“Per una piccola e media impresa la mancanza di liquidità è paragonabile ad avere un’automobile con serbatoio vuoto: sarà un’auto che non parte o che si fermerà presto”.
Così Paolo Galassi, presidente di A.P.I., commentando i dati del sondaggio dell’associazione delle piccole e medie industrie.
Se alla domanda “Sul fronte liquidità, come descriverebbe la situazione della sua azienda pre Covid-19?” oltre il 74% degli imprenditori ha risposto positivamente, post Covid la situazione si è quasi ribaltata: per quasi il 65% delle imprese viene ritenuta negativa. Oltre il 39% delle aziende registra problemi di liquidità a causa degli insoluti, il 31,7% per la necessità di pagare i dipendenti, il 24,4% per i pagamenti dei fornitori.
La reazione delle Pmi per fronteggiare la situazione non si è fatta attendere: nelle ultime settimane, il 64,5% ha già contattato gli istituti di credito richiedendo finanziamenti.
La maggior parte degli imprenditori (60%) ha optato per un finanziamento di 72 mesi, il 20% per 48 mesi, di 36 mesi il 15,0%, mentre inferiore a 24 mesi per il restante 5,0%.
Dalle richieste è emerso che, per gli imprenditori, il rapporto con le banche è ancora una nota dolente: il 64% giudica negativamente le informazioni e il supporto fornito dall’istituto di credito, inoltre, il 74% non ha riscontrato corrispondenza tra le informazioni in suo possesso sul Decreto Liquidità e le informazioni ricevute dall’istituto contattato.
“Gli imprenditori – osserva Galassi – chiedono da anni di abbattere il costo dei contributi da lavoro dipendente, il famigerato cuneo fiscale, di dare maggiore accesso a crediti e finanziamenti semplificando burocrazia, di erogare contributi a fondo perduto e non finanziamenti per far indebitare ulteriormente le aziende già provate dalla situazione. Un’emergenza va gestita con misure straordinarie e con facilità di accesso agli strumenti. I fondi ci sono, l’Europa è finalmente scesa in campo, ora gli imprenditori si aspettano che i soldi arrivino e non restino intrappolati a causa di cavilli e burocrazia. La tempestività è oggi un fattore imprescindibile per salvare le imprese. Alle Pmi non servono briciole o assistenzialismo per tamponare l’emergenza, ma una politica industriale che dia visione di lungo periodo, oltre a risposte chiare e immediate”, conclude. (Italpress)