giovedì, 25 Aprile, 2024
Attualità

Flop dei referendum? Ma il quorum non si tocca

Le ragioni di una sconfitta

L’esito della consultazione referendaria in materia di giustizia, seppur nella sua prevedibilità, impone alcune riflessioni del “giorno dopo”. Non si tratta di individuare responsabilità o colpe ma di analizzare i dati che, nel bene e nel male, ci consegnano la fotografia di un elettorato sempre più lontano dai temi della Giustizia.

Il primo dato degno di nota è senza dubbio l’astensionismo, trattandosi del referendum meno votato della storia costituzionale del nostro Paese.

Il tecnicismo dei quesiti referendari ha certamente influito sulla decisione dei cittadini di andare alle urne. Le norme di cui si proponeva l’abrogazione fanno parte di normative più complesse, basti pensare alla legge di ordinamento giudiziario su cui lo stesso Parlamento ha incontrato non poche difficoltà nell’elaborare un testo ponderato e politicamente condiviso idoneo a modificare il sistema della magistratura nelle sue molteplici sfaccettature. Sarebbe stato possibile – viene da chiedersi a questo punto – ottenere una riforma attraverso uno strumento di democrazia diretta volto ad abrogare, sic et simpliciter, singoli articoli di una legge complessa? Probabilmente no, pur senza scomodare i grandi esempi del passato, come il referendum sul divorzio o sull’aborto.

Del resto, pur senza addentrarsi nei meandri della formulazione legislativa, resta il fatto che i temi oggetto del referendum non si prestavano facilmente ad una presa di posizione netta da parte del cittadino, basti pensare alle modifiche proposte in tema di custodia cautelare in carcere e di incandidabilità dei condannati (c.d. Legge Severino) sulle quali, seppur al di sotto del quorum imposto dalla legge, oltre il 40% dei votanti si è espresso in maniera negativa. È evidente che tale risultato impone una riflessione politica (e per alcuni versi giudiziaria) che affronti i nodi irrisolti della Giustizia innanzitutto dal punto di vista operativo, basti pensare alle criticità del c.d. Codice rosso e alla condanna del nostro Paese da parte della Corte EDU per la mancata tutela delle donne vittime di violenza. Così, se è vero che è del tutto fuorviante porre sullo stesso piano la tutela delle vittime e l’abuso della custodia cautelare in carcere e altrettanto vero che il tema merita una riflessione più ampia che vada oltre il referendum e oltre la mera prospettata abolizione dell’art. 274, comma 1, lett. c), c.p.p. che avrebbe di fatto, in caso di vittoria del sì, solo limitato le esigenze cautelari, nella specie nel pericolo di reiterazione del reato.

Questa ultima riflessione vale altresì a sgomberare il campo dalle opinioni di quanti ritengono che il flop di domenica scorsa debba indurre il legislatore (costituzionale) a rivedere lo strumento referendario soprattutto per quanto riguarda il quorum. In realtà bisogna volgere lo sguardo altrove, sia che si vogliano tirare le fila sul disinteresse dei cittadini ai temi della Giustizia, sia che si voglia prendere spunto per le riforme che, necessariamente, devono passare per il Parlamento. Non dimentichiamo che il quorum serve proprio a garantire la più ampia partecipazione popolare.

Fonte foto: Carlo Lannutti – Imagoeconomica

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