Domenica 11 luglio 2021 la Nazionale di calcio italiana ha vinto i campionati europei, giocandosi la finale a Londra contro l’Inghilterra. Dopo la fine della partita, dopo i cinque minuti e mezzo per evitare i supplementari (che invece ci sono stati) dopo i rigori, infine la vittoria: la coppa, le medaglie – che gli inglesi vice-campioni d’Europa hanno in maggioranza rifiutato – mentre Florenzi facendo sfoggio della sua, ammiccava alla telecamera: “Guarda mamma! Guarda qua!”
IL PRIMO GOAL DEGLI INGLESI
Il primo goal dopo appena due minuti dall’inizio del gioco, gli inglesi trionfanti, che festeggiavano come avessero la vittoria già in tasca: questione di minuti. Il principino George che rideva tronfio insieme al papà e alla mamma sugli spalti; il leader conservatore Boris Johnson che incitava i giocatori a “portare a casa” la coppa europea; i tifosi inglesi che fischiavano (qualcuno ha scritto: “nonostante i denti storti”) durante l’inno italiano.
LA VITTORIA DELLA RESISTENZA E IL PRINCIPIO DI CRISI
Eppure abbiamo vinto: e proprio all’italiana. A cominciare dal goal di Bonucci che ha pareggiato; con quella caratteristica resistenza che ci appartiene da sempre: quella che proviene da un principio di crisi, cui reagire con tutta la forza e la determinazione. Siamo sempre stati in effetti degli incassatori: con l’umiltà che solo chi sa incassare assorbe nello sguardo. Come Federico Chiesa che nonostante il brutto fallo subito a pochi minuti dal 90esimo, è stato costretto ad abbandonare sostituito da Bernardeschi, dopo aver tentato strenuamente di restare in campo. Noi italiani che non partiamo mai sicuri di vincere, che non ci sentiamo mai superiori all’avversario – anzi, che spesso lo sopravvalutiamo – e lui che ci sottovaluta. Noi italiani lo spirito europeo lo abbiamo coltivato pazientemente e forse siamo sempre stati un po’ avvantaggiati nella tessitura di questo rapporto agrodolce. Del resto ci è sempre parso che la spinta propulsiva dell’unità europea avesse radicato le sue membra proprio in quel forte sentimento di crisi.
L’ITALIA DALLO SPIRITO EUROPEO
Nietzsche scrisse infatti che l’Europa è un malato incurabile; dunque privo di coscienza e stabilità: malattia e genio, la coniugazione tra contemplazione ed insoddisfazione per tutto ciò che si è già raggiunto. E l’inizio della partita sembrava effettivamente affondare in questo spirito contemplativo ed insoddisfatto, instabile nei suoi desideri: che aveva già ottenuto tanto e che proprio sul finire si ritraeva incerto. Un po’ come quel soldato che nella leggenda raccontata da Philippe Noiret in Nuovo Cinema Paradiso, dopo aver aspettato cento notti e cento giorni sotto la torre della sua principessa, nell’ultima notte ormai consumato dalle intemperie e dalla sofferenza, decideva di andarsene e di non scoprire mai il responso: se avesse vinto o perduto per sempre il suo amore.
ABBIAMO VINTO!
Noi italiani invece in questa afosa nottata di luglio l’abbiamo scoperto. Donnarumma ha parato l’ultimo rigore. Noi romani abbiamo festeggiato Chiellini capitano incoronato, correndo in un sobbalzo da Piazza Venezia a Piazza Del Popolo come se via del Corso fosse un ponte di nuvole; come se il cielo fosse fatto di fuoco: un fuoco di freddo sudore che spazzava via improvvisamente la calura estiva, colorato di verde, bianco e rosso – acceso dalla vittoria degli azzurri.