venerdì, 15 Novembre, 2024
Società

In ricordo di don Luigi Sturzo

Chi, come noi, si considera parte della grande tradizione popolare ha un debito enorme con un personaggio del calibro di don Luigi Sturzo. Oggi più di ieri avremmo bisogno della sua chiarezza espositiva. E, soprattutto, della straordinaria lucidità con cui interpretava la realtà.
Viviamo in un’epoca difficile, nella quale l’apparire prevale sull’essere.
Un ritorno alle radici ci aiuterebbe a ritrovare la “dritta via” smarrita.
Se davvero vogliamo sconfiggere il populismo ed il pressapochismo di alcuni protagonisti della vita pubblica dobbiamo fare un passo indietro e rileggere gli scritti dei grandi del nostro passato.
I saggi brevi che, a partire da oggi, vi proponiamo servono proprio a questo.
Buona lettura!

Quest’anno ci sono stati due anniversari collegati tra loro: il 60º della morte di don Luigi Sturzo ed il centenario dello storico appello “a tutti gli uomini liberi e forti” da lui lanciato nel 1919.
La scomparsa dell’illustre sacerdote è stata celebrata con una messa solenne presieduta da S. Em. za Rev. ma Cardinale Gualtiero Bassetti, presso la Basilica dei Santi Apostoli in Roma; per la ricorrenza dell’appello, invece, nella città di Caltagirone si è tenuto nel mese di giugno un convegno di tre giorni dal titolo “L’attualità di un impegno nuovo”, organizzato dalla Fondazione Casa Museo Sturzo, l’Azione Cattolica
Italiana, l’Istituto don Luigi Sturzo, il Centro internazionale studi Sturzo, l’Università cattolica L.U.M.S.A. e
la Fondazione De Gasperi, Sturzo, al quale hanno partecipato i docenti della L.U.M.S.A. Professori
Francesco Bonini, Luigino Bruni, Marco Olivetti, Stefano Zamagni. Essi hanno affrontato e discusso parte
del Programma che don Sturzo e i membri della Commissione Provvisoria del nascente Partito Popolare
Italiano sottoscrissero. I 12 punti (da non confondere con gli altrettanti del programma sturziano) sono stati: Famiglia e vita, Scuola ed educazione, Corpi intermedi e rappresentanze, Lavoro e cooperazione, Sviluppo e ambiente, Stato e autonomie locali, Salute e solidarietà, Chiesa e libertà religiosa, Economia e fiscalità, Politica e riforme istituzionali, Migrazioni e immigrazione, Europa (con focus sul Mediterraneo) e pace.

Della Commissione che scrisse l’Appello ed stilò il Programma, oltre al sacerdote, che si firmò come
Segretario politico, essendo stato eletto come tale, facevano parte quattro parlamentari cattolici ed altri
cinque eminenti personaggi, come si potrà vedere leggendo le firme in calce ai testi che riproduciamo.
Prima d’entrare nel merito di quei documenti, infatti, offriamo il testo integrale dell’Appello assieme al
Programma che lo accompagnò, onde consentire ai lettori di rileggerli per poter meglio seguire quanto
scriveremo.

Parte prima

L’APPELLO DI LUIGI STURZO AI LIBERI E FORTI
“A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori
della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnino nella loro
interezza gli ideali di giustizia e libertà. E mentre i rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per
preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni Paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i Paesi uniti nel vincolo solenne della «Società delle Nazioni».

E come non è giusto compromettere i vantaggi della vittoria conquistata con immensi sacrifici fatti per la
difesa dei diritti dei popoli e per le più elevate idealità civili, così è imprescindibile dovere di sane
democrazie e di Governi popolari trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con i supremi interessi
internazionali e le perenni ragioni del pacifico progresso della società.

Perciò sosteniamo il programma politico-morale patrimonio delle genti cristiane, ricordato prima da parola
angusta e oggi propugnato da Wilson come elemento fondamentale del futuro assetto mondiale, e rigettiamo gli imperialismi che creano i popoli dominatori e maturano le violente riscosse: perciò domandiamo che la Società delle Nazioni riconosca le giuste aspirazioni nazionali, affretti l’avvento del disarmo universale, abolisca il segreto dei trattati, attui la libertà dei mari, propugni nei rapporti internazionali la legislazione sociale, la uguaglianza del lavoro, le libertà religiose contro ogni oppressione di setta, abbia la forza della sanzione e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli contro le tendenze sopraffattrici dei forti.

Al migliore avvenire della nostra Italia – sicura nei suoi confini e nei mari che la circondano – che per virtù
dei suoi figli, nei sacrifici della guerra ha con la vittoria compiuta la sua unità e rinsaldata la coscienza
nazionale, dedichiamo ogni nostra attività con fervore d’entusiasmi e con fermezza di illuminati propositi.

Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e
individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i
limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali – la famiglia, le classi, i Comuni – che
rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera
espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell’Istituto Parlamentare sulla base della
rappresentanza proporzionale, non escluso il voto delle donne, e il Senato elettivo, come rappresentanza
direttiva degli organismi nazionali, accademici, amministrativi e sindacali: vogliamo la riforma della
burocrazia e degli ordinamenti giudiziari e la semplificazione della legislazione, invochiamo il riconoscimento giuridico delle classi, l’autonomia comunale, la riforma degli Enti Provinciali e il più largo
decentramento nelle unità regionali.

Ma sarebbero queste vane riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nuova società, il vero senso di libertà, rispondente alla maturità civile del nostro popolo e al più alto sviluppo delle sue energie: libertà religiosa, non solo agli individui ma anche alla Chiesa, per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo; libertà di insegnamento, senza monopoli statali; libertà alle organizzazioni di classe, senza preferenze e privilegi di parte; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche.

Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e delle attività, che debbono trovare al centro la coordinazione, la valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie, che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere dall’anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all’autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale.

Le necessarie e urgenti riforme nel campo della previdenza e della assistenza sociale, nella legislazione del
lavoro, nella formazione e tutela della piccola proprietà devono tendere alla elevazione delle classi
lavoratrici, mentre l’incremento delle forze economiche del Paese, l’aumento della produzione, la salda ed
equa sistemazione dei regimi doganali, la riforma tributaria, lo sviluppo della Marina Mercantile, la soluzione del problema del Mezzogiorno, la colonizzazione interna del latifondo, la riorganizzazione scolastica e la lotta contro l’analfabetismo varranno a far superare la crisi del dopo-guerra e a tesoreggiare i frutti legittimi e auspicati della vittoria.

Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, inspirandoci ai saldi principi del
Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell’Italia; missione che anche oggi, nel nuovo
assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi di fronte a sconvolgimenti
anarchici di grandi Imperi caduti, di fronte a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni
identità, di fronte a vecchi liberalismi settari, che nella forza dell’organismo statale centralizzato resistono
alle nuove correnti affrancatrici.

A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell’amore alla patria sanno congiungere
il giusto senso dei diritti e degli interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e
rispettano le virtù morali del nostro popolo, a nome del Partito Popolare Italiano facciamo appello e
domandiamo l’adesione al nostro Programma.
Roma, lì 18 gennaio 1919

Il prosieguo nel prossimo numero…

Condividi questo articolo:
Sponsor

Articoli correlati

Recovery fund: Carfagna, “Occasione irripetibile per il Mezzogiorno”

Redazione

Verso il nuovo anno nel segno dell’immobilismo

Giampiero Catone

Il Pil salvato dal triangolo Milano-Bologna-Venezia

Maurizio Piccinino

Lascia un commento

Questo modulo raccoglie il tuo nome, la tua email e il tuo messaggio in modo da permetterci di tenere traccia dei commenti sul nostro sito. Per inviare il tuo commento, accetta il trattamento dei dati personali mettendo una spunta nel apposito checkbox sotto:
Usando questo form, acconsenti al trattamento dei dati ivi inseriti conformemente alla Privacy Policy de La Discussione.