lunedì, 23 Dicembre, 2024
Politica

Riparte il dialogo Governo-Sindacati. Si cerca un’intesa su Quota 102 e 41

Domani  alle  1730 a Palazzo Chigi andrà in onda una “Operazione distensione”, almeno nelle intenzioni c’è la volontà di trovare una intesa sulla riforma delle pensioni tra sindacati e Governo. L’appuntamento sarà un ritrovarsi in un faccia a faccia tra i leader sindacali e il presidente del consiglio, Mario Draghi dopo le tensioni del 26 ottobre quando emersero tali divergenze che la riunione finì con un nulla di fatto e un susseguirsi di dichiarazioni polemiche. Con il premier “contrariato” e i sindacati che annunciarono mobilitazioni evocando lo sciopero generale.

Il nuovo round Domani l’incontro che le parti sperano sia più promettente. Le posizioni sono rimaste distanti ma chiare nei presupposti. Ad attendere la delegazione di Cgil, Cisl e Uil, con i leader: Landini, Sbarra e Bombardieri, ci sarà il premier Draghi con i ministri di Economia, Lavoro e Pubblica amministrazione, Daniele Franco, Andrea Orlando e Renato Brunetta. La convocazione ha un solo obiettivo portare a termine la riforma delle pensioni. E le novità emerse in questi giorni vanno nella direzione di riaprire il confronto.

Ipotesi e scelte

Ci sono alcune certezze come la fine di Quota 100 – misura giudicata dal premier dispendiosa ed inefficace – e una nuova versione di Opzione Donna che prevede l’andata in pensione a 58 anni per le lavoratrici dipendenti e un anno più tardi, 59, per quelle autonome (imprenditrici, partite iva). Così altra scelta fatta, è l’estensione di Anticipo di pensione, l’Ape sociale, con l’ampliamento della categoria dei lavoratori gravosi che passa da 15 a 23. Opzione e Ape sono delle proroghe ampliate ma non delle novità. Il problema, infatti, rimane la struttura dell’intera riforma. In primo luogo l’aspetto economico e la sostenibilità della Manovra previdenziale.
C’è poi la forte avversione dei sindacati a Quota 102 – voluta dal premier per il solo 2022 – giudicata dai sindacati poco convincente per numero di adesioni ed onerosa per i lavoratori. Quota 102 significa lasciare il lavoro con 64 anni di età e 38 di contributi. Ma non piace a nessuno dei leader sindacali, per Luigi Sbarra, segretario della Cisl, è una proposta “improvvisata”. Affermazione anche se rivolta indirettamente a Draghi significa muro contro muro. Il segretario della Cgil Maurizio Landini durante le recenti giornate di mobilitazione è stato poi tranciante e critico verso buona parte della Manovra finanziaria.
“Ci sono mancanze”, osserva e annuncia: “Siamo pronti a fare la nostra parte, non per difendere gli interessi di una categoria ma per difendere il lavoro”.

Sindacati e linea ferma

L’affondo dei sindacati sul tema previdenza è duro: “Il problema è cosa fare in questa legge finanziaria”, evidenzia Landini, “e soprattutto a partire da questa legge di Bilancio fare dei provvedimenti per una vera riforma pensionistica in tempi brevi. Chiediamo una risposta precisa. Il tema non è solo quota 102, il tema è dare una pensione ai giovani, riconoscere la diversità tra i vari lavori, riconoscere il diritto dopo 62 anni di uscire”. Il tema pensioni riecheggia ovunque. Il leader della Uil, Bombardieri parlando alla recente manifestazione degli edili sottolinea il problema grave delle morti sul lavoro e chiede per i lavoratori delle costruzioni la possibilità di uscire, per la pensione anticipata, con 30 anni di contributi, e non 36.

Contributivo e “correttivi”

Domani l’esito del confronto Draghi-sindacati sarà anche un test per capire la solidità del Governo. Di certo in queste ore dietro le quinte emerge l’impegno a trovare un accordo che sia un punto d’intesa soddisfacente. La proposta di Palazzo Chigi è un’uscita dal lavoro a 62 anni con il sistema contributivo per tutti. È la linea del premier Draghi per ridare certezze a un sistema che è fuori controllo, che genera disuguaglianze e conti in deficit. Inoltre nella visione di Draghi c’è il garantire un futuro pensionistico
ai giovani. Problema che sta particolarmente a cuore ai sindacati. A dare un sostegno al presidente del consiglio è il ministro del lavoro Andrea Orlando che spiega le ragioni di una previdenza contributiva. “Tornare al contributivo non significa necessariamente tornare alla Fornero com’era: lo sforzo che si può fare è mantenere l’impianto contributivo, ma costruire elementi di flessibilità che consentano di evitare alcune rigidità e andare così incontro ad alcune delle istanze del sindacato”.

“Quota 41” e i giovani La chiave di volta che potrebbe aprire le porte ad un accordo è “Quota 41” con un’uscita a 62 anni oppure con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Ma è una proposta che il Governo vede molto critica dal punto dei vista dei conti.
C’è un altro tema che sarà portato in primo piano ed è quello dei giovani. Generazioni che hanno finora avuto un lavoro precario, e una futura pensione che sarà riflesso di discontinuità e versamenti bassi. Una instabilità che riporta su un piano di merito i dubbi e le richieste dei sindacati che domani diranno al Governo ciò che hanno ripetuto nelle piazze. Affidarsi ad sistema puramente contributivo “senza correttivi”, la riforma “rischia di non stare in piedi”. Ora bisognerà vedere fino a che punto il Governo accetterà di sostenere i costi dei “correttivi”. Se la mediazione fallirà sarà un dicembre di piazze ad alta tensione sindacali e non solo.

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