sabato, 16 Novembre, 2024
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Livolsi: “La ripresa italiana nel quadro degli scenari macro economici internazionali”

“Come farci rispettare”

Una riflessione acuta e originale sul come farci rispettare. Il professor Ubaldo Livolsi, economista e banchiere di prestigio internazionale, analizza in modo profondo ed efficace uno scenario complesso, in cui  l’ambizione dell’Unione Europea (che vuole diventare l’area più innovativa e Green del mondo) incontra le strategie del presidente USA Biden (che scommette su clima e sostenibilità ambientale). L’ Italia beneficia dell’autorevolezza e delle  capacità del premier Draghi. Può essere un momento propizio  per imprimere una svolta positiva ed un impatto di crescita per il nostro Paese

“La crisi connessa alla pandemia di Covid, scoppiata a Wuhan nel dicembre 2019, ha colpito terribilmente, provocando ad oggi circa 3,5 milioni di morti e una recessione mondiale secondo l’FMI del -3% del Pil. Anche l’Italia è stata ferita duramente con oltre 120mila decessi e un Pil per il 2020 previsto intorno al -9%. Nonostante questo, come dice l’etimologia della parola stessa, la crisi può rappresentare un’occasione. Il mondo e l’Italia al suo interno hanno subito delle accelerazioni straordinarie se non altro in termini programmatici. Il nostro Paese in particolare è uno di quelli che sta progettando meglio il proprio futuro, così non solo da poter ritornare a crescere, ma anche riconquistare un ruolo strategico fondamentale a livello geopolitico.

Emissioni zero

La geopolitica mondiale, ma si potrebbe parlare anche di geoeconomia, sta acquisendo una nuova fisionomia anche a seguito delle politiche monetarie dei Paesi improntate alla crescita sostenibile. Si guardi per esempio al Green Deal europeo, il piano inaugurato con l’avvento a capo della commissione di Bruxelles di Ursula von der Leyen. L’Unione europea ha deciso di diventare entro il 2050 l’area politica al mondo più innovativa, la prima a zero emissioni di gas inquinanti.

In ciò è stata seguita dalla Cina, che tramite il leader Xi Jinping ha sostenuto di voler raggiungere il medesimo obiettivo ambientale entro il 2060. Anche dall’altra parte dell’Oceano, con l’insediamento alla Casa Bianca di Joe Biden, le cose stanno cambiando. A differenza del predecessore Donald Trump, il nuovo presidente Usa scommette anch’egli sulla sostenibilità come motore della crescita e una delle sue prime azioni è stato il ritorno degli Usa nell’Accordo sul clima di Parigi del 2015.

Le accelerazioni impresse dalla pandemia

La pandemia ha accelerato tutto questo – in Italia, in Europa e nel resto del mondo -.  L’Ue ha dato vita a Next Generation EU, più noto come Recovery Fund, un piano da 750 MLD. Per l’Italia, a seguito delle lotte intestine alla maggioranza del Governo Conte II, da febbraio è capo del Governo Mario Draghi, economista di fama e credibilità mondiale, già presidente della Bce. Si tratta di una vera e propria fortuna per l’Italia.  Draghi è in grado di intrepretare al meglio il piano europeo, parlando lo stesso linguaggio e avendo un filo diretto di comunicazione con Bruxelles. Tutto ciò rappresenta un’opportunità straordinaria che può fare dell’Italia un punto di riferimento non solo all’interno dell’Europa ma dello scenario internazionale. Il PNRR (Piano Nazionale Ripresa Resilienza), licenziato da Draghi con l’avallo del Parlamento, è un disegno di 248 MLD, tra 191 di Next Generation EU (69 di prestiti e 122 a fondo perduto) e altri stanziati dal Governo, che dovrebbe non solo rimettere in carreggiata l’Italia, ma determinare un salto epocale, fino a recuperare il ritardo pre-Covid rispetto alla crescita del Pil di altri Paesi, come Francia, Germania e Spagna. Non dimentichiamo che l’Italia nel 2019, prima del Covid, secondo i dati dell’FMI, era al settimo posto nel mondo per Pil nominale – preceduta da USA, Cina, Giappone, Germania, Francia, UK e India – e che è la seconda economia manifatturiera dell’area euro dopo la Germania.

Nuove alleanze geopolitiche

Tutto ciò va interpretato nel nuovo contesto di alleanze geopolitiche a cui contribuisce quel cambiamento di mentalità delle organizzazioni politiche cui assistiamo. Bruxelles fino al 2022 ha sospeso le rigide regole sui conti pubblici. Il nostro Presidente del Consiglio è consapevole che dal dibattito e dalle decisioni prese in tutto il mondo per superare l’emergenza sanitaria sta nascendo la tendenza a politiche economiche espansive, quasi la messa in disparte di un tabù. Si guardi a Washington, che ha approvato due pacchetti di spese esorbitanti, per cinque trilioni di dollari complessivi: due di sostegno al reddito e tre per le infrastrutture.  Questo recupero della vocazione di intervento dello Stato – che può essere condivisibile se non si riduce ad assistenzialmente e non si rinneghino i principi del libero mercato – induce un avvicinamento degli Stati Uniti all’Unione europea, che è uno dei punti fondamentali dell’Amministrazione Biden dopo gli anni di isolazionismo di quella di Trump.

Per alcuni aspetti sorprendono le scelte del nuovo presidente Usa che, malgrado i suoi 79 anni di età, che potevano far presagire una certa prudenza, sta rivelando una politica di scontri diplomatici/commerciali con la Russia e la Cina e persino con la Turchia del presidente Racep Tayyip Erdogan arrivando a citare il tema del genocidio armeno del 1915 da parte dei Turchi, sempre negato da Ankara. Bisognerà vedere dove porteranno queste dinamiche che hanno ad oggi determinato la contrapposizione da un lato dei Paesi e delle istituzioni più democratici (Unione europea e Usa), dall’altro quelli sull’asse Mosca-Pechino-Ankara. L’Italia, come Paese fondamentale e strategico all’interno dell’Ue, per merito anche al prestigio di Draghi, può da un lato riscoprire il suo ruolo di Stato leader internazionale e di cerniera tra Bruxelles e Washington, dall’altro, sfruttando le sue capacità diplomatiche e il suo appeal internazionale, può giocare un ruolo importante sia coi Paesi dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente, dalla Libia all’ Arabia Saudita agli Emirati Arabi, e dell’Oriente: dalla Cina al Vietnam. Capitolo fondamentale è quello delle relazioni con l’India, non a caso il recente vertice Ue di Porto ha lanciato tre negoziati con New Delhi, con cui le trattative erano ferme dal 2013, per un accordo di libero scambio, per la protezione degli investimenti e per un’ intesa sulle indicazioni geografiche.

Puntare sui campioni e sulle eccellenze italiane

Per essere autorevole l’Italia deve però puntare sui suoi campioni e le sue eccellenze industriali, quelli conosciuti in tutto il mondo e utilizzare al meglio. In questo senso l’Italia parte in una situazione di vantaggio anche per quanto riguarda il Green Deal europeo. Noi abbiamo già eccellenze. Penso agli investimenti e alle tecnologie per ottenere idrogeno green o blu da fonti rinnovabili, a quelle per la riduzione delle emissioni di CO2, alle eoliche e solari. Imprese che vedono protagonisti non solo i nostri grandi player (Eni, Enel e Snam), ma anche numerose piccole e medie aziende e startup, spesso di origine universitaria. Altro capitolo su cui investire è quello delle infrastrutture, non solo fisiche, ma digitali, altro tema programmatico del Recovery. Significa non solo investire nelle tecnologie legate alla Rete, ma anche nei settori dell’elettronica e dell’ingegneria, nella telemedicina, nella sanità e persino nella giustizia, per diminuire la burocrazia e accelerarne i tempi. Per ottenere tutto ciò le aziende devono fare la loro parte, investendo e rischiando, anche e soprattutto col contributo del capitale di rischio.

Sarebbe anche auspicabile che il Governo Draghi spingesse gli italiani e le aziende ad investire nell’Italia. Da tempo, al pari di altri commentatori, sono fautore di quello io chiamo “fondo dei fondi”, un fondo di private equity, pubblico/privato (50% ciascuno), dove per attrarre i risparmiatori si possa prefigurare una liquidation preference ai privati (in sede di liquidazione finale del fondo vengono rimborsati prima i privati con un minimo garantito di rendimento) rispetto alle istituzioni finanziarie che potrebbero conferire parte dei loro crediti UTP (Unlikely To Pay) crediti difficilmente rimborsabili), che facciano riferimento ad aziende con prospettive di salvataggio e solamente alla fine avvenga il rimborso per altri reinvestimenti alla parte pubblica.

Investire il 10% dei 1.750 miliardi depositati nelle banche

Se fossimo in grado di spostare, anche con incentivi fiscali, il 10% dei 1.750 MLD di depositi esistenti sui c/c dei privati degli italiani e altrettanti dal pubblico agli investimenti, attiveremmo una massa di denaro di gran lunga superiore ai fondi previsti da Next Generation EU. È il momento della scommessa più importante per la nostra nazione. Abbiamo la grandissima chance di ritornare ad occupare un ruolo strategico nell’economia e nello scacchiere geopolitico mondiale. Pertanto, non dobbiamo perderci in sterili dibattiti interni, ma concretizzare in tempi rapidissimi quelle riforme peraltro opportunamente richieste da Bruxelles, che ci consentano una ripartenza economica velocissima per ridurre le disuguaglianze e sopire le proteste sociali oggi più pericolose che mai”.

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