Caro Babbo Natale, il 25 dicembre voglio un rimedio contro la violenza sulle donne, e poi diritti e parità di genere.
La Signora in Rosso può sembrare un’eroina uscita da un fumetto, versione femminile del famoso Dick Tracy, poliziotto grintoso e determinato tratteggiato dalla matita di Chester Gould, capace di rispondere alla violenza senza tirarsi mai indietro di fronte al pericolo, incorruttibile, fedele ai principi della legalità, difensore di donne e bambini.
Qualcuno invece potrebbe pensare ad un ibrido tra “La Signora in Giallo”, insegnante in pensione e scrittrice un po’ ficcanaso, appassionata investigatrice di omicidi Jessica Fletcher e la strepitosa “the Woman in Red” anni ’80 personificata dall’attrice americana Kelly LeBrock.
La Signora in Rosso forse ha tratti di tutti e tre i personaggi citati: lotta contro ogni forma di violenza ed in particolare quella sulle donne e i bambini, si batte contro gli stereotipi, è per l’uguaglianza di genere e le pari opportunità, si impegna a diffondere la cultura del rispetto, è una musicista laureata in Sociologia e attraverso la musica fa giungere messaggi umanitari fondamentali, dalle bambine non spose al rispetto per l’ambiente. Ha lavorato per anni nella Moda forse è anche questo il motivo dello spiccato e distintivo elemento estetico della sua figura e dei suoi eventi.
All’anagrafe Alessia Cotta Ramusino, artista pluripremiata, musicista e compositrice ha concorso al nastro d’argento per le sue composizioni, gli studi in Sociologia coniugati con l’anima sensibile della musicista hanno dato vita al suo impegno sociale, diventato negli anni di tale spessore da meritare la nomina ad Artista Testimonial Unicef. Sul campo si è conquistata invece il titolo de La Signora in Rosso grazie al suo Flashmob #100donnevestitedirosso che sta girando l’Italia catalizzando l’attenzione di tutti, grazie proprio al colore rosso di cui sono vestite le 100 donne che insieme a lei in una specie di mantra ripetono Respect and Love, rispetta e ama.
“E’ importante fare rete, -commenta la Ramusino- fondamentale a questo punto è unire le forze. Il nostro paese ha un tessuto di associazioni, centri anti violenza, fondazioni, case rifugio, centri di sostegno, sportelli di accoglienza, di ascolto, troppo frammentato e le energie vengono disperse. Ognuno di questi svolge un lavoro cruciale per aiutare le vittime di violenza tuttavia spesso manca il legante, ciò che può creare una catena virtuosa di aiuto reale.“
Il successo del Flashmob è dato dal fatto che l’attenzione è sulle donne che di volta in volta partecipano; donne comuni di tutte le estrazioni culturali e sociali e che di norma non hanno voce, non hanno modo di essere ascoltate, non hanno spazi per parlare di loro proposte, progetti e soluzioni.
La locandina del flashmob è un autoscatto della Ramusino di spalle e la didascalia recita:
“La violenza sulle donne non ha un volto, ha il volto di tutte le donne che lottano contro la violenza.”
E il tuo flashmob quindi che funzione ha?
Hai presente il filo rosso della cultura orientale?
E’ un filo che rappresenta un legame indissolubile e unisce le persone predestinate ad incontrarsi e ad amarsi; ecco, il mio flashmob è il filo rosso. Il filo rosso che tesse i nostri vestiti rossi, che unisce e che sta creando una rete di donne che si sostengono l’una con l’altra senza bandiera politica, solo un movimento di sensibilizzazione verso un tema così critico nella nostra società e che ci vede tutte coinvolte. Il logo #100donnevestitedirosso lo rappresenta benissimo: un cuore di donne unite che creano l’emisfero terrestre.
Il mio impegno in questi anni è stato proprio quello di cercare di unire le donne impegnate a creare progetti che possano aiutare a sconfiggere la violenza, quindi a prevenirla oltre che a soccorrerla e curarla ex post. Progetti che ripartono dai fondamentali ovvero dalle scuole introducendo pillole di educazione che mirano ad accettare le diversità, a sfatare pregiudizi e a superare gli stereotipi di genere; progetti che aiutano a sviluppare la consapevolezza su quello che è un comportamento violento o comunque un maltrattamento fisico o psicologico; progetti che aiutano gli uomini maltrattanti e tanti altri ancora.
Quindi il tuo ruolo è quello di “collettore”?
Mi sono chiesta: oltre a diffondere messaggi attraverso la mia musica come posso aiutare concretamente? La risposta che mi sono data è stata: divento io stessa strumento!
Ovvero l’artista di per sé attira l’attenzione e quindi voglio far beneficiare di questa attenzione coloro che spesso lavorano dietro le quinte e realizzano progetti concreti. Insomma poter dare visibilità a nuove soluzioni, che vengano dalla società stessa e non dai governi che continuano a susseguirsi senza soluzioni di continuità e che continuano a far piovere dall’alto provvedimenti spesso non condivisi e soprattutto non aderenti alle reali necessità sociali.
Il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne” sei stata ideatrice e protagonista di una Maratona online che il nostro Quotidiano La Discussione ha appoggiato e sostenuto con testimonianze di rilievo. Ci vuoi spiegare il senso?
La Maratona online 100donnevestitedirosso è nata dall’impossibilità di fare il flashmob in presenza il 25 novembre a Roma che si sarebbe svolto in Piazza di Spagna.
Così mi sono chiesta cosa avrei potuto fare per portare avanti il mio impegno ed il 17 novembre mi sono svegliata con in testa l’idea della Maratona, a cui chiunque avesse voluto parteciparvi lo avrebbe potuto fare inviandomi un breve video con un suo pensiero. Non pensavo mi arrivassero così tanti video, anche di persone molto importanti, è visibile sui canali social e sul canale You Tube 100donnevestitedirosso
La Maratona dimostra che tutti siamo toccati da questo tema. Il senso è stato vedere nella stessa battaglia, l’onorevole, il senatore, il capo d’azienda, insieme alla ballerina, all’onicotecnico, al vigile del fuoco, alla casalinga: siamo tutti coinvolti e tutti possiamo fare qualcosa.
La canzone Yallah che accompagna i flashmob quando è nata e perché?
Scrissi Yallah nel 2011 per il femminicidio di Melania Rea, ne fui scossa, vedevo le fotografie di questa bellissima donna e non mi capacitavo che qualcuno avesse potuto toglierle la vita. Fu un femminicidio purtroppo che ebbe una lungo percorso mediatico fino a che non si stabilì la colpevolezza del marito Salvatore Parolisi.
Yallah rimase in un cassetto per anni, non mi sentivo di portare sui palcoscenici questo tema così delicato. Nel 2016 il mio produttore Giorgio Tani, patron dell’etichetta discografica BMAmusic nonché manager e produttore di artisti liguri famosi come i Ricchi e Poveri, i New Trolls, insistette per produrla. A gennaio purtroppo Giorgio Tani mancò prematuramente ed io portai avanti il suo progetto. Yallah fu pubblicata in Italia e in Russia contestualmente l’8 marzo del 2017. Durante le riprese del video di Yallah, realizzato al museo di Sant’Agostino di Genova, chiamai a partecipare tutte le mie amiche e chiesi loro di portare figlie, a loro volta conoscenti e amiche e tutte le donne che avrebbero voluto partecipare alle riprese creando un flashmob in cui tutte insieme avremmo ripetuto le parole Respect and Love che alla fine della canzone creano una specie di mantra. E fu così.
Un fenomeno ancora diffuso: quali ritieni siano le cause?
Le cause in generale di questi fenomeni sono sempre ascrivibili all’educazione, alla diffusione dei valori, delle credenze, della cultura contestualizzati al momento in cui il fenomeno viene preso in considerazione. Quindi non posso non parlare dei Social… i social network hanno creato una nuova educazione nei rapporti interpersonali virtuali, una relazione unidirezionale ed in qualche modo gerarchica che da potere ovvero: fino a che sei dalla mia parte, ti piaccio, mi metti like… fai parte dei miei “amici”, tra virgolette perché anche questo concetto ha perso il valore intrinseco originario dell’amicizia; se invece esprimi qualcosa che non mi piace, non mi aggrada o che non capisco, ecco che la relazione è: ti insulto, ti schernisco, ti ferisco. Questa pratica è così diffusa dall’aver originato addirittura una categoria di persone, i famigerati “haters” non ultimi quelli che si sono scagliati contro la modella così “sapientemente” scelta da Gucci.
E se non si arriva a questi estremi comunque ho il potere di allontanarti da me e così ti nascondo, ti cancello, ti blocco, ti elimino, puff, click… sparisci. E adesso immaginatevi se questo modo di comportarsi, che ormai è consuetudine, viene trasferito nei rapporti reali: uso l’acido per cancellarti il volto, ti sfregio, ti perseguito, ti stalkero, ti uccido.
Dobbiamo impegnarci tutto l’anno, sensibilizzare tutto l’anno, educare tutto l’anno non solo il 25 novembre.
Alessia Ramusino nasce a Genova a soli venti giorni comincia a viaggiare grazie al lavoro del padre, trasferito con la famiglia in Iran dove Alessia trascorre gran parte dell’infanzia. Continua poi a viaggiare visitando e vivendo in diversi paesi quali: Turchia, Grecia, Egitto, Spagna, Inghilterra, Francia, Tunisia, Marocco, e Stati Uniti.
Alessia entra così in contatto con genti diverse, religioni, costumi e tradizioni. Da ciò nasce in lei la necessità di trovare un linguaggio comune che superi le differenze etniche. Ecco perché Alessia sceglie l’inglese per scrivere la maggior parte dei testi della proprie canzoni.
La musica è sempre stata sua compagna di viaggio. Alessia inizia a comporre all’età di 11 anni e le sue melodie rievocano le immagini, i rumori e i profumi di quelle terre che diventano un mito da rivivere. L’ascolto costante dei più grandi protagonisti della musica internazionale pop e jazz le hanno dato un importante base di riferimento. La musica di Alessia è trasmessa sui più importanti network russi: Radio Romantika e Autoradio.
Alessia scrive, interpreta e partecipa alla composizione di colonne sonore per fiction televisive di Canale 5 e concorre al nastro d’argento per alcune delle sue composizioni.
Premio Gef -Global Education Festival
Premio Donna di Fiori, città di Sanremo
Artista Testimonial Unicef.