giovedì, 25 Aprile, 2024
Politica

Riforme; Draghi impone il suo metodo, prima conti in equilibrio poi pensioni e fisco

L'azione del Governo entra in una fase cruciale

Sindacati e associazioni di categoria chiamati a discutere di regole su previdenza e tasse ma le scelte spettano al Governo. Ai partiti il compito di votare in Parlamento e garantire stabilità alla maggioranza e soprattutto al loro premier.

L’azione politica istituzionale del premier Mario Draghi è lineare e levigata: “Ora non ci sono margini per una riforma della previdenza”, puntualizza. Una franchezza – questa volta espressa per la riforma delle pensioni – che è la nuova bussola delle relazioni politiche e del confronto sindacale. La stabilità e l’equilibrio dei conti non solo come virtù del buon amministrare ma come necessità per portare in salvo un Paese che nella indeterminatezza se non abuso delle risorse finanziarie ha uno dei suoi punti più deboli. Una indisciplina che ha contagiato anche i cittadini che convivono con un “Magazzino fiscale” dell’Agenzia delle entrate e riscossione che vanta crediti non più esigibili per 900 miliardi.

Il Governo innanzitutto

La versione di Draghi è stata chiarissima anche ai sindacati negli ultimi due vertici tenuti a Palazzo Chigi. Il Premier con poche parole ha ricordato che non ci sono soldi per una riforma strutturale della previdenza, che non poteva essere quindi definita nel merito senza un percorso a tappe che arriverà almeno fino a marzo. Poi se regole e conti combaceranno allora scatterà il via libera.

La svolta

Le aspettative dei sindacati erano ben diverse, ma alla doccia fredda nessuno si è strappato le vesti. Segno che c’è poco da discutere, o come recita la vecchia osservazione comunista: “I fatti hanno la testa dura”, per cui inutile insistere. Così nelle tormentate vicende dei governi nazionali oggi accade, e ne siamo testimoni, di una svolta che in pochi commentano. La nuova prassi ha toni bassi, commenti riflessivi, con risultati ottenuti senza battere i pugni, senza anatemi e senza quello strombazzare polemico che finora non ha portato a nulla, basta guardare la parabola dei 5S che dal “vaffaday” sono passati sotto le ali protettive del premier Draghi e dell’Europa.

Niente deflagrazione

Se ci soffermiamo sul tema previdenza, questa nuova fase della politica italiana è evidente e, per parte nostra, anche benvenuta. Il rinvio della discussione sulla riforma delle pensioni arriva già da altri rinvii e ognuno segnato da ultimatum. Nessuno però ha innescato una deflagrazione di proteste. I toni e le parole usate dai leader di Cgil, Cisl e Uil, sono state di attenzione con qualche venatura polemica, certo ci sono state le mobilitazioni regionali dei sindacati, qualche intervista con concetti critici e anche condivisibili, ma niente sciopero generale e niente muro contro muro. Le stesse dichiarazioni rilasciate dai leader di Cgil, Cisl e Uil dopo l’ultimo vertice di Palazzo Chigi, aprono un altro metodo nelle relazioni. Quello di guardare ai fatti, ai conti alle possibilità che possono essere realmente percorse. Così è toccato al segretario della Cgil, Maurizio Landini inaugurare l’aggiornamento di linea con una osservazione a botta calda rilasciata dopo il vertice con il premier e i suoi ministri, ad esprimere la consapevolezza che la possibilità di un confronto offerta da Mario Draghi sulle pensioni e sul fisco “non era scontata”.

Regole e conti

La partita della previdenza si giocherà con un primo tempo nel 2021 e l’altro nel 2022. Nel frattempo l’unica scelta che rimarrà in piedi – era quella avversata dai partiti e sindacati ma voluta da Draghi – per l’anno prossimo è “Quota 102” con l’andare in pensione con 64 anni di età e 38 di contributi. I giochi si sono chiusi per ora senza che siano stati indicati quanti soldi avrà la prossima riforma delle pensioni. Il tema era quello delle coperture che come osservato dal premier ora non ci sono. Bisognerà attendere la primavera per sapere che dote finanziaria assegnare alla previdenza. Per quella data ci si concentrerà nel scrivere le nuove regole che devono avere come “bussola” la sostenibilità dei conti prima di discutere di Quote, anni e di flessibilità in uscita dal lavoro, perché il nuovo sistema sarà tarato sul contributivo pieno. In altri versi il Governo impone la sua linea e i sindacati, – ma questo vale anche per le Associazioni di categoria e i partiti -, saranno chiamati a definirne i contenuti e le regole sulle quali si svilupperà il confronto. Detto con parole dirette per ora i sindacati dovranno accontentarsi dell’inizio di un nuovo dialogo, nella promessa fatta da Draghi di portare sia pure a tappe la riforma previdenziale a buon fine.

Otto miliardi, dove andranno?

Il prossimo banco di prova del nuovo metodo sarà sull’utilizzo gli otto miliardi destinati alla riduzione delle tasse. Come ripartire una cifra considerevole. I sindacati sollecitano un all’alleggerimento del carico fiscale che grava sulle buste paga dei lavoratori, mentre le scelte sono ancora da fare e concordare con i partiti della maggioranza e delle opposizioni. Il metodo Draghi possiamo prevedere si farà sentire anche in questo campo. Sarà lineare con ciò che prevede la Costituzione: i tempi della legge di Bilancio sono strettissimi, il varo del testo dal Senato è atteso per il 20 dicembre con un voto finale alla Camera tra il 28 e il 30 dicembre. Lo spazio di manovra sugli otto miliardi sarà affidato al Parlamento e toccherà ai partiti scegliere bene, ponderare le mosse, senza incrinare la stabilità del Governo e, soprattutto, del suo premier.

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