venerdì, 26 Aprile, 2024
Europa

Ue e Italia in ritardo su rinnovabili, Enel “Occorre accelerare”

L’Italia e l’Europa sono in fortissimo ritardo sugli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati dall’Onu al 2030. L’Europa ci arriverà nel 2051, l’Italia tra nove anni potrebbe arrivare solo a un -43% con una quota delle rinnovabili pari al 37,9% e un aumento dell’efficienza energetica del 43%. Ciò determinerà per il nostro Paese un gap rispetto al Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 (Pniec) di 23 GW sulla potenza installata di fotovoltaico e di 2,3 GW sull’eolico.

Servirebbero, per recuperare il ritardo, 4,3 milioni di micro-impianti fotovoltaici, o 6000 impianti di grandi dimensioni, quintuplicando o raddoppiando le strutture oggi esistenti. A queste somme, vanno aggiunti 3,3 miliardi di fondi richiesti per le reti. È quanto si legge nell’edizione 2021 della ricerca congiunta di Enel Foundation e The European House – Ambrosetti, dal titolo “Governance Europea della Transizione Energetica: Enabling Investments” presentata al Forum di Villa d’Este a Cernobbio. Al centro dell’analisi, inevitabilmente, c’è Next Generation EU, il piano pluriennale da 750 miliardi di euro varato dopo la pandemia. Il motivo per cui si è scelto di concentrarsi sul pilastro più trascurato della triade ambientale, sociale e di governance (ESG) risiede quindi nel fatto che la governance è un fattore centrale per consentire gli investimenti e garantire una transizione energetica rapida ed efficace. Anche perché, Europa e Italia sono in ritardo anche per quanto attiene al pacchetto di politiche “Fit for 55”, che sarà completato solo entro il 2043 invece che nel 2030.

È stato stimato che colmare il divario di investimenti di 3.564 miliardi di euro necessario raggiungere l’obiettivo 2030 in Europa (186 miliardi di euro in Italia) presenta potrebbe avere un impatto cumulato sul PIL di 8.126 miliardi di euro (424 miliardi di euro in Italia). “Occorre accelerare e dotarsi di un sistema di governance adeguato alla portata della sfida e capace di tradurre le intenzioni in azioni concrete facendo leva sulle enormi opportunità che scaturiscono da questo impegno” spiega Francesco Starace, ceo di Enel. Lo studio delinea 5 fattori che stanno limitando la governance italiana in relazione alla transizione energetica: frammentazione delle responsabilità e delle competenze; mancanza di uniformità delle norme; debole coinvolgimento e impegno; inefficienza enti pubblici; frammentazione nella progettazione delle politiche settoriali.

Per superare queste difficoltà, il dossier evidenzia la necessità di maggiore cooperazione europea a cui va aggiunta una politica forte per avviare la transizione economica dei settori industriali a maggior impronta ambientale. Mentre per l’Italia si chiede semplificazione delle autorizzazioni, e un sistema standard di interazione tra autorità locali e chi distribuisce l’energia. Inoltre, sottolinea il rapporto, va ridotto il potere di veto del ministero della cultura, che con i suoi veti blocca lo sviluppo di nuovi impianti. Al ministero della transizione ecologica si chiede di definire le proprie competenze, sempre nell’ottica di accelerare la creazione di nuovi impianti per la produzione di energia green. Serve poi personale qualificato, in controtendenza rispetto al -41% di ore di formazione completate dalla p.a. tra il 2008 e il 2018.

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