L’aumento dell’inflazione è costato agli italiani oltre 92 miliardi di euro. Ecco una prima proiezione della corsa dei prezzi generata dal caro energia. Tema che la società di indagini socio economiche Cgia di Mestre rilancia con preoccupazione.
“L’inflazione è una tassa della peggior specie, perché colpisce soprattutto chi ha meno”.
Patrimoniale sui conti
In talune condizioni, spiegano gli analisti della Cgia, gli effetti che sprigiona sono ancor più preoccupanti. “In particolar modo, quando si abbatte come una patrimoniale sui conti correnti”. Inoltre si assiste al paradosso. “In un momento di difficoltà come questo, le famiglie pensano di avere il proprio “gruzzoletto” al sicuro; in realtà è un illusione monetaria”, fa presente la Cgia, “poiché una parte dei risparmi è destinata a evaporare”.
Cosa l’inflazione eroderà
A fare i conti ci ha pensato l’Ufficio studi della Cgia. In termini puramente teorici, infatti, in questo ultimo anno l’aumento dell’inflazione è costato agli italiani oltre 92 miliardi di euro”, prosegue la società. Ma come si è giunti a questo risultato? “Tenendo conto che in questi ultimi 12 mesi il tasso di interesse applicato dagli istituti di credito sui depositi bancari”, scrive la società, “si è aggirato attorno allo zero e l’inflazione, invece, è cresciuta dell’8 per cento, a risparmi invariati, che al 31 dicembre scorso ammontavano complessivamente a 1.152 miliardi, il caro vita ha eroso questi ultimi di 92,1 miliardi di euro”.
Il prelievo Amato costò meno
“Il 6 per mille imposto da Amato ci costò 18 volte di meno”, calcola la Cgia, “l’aspetto per certi versi singolare di tutta questa vicenda è che le persone faticano a cogliere e quantificare gli effetti negativi dell’inflazione sui risparmi. A distanza di 30 anni, ad esempio, tutti ricordano ancora con grande rabbia il prelievo straordinario del 6 per mille imposto dall’allora Governo Amato sui conti correnti degli italiani. Nell’estate del 1992, infatti, quella misura costò alle famiglie 5.250 miliardi di lire, ovvero 2,7 miliardi di euro”.
Rivalutando questo importo a maggio 2022, calcola l’Ufficio studi, “il prelievo sale a 5 miliardi di euro; praticamente un “sacrificio” economico 18 volte inferiore ai 92 miliardi stimati, in quest’ultimo anno”.
Effetti negativi sul risparmio
L’aspetto per certi versi singolare di tutta questa vicenda è che le persone faticano a cogliere e quantificare gli effetti negativi dell’inflazione sui risparmi. “A distanza di 30 anni, ad esempio, tutti ricordano ancora con grande rabbia il prelievo straordinario del 6 per mille imposto dall’allora Governo Amato sui conti correnti degli italiani. Nell’estate del 1992”, calcola la Cgia, “infatti, quella misura costò alle famiglie 5.250 miliardi di lire, ovvero 2,7 miliardi di euro. Rivalutando questo importo a maggio 2022, il prelievo sale a 5 miliardi di euro”. Praticamente un “sacrificio” economico 18 volte inferiore ai 92 miliardi stimati, in quest’ultimo anno, dall’Ufficio studi della Cgia.
Regioni ricche più colpite
Lombardia, Lazio e Veneto le regioni più penalizzate.
“Come era prevedibile, a livello territoriale il costo più salato l’hanno pagato i risparmiatori delle regioni più ricche”, osserva lUfficio studi, “in Lombardia la perdita di potere di acquisto è stata di 19,4 miliardi, nel Lazio di 9,3, in Veneto di 8,3 e in Emilia Romagna di 8,12”.
La sorpresa dei territori
Desta sicuramente molta sorpresa il risultato emerso dal confronto tra le macro aree geografiche del Paese. “Se a Nordovest il ‘prelievo’ è stato di ben 29,8 miliardi, nel Mezzogiorno invece ha raggiunto quota 22,8 miliardi”, calcola l’Ufficio studi, “un dato, quest’ultimo, superiore ai 20,7 miliardi registrati nel Nordest e, ancor più, rispetto ai 18,8 miliardi riconducibili al Centro”.
Stagflazione in arrivo
Lo studio dei dati porta la Cgia ad una indicazione. “Stiamo scivolando verso la stagflazione
Il pericolo che la nostra economia stia scivolando lentamente verso la stagflazione è molto elevato”, prevede la società di analisi economiche, “Quest’ultimo è un termine ai più sconosciuto, anche perché si manifesta raramente, ovvero quando ad una crescita economica molto bassa (se non addirittura negativa) si affianca un’inflazione molto elevata che provoca un aumento del tasso di disoccupazione”.
Crescita zero inflazione al top
Un quadro economico che in tempi relativamente brevi potrebbe verificarsi anche in Italia. “Con le difficoltà legate alla pandemia, agli effetti della guerra in Ucraina, all’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici rischiamo, nel medio periodo, di veder scivolare la crescita economica verso lo zero, con una inflazione che, invece, potrebbe raggiungere a breve le due cifre”, prevede la Cgia.
Contro misure da prendere
Contrastare la stagflazione, segnala l’Ufficio studi della Cgia, è un’operazione molto complessa. “Per attenuare la spinta inflazionistica, gli esperti sostengono che le banche centrali dovrebbero contenere le misure espansive e aumentare i tassi di interesse, operazione che consentirebbe di diminuire la massa monetaria in circolazione”. “E’ evidente che avendo un rapporto debito-Pil tra i più elevati al mondo”, osserva la Cgia, “con l’aumento dei tassi di interesse l’Italia registrerebbe un deciso incremento del costo del debito pubblico. Un problema che potrebbe minare la nostra stabilità finanziaria”.
Tagliare spesa e tasse
Le misure per intervenire ci sono ma sono scelte da attuare subito. “Bisognerebbe, intervenire simultaneamente almeno su altri tre versanti”, propone la Cgia, “in primo luogo, attraverso la drastica riduzione della spesa corrente e, in secondo luogo, con il taglio della pressione fiscale, unici strumenti efficaci in grado di stimolare i consumi e per questa via alimentare anche la domanda aggregata di beni e servizi”.
Prezzo del gas, subito un tetto
Operazioni, queste ultime, non facili da applicare in misura importante, almeno fino a quando non verrà “rivisto” il Patto di Stabilità a livello europeo. “Infine, dovremmo assolutamente introdurre un tetto al prezzo del gas e del carburante”, conclude l’analisi della Cgia, “due voci che in questi ultimi 12 mesi hanno contribuito in misura determinante ad innalzare pericolosamente il nostro livello di inflazione”.