venerdì, 27 Dicembre, 2024
Agroalimentare

Consumo di carne, dall’UE un questionario tendenzioso che non aiuta i cittadini

“Una vigliaccata, un questionario sbagliato perché nella presentazione del documento vengono di fatto suggerite risposte a domande sul ruolo della carne e della sua salubrità che sono ancora oggetto di un grande dibattito in sede Ue”. Giuseppe Pulina, presidente di Carni Sostenibili e docente di Zootecnica speciale all’Università di Sassari non frena il suo affondo sul questionario che dal 31 marzo scorso la Commissione ha messo online per raccogliere le opinioni dei cittadini sulle possibili opzioni da adottare per consolidare le politiche di promozione dell’agricoltura europea rafforzandone, si legge, “la competitività attraverso una maggiore consapevolezza degli elevati standard qualitativi che caratterizzano i prodotti agroalimentari”.

“Fin qui nulla da eccepire”, sottolinea Pulina. “Ma più avanti si legge che ‘la revisione della politica nel 2021 dovrebbe migliorare il suo contributo alla produzione e al consumo sostenibile in linea con il passaggio a una dieta più vegetale, con meno carne rossa e/o lavorata insieme ad altri alimenti legati al rischio di cancro'”. “Non si può manipolare la volontà dei cittadini in questo modo – controbatte Pulina – Siamo in presenza di un modo subdolo che chiede ai cittadini se sono d’accordo con l’orientamento dei promotori il questionario: un conto è informare il cittadino in maniera obiettiva per raccogliere il suo parere su quel determinato argomento, un altro è chiedergli se il suo pensiero è in linea con chi gli pone le domande. Attraverso i canali ufficiali mi sono già mosso presso le sedi competenti per denunciare questo metodo scorretto”.

“Le domande contenute nel questionario sono fortemente tendenziose – incalza il presidente della Organizzazione Interprofessionale IntercarneItalia, Alessandro De Rocco – e non aiutano il cittadino a fornire risposte obiettive. È evidente che dietro questo tipo di iniziative esistono lobby il cui unico interesse è quello di affossare il comparto della carne bovina. Come organizzazioni di produttori ci stiamo muovendo con i colleghi europei per far sentire la nostra voce, consapevoli purtroppo che davanti a noi abbiamo Ong molto ben strutturate e dotate di ingenti risorse economiche che stanno portando avanti una campagna basata solamente su convinzioni ideologiche. Non credo che le associazioni animaliste sappiano che i primi a voler assicurare al proprio bestiame le migliori condizioni di benessere animale sono proprio gli allevatori, forse non sanno che negli ultimi 100 anni l’efficienza di una bovina è migliorata del 65% con un indubbio beneficio sia sanitario che ambientale e forse non sono al corrente che proprio grazie alla ruminazione dei bovini l’80% di produzioni vegetali non edibili si trasforma in proteine nobili che ritroviamo nel piatto quando mangiamo carne. Noi chiediamo equilibrio e crediamo che la politica dovrebbe intervenire per evitare una deriva che proprio per i motivi espressi prima rischia di vedere perdenti non solo gli allevatori, ma l’intero ecosistema e soprattutto il consumatore”. Di battaglia pregiudizialmente ideologica parla Giuseppe Pulina, che sottolinea come a suo giudizio esista “un disegno ben preciso per spostare i consumi verso i polpettoni processati o la carne di laboratorio, facendo riferimento a un finto concetto di sostenibilità che di sostenibile non ha proprio nulla, visto che dietro a questi progetti fintamente democratici esistono investimenti milionari. Si demonizza il consumo delle carni bovine ma ci si dimentica di sottolineare che ogni anno, nel mondo, a causa di forme gastroenteriche, muoiono 2 milioni di bambini. Il mondo zootecnico è in trincea, su questo non c’è alcun dubbio, gli attacchi sono quotidiani e per tentare di vincere questa battaglia occorre cambiare il paradigma e smetterla di adottare una strategia difensiva. Il mio è un invito rivolto agli allevatori che devono aprirsi all’opinione pubblica dimostrando che il benessere in stalla c’è, che i sistemi di allevamento sono rispettosi delle normative previste sia in materia animale che ambientale. Allo stesso tempo i cittadini devono capire che un allevamento non è un salotto, bensì un luogo dove gli animali vivono, crescono ed espletano tutte le condizioni fisiologiche naturali”.

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