venerdì, 19 Aprile, 2024
Parco&Lucro

I mercati studiano il mondo in trasformazione

I movimenti dei mercati finanziari di queste prime due settimane dell’anno ci hanno già fatto percepire che sarà difficilmente un 2022 piatto.
In particolare, il rialzo del tassi della Fed (vero o annunciato), l’aumento dell’inflazione sulle due sponde dell’Atlantico, la variante Omicron e tutte le derivazioni di questa nuova fase della pandemia, hanno indotto gli investitori a chiedersi come posizionare il proprio portafoglio. Difficile prevedere il futuro, soprattutto nel breve termine; più facile, per modo di dire, interpretare i propri obiettivi al di là dei movimenti nel breve.

Altro esercizio possibile è quello di osservare quali sono i temi e le sfide che il mondo produttivo, e il mondo in generale, sta affrontando, con un occhio alla storia ed un occhio al futuro immediato.

Pnrr, investire nel modo giusto: transizione ecologica e digitale

Il secondo anno di Pnrr vede profilarsi un obbiettivo essenziale: portare a regime la spesa per gli investimenti. Il documento redatto ad aprile dal Premier Draghi, vede nei suoi allegati alcuni dati importanti, ovvero i 167 progetti da portare a contabilizzazione per una spesa complessiva di 27,5 miliardi. Le due missioni chiave del 2022 sono la transizione ecologica e la digitalizzazione. Entrambe le missioni, già avviate nel 2021, vedono il 2022 come l’anno del vero e proprio decollo. Da qui non passa solamente la nostra credibilità, ma anche la concreta possibilità per l’Italia, prima beneficiaria del piano di aiuti europeo, di porsi come modello capace, finalmente, di attrarre investimenti e di sostenere le aziende veramente in grado di innovare e di porsi come leader degli asset che governeranno il nostro pianeta nel futuro immediato.
I punti chiave su cui puntare sono molti e ormai ben chiari: rigenerazione urbana, sviluppo di nuovi processi di produzione ad emissioni zero, nuova organizzazione dei trasporti, passaggio alle automobili elettriche, ingegnerizzazione dei processi di produzione e smaltimento delle batterie, digitalizzazione della pubblica amministrazione, dei servizi al cittadino e conseguente sburocratizzazione, anche e soprattutto alle imprese.

La Digital disruption, opportunità per le aziende old e new

Come riportato dalla Harvard Business Review, in un interessante articolo di Jualian Birkinshaw, Professore della London Business School, se è vero che la durata media della presenza delle aziende della old economy nello S&P500 è decisamente in calo, è altrettanto vero che delle aziende che compaiono nella classifica Fortune 500 solo 17 non esistevano a metà degli Anni 90 (inizio della rivoluzione digitale), le altre 483 c’erano già. Sempre secondo l’autorevole autore dell’articolo, gli incumbent (le aziende dominanti nei loro settori, appartententi – semplificando – alla “vecchia guardia”) possono rispondere e hanno risposto, per la gran parte, alle grandi sfide in diversi modi, in particolare, riconsolidandosi: contrattaccando ; facendo nuovi investimenti negli asset in essere; investendo in nuovi asset.

Anche le nuove realtà nate e nasciture nel segmento della trasformazione digitale non possono che avvantaggiarsi dal cambio di passo che la pandemia ha portato all’interno delle imprese, dei processi produttivi e della fornitura di servizi.

Rimane valida la celebre frase di Charles Darwin, sia per le imprese che per gli investitori: “Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”.

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