domenica, 15 Dicembre, 2024
Sanità

Il sommerso della sofferenza

Seppure questa mia riflessione nasca da una esperienza diretta di natura professionale/imprenditoriale fatta sul campo, essa non è sufficiente ad un’analisi del fenomeno, perché è circoscritta al sistema delle RSA. Per la comprensione di ciò che accade oggi nel settore, ritengo utile un passo indietro e allargare il campo d’osservazione del fenomeno.

Si tratta di mettere a fuoco la questione sociale più generale che sta a monte del sistema delle RSA, la questione relativa al mondo che considero il “sommerso della sofferenza”, troppo frequentemente considerata con superficialità dalle nostre Istituzioni Pubbliche. Il dato da cui partire è il seguente (dati aggiornati al 2018 ma la qualità dei fenomeni non è mutata di molto, si è soltanto aggravata): in Italia la popolazione continua a invecchiare, in modo inversamente proporzionale alle condizioni allarmanti dello Stato e alla qualità dei servizi (2015 e 2017).

Secondo l’ISTAT, nei primi sei mesi 2017 ci sarebbe stata un’impennata di decessi, + 8.8 rispetto al 2016, dato che induce a pensare a un peggioramento della qualità delle cure e dell’assistenza erogate alla popolazione e in particolare degli anziani non autosufficienti. In Italia dobbiamo partire da un dato fondamentale per ragionare sull’organizzazione dell’assistenza: la quantificazione del numero di anziani non autosufficienti ammonta a circa 3.500.000 persone, mentre gli anziani ricoverati in RSA sono poco più di 240.000. Le RSA sono appannaggio quasi esclusivo di chi usa il sistema privatamente, cioè dai benestanti che possono pagare l’intera retta.

In Sicilia il dato è il più esagerato: il 90 % dei residenti nelle Case paga la retta intera in regime privatistico (mediamente € 3.000 pro-capite); il rimanente 10 % di utenza si divide tra chi la retta non la paga (per stato di povertà, gravità della malattia e urgenza del ricovero), e chi, tra i ceti medio-bassi, può permettersi di pagarne la metà, cioè ben pochi. C’è un gap reddituale che segna il confine tra i ricchi, benestanti e ceto medio, che benestante non è più. In Italia gli anziani non autosufficienti sono più di 3.500.000, dicevo, e coloro che beneficiano di adeguata assistenza sono circa 770.000, 240.000 ricoverati nelle RSA e 530.000 assistiti a domicilio. Quest’ultima forma di assistenza è considerata universalmente la migliore per qualità umana e di servizio. Dove sono finiti, dunque, i 2.730.000 di anziani non autosufficienti che non godono dei servizi onnicomprensivi?

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