito a mantenere i conti ordine”. “Un ulteriore aiuto”, segnala l’Ufficio studi, “potrebbe arrivare anche da Bruxelles che sta per mettere a punto una misura che consentirà di recuperare i fondi strutturali europei 2014-2020 non ancora spesi o non impegnati in modo vincolante. Il nostro Paese potrebbe avere a disposizione tra i 4-5 miliardi di euro”. Nel caso non si volesse fare nessun altro scostamento di bilancio, osserva il Centro studi, non sarà certo facile trovare in poco tempo ben 45 miliardi di euro.

Le previsioni per il 2023

Sebbene mai come in questo momento elaborare delle previsioni economiche sia particolarmente arduo, a detta di tutti i principali istituti di ricerca, comunque, il 2023 sarà molto difficile. I segnali che a fine anno avremo difficoltà si moltiplicano. Mentre come annunciato i primi mesi del 2023 saranno altrettanto duri con un Pil che segnerà una netta frenata

Le Province chi bene chi male

Delle 107 province monitorate da Prometeia, ad esempio, 67 (pari al 62 per cento del totale) l’anno prossimo registreranno una crescita negativa. Se a livello nazionale il Pil (o meglio il valore aggiunto reale) sarà pari a zero, le differenze a livello provinciale saranno abbastanza contenute, anche se si verificheranno alcune sorprese positive: come le performance di alcune realtà del Mezzogiorno.

Quelle che crescono

“Anche se dello zero virgola”, fa fa presente la Cgia, “tra le province che l’anno prossimo registreranno una crescita positiva segnaliamo, in particolar modo, Roma, Belluno, Viterbo, Fermo e Bari (tutte con il +0,3 per cento), Venezia, Foggia e Modena (con il +0,4 per cento), Cremona, Verona e Bologna (con il +0,5 per cento), Salerno e Savona (entrambe con il + 0,6 per cento)”. A guidare la graduatoria a livello nazionale, infine, sarà il capoluogo di regione della Lombardia. Nella provincia di Milano, infatti, l’aumento del valore aggiunto toccherà il +0,8 per cento.

Le Province in recessione

Le situazioni più critiche, invece, indica la Cgia, riguarderanno Pisa, Cagliari, Ragusa, Messina e Macerata (tutte con una diminuzione della crescita dello 0,8 per cento), Enna e Rovigo (entrambe con il – 0,9 per cento) e Vibo Valentia (con il -1 per cento).

In fondo classifica

Va infine segnalato che sono molte le province che non hanno ancora recuperato il livello di ricchezza che avevamo nel periodo pre-Covid (2019). Le situazioni di maggiore ritardo le scorgiamo a Siena (-1,9 per cento), Prato (-2), Belluno (-2,2) e Pisa (-2,3). Maglia nera, infine, per le province di Campobasso e Vibo Valentia (-2,4).

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